Lev Shlosberg: «Putin non accetta la realtà: questo è il pericolo più grande, per tutti»

Lev Shlosberg: «Putin non accetta la realtà: questo è il pericolo più grande, per tutti»

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di Marco Imarisio

Intervista al dissidente russo Lev Shlosberg: «La rabbia di Putin sta diventando sempre più aggressiva, ma anche impotente. Il nucleare? Il buon senso lo escluderebbe: ma nelle condizioni attuali, potrebbe non prevalere»

DAL NOSTRO INVIATO

MOSCA — «Non accetta la realtà. Questo è il pericolo più grande che stiamo correndo, tutti noi».

A che punto è la notte. Dopo l’attentato al ponte di Crimea e il bombardamento a tappeto dell’Ucraina di ieri mattina, se lo chiedono tutti. Anche Lev Shlosberg, due volte deputato, ex grande promessa di Jabloko, il partito di ispirazione liberale che sognava di diventare una alternativa democratica all’attuale potere. Negli ultimi anni è diventato famoso per la sua attività da dissidente. Dallo scorso aprile, lui e sua moglie sono sotto inchiesta per aver screditato l’esercito. È uno dei pochi politici «contro» a non avere lasciato la Russia.

«Più si va avanti, meno razionalità si vede nelle mosse di Putin. La sua rabbia, così evidente nel discorso che celebrava l’annessione dei territori ucraini, sta diventando sempre più aggressiva, rumorosa. Ma anche impotente, a mio avviso».


Una rabbia dovuta solo all’andamento dell’operazione militare speciale?

«C’è qualcosa di più profondo. Il presidente è una persona del passato, consapevole di essere tale, a suo agio in questa dimensione. Un uomo profondamente sovietico, un nostalgico dell’imperialismo che vuole riscrivere la storia del ventesimo secolo nella parte in cui la ritiene ingiusta. E se le cose non vanno come desidera, se addirittura sente di essere oggetto di critiche in patria, fatica a farsene una ragione».



È sempre stato così?

«Il cambiamento irreversibile nella sua coscienza è avvenuto nel momento in cui lui ha preso la decisione di rimanere al potere per sempre. Nel 2012, quando finì la staffetta con Dmitry Medvedev e tornò al Cremlino, rimase sorpreso dall’ondata di contestazioni per quella decisione. Da quel momento, la sua prassi politica è cambiata, e ha preso una direzione più radicale. In Russia e all’estero».



Quindi Putin sta improvvisando?

«Al contrario. Nonostante tutto, agisce sempre in modo sistematico. Con il suo metodo. Capisce cosa deve essere distrutto e cosa mantenuto in vita per la sua convenienza, sia in politica interna che estera. Ha la virtù del cinismo. È convinto che in politica non esista un dialogo franco, e tutto abbia un prezzo. Di qualunque genere».



In Russia sta cambiando la percezione dell’operazione militare speciale?

«La propaganda televisiva segue una agenda precisa dettata dallo Stato, che assegna i temi e i compiti da svolgere. Ma è vero che negli ultimi mesi il suo effetto si sta indebolendo. Sei mesi fa, i talk show promettevano un’operazione rapida, indolore e trionfale. Ora la gente comincia a dubitare, a informarsi su Telegram, che è ormai diventato un media alternativo, con tutti i suoi limiti».


La fuga di massa cambierà qualcosa?

«Oggi è l’evento pubblico senz’ altro più importante. Sta cominciando a passare il concetto che l’operazione militare speciale riguarda le vite di tutti noi. Ma l’addio al Paese di così tante persone non preoccupa le autorità. Per loro, è al massimo uno sgradevole danno di immagine. Purtroppo, l’emigrazione esterna e l’opposizione interna sono due cose ben diverse tra loro».

Non era facile prevedere cosa sarebbe successo con la mobilitazione?

«Certo. Ma Putin ha smesso di comprendere lo stato della sua società, che comunque lo venera ancora in gran parte, lo idolatra. Per milioni e milioni di persone, lui è una guida. Proprio questo ha fatto sì che perdesse ogni interesse a capire la sua gente. La comprensione passa dal confronto. E se alla Duma tutti e 450 i deputati sono putiniani, se le poche voci contrarie sono mele marce dell’Occidente, allora vivi un’altra realtà. Nella quale è più facile commettere errori di sistema».



Anche la minaccia nucleare è un retaggio del passato?

«Entrambe le parti stanno puntando solo sulla vittoria militare. La diplomazia della parola è distrutta e non influisce, almeno per ora. Il buon senso esclude che il nucleare venga utilizzato. Ma date le condizioni attuali, potrebbe anche non prevalere».

11 ottobre 2022 (modifica il 11 ottobre 2022 | 23:35)

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, 2022-10-11 21:36:00, Intervista al dissidente russo Lev Shlosberg: «La rabbia di Putin sta diventando sempre più aggressiva, ma anche impotente. Il nucleare? Il buon senso lo escluderebbe: ma nelle condizioni attuali, potrebbe non prevalere» , Marco Imarisio

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