Libertà educativa, suor Anna Monia Alfieri: 'Ecco perché è giusto che l'istruzione non sia unicamente nelle mani dello Stato'. INTERVISTA – Tuttoscuola,

Libertà educativa, suor Anna Monia Alfieri: 'Ecco perché è giusto che l'istruzione non sia unicamente nelle mani dello Stato'. INTERVISTA – Tuttoscuola,

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Per risolvere la questione dei diplomifici in modo definitivo, occorre che anche in Italia si proceda con la garanzia del diritto alla libertà di scelta educativa da parte dei genitori”. Questa la possibile soluzione al problema per Suor Anna Monia Alfieri, religiosa delle Marcelline, tra le voci più accreditate sui problemi dell’organizzazione dei sistemi formativi e autrice del libro “Il pluralismo educativo. Una scelta ancora possibile”; in questi giorni nelle librerie. E che in un’intervista a Tuttoscuola ha spiegato perché è giusto che l’istruzione non sia unicamente nelle mani dello Stato tracciando anche un quadro della scuola pubblica paritaria. Chiare le sue richieste al ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara: “Si è posto come obiettivo quello di ridare centralità alla scuola, in tutte le sue componenti. Ha piena consapevolezza dei limiti e delle potenzialità del nostro sistema scolastico e vuole intervenire. La sua attenzione al mondo della paritaria va inquadrata nella sua attenzione alla scuola pubblica italiana, perché pubblico è tutto ciò che va a vantaggio dei cittadini. Pertanto dal Ministro mi aspetto che prosegua su questa linea di coerenza, di attenzione e di serietà”.

Suor Anna Monia, è in uscita il suo ultimo libro dal titolo assai eloquente: “Il pluralismo educativo. Una scelta ancora possibile”. Perché ha scelto questo titolo e quale messaggio vuole mandare attraverso di esso?

“La scelta del titolo intende mandare un messaggio chiaro e, al contempo, lanciare un allarme, come a dire: siamo ancora in tempo per cambiare le cose. Chiarisco, innanzitutto, cosa significa l’espressione pluralismo educativo: costruire un sistema scolastico all’interno del quale i genitori, in virtù del loro diritto precipuo di educare la prole e in ragione del fatto che, in quanto cittadini, pagano le tasse, possono scegliere liberamente, ossia a costo zero, la scuola per i loro figli. L’istruzione è un servizio pubblico, indipendentemente da chi lo gestisce, Stato o Enti privati legalmente riconosciuti e rappresentati. Tutto ciò è logica conseguenza di quanto prevista dalla legge 62/2000 che ha istituito il Sistema Pubblico dell’Istruzione, formato dalle scuole statali e dalle paritarie. Entrambe, quindi, pubbliche ex lege. La legge 62/2000 ha risposto, a distanza di cinquant’anni, a quello che la Costituzione già aveva previsto. Inoltre l’Europa, in più occasioni, ha ricordato che ‘pubblico’ non è sinonimo di statale, ma che è definibile ‘pubblico’ tutto ciò che va a beneficio dei cittadini. Pertanto, lo ribadiamo: anche la scuola paritaria è pubblica e i genitori, gli studenti e i docenti che la scelgono devono godere degli stessi diritti e rispondere agli stessi doveri di chi ha scelto la scuola statale. Conseguentemente alle famiglie dovrebbe essere garantita una quota capitaria da spendere per l’istruzione dei figli presso una scuola pubblica, statale o paritaria, in una attenta rendicontazione. E il tutto avrebbe un valore sociale immenso: aumento dei livelli di apprendimento, in linea con gli standard europei, miglioramento della tenuta sociale dei territori economicamente e socialmente più fragili, innalzamento della qualità della vita. Tutto, come si può comprendere, in una perfetta concatenazione di cause e di effetti. Dalla scuola passa, infatti, il rinnovamento della società. A sostegno di quanto vado affermando da tempo, e con me tantissimi altri nella società nella politica, nelle istituzioni, cito l’esempio di quelle regioni che hanno introdotto varie forme di sostegno alla libertà di scelta educativa delle famiglie: in questi territori gli standard di apprendimento si collocano agli stessi livelli di quelli europei e il fenomeno dell’abbandono scolastico e dei NEET è di gran lunga inferiore alle altre regioni italiane. Non è certo un caso. Pertanto, scrivere questo libro è il naturale esito di un percorso che ho iniziato vent’anni fa. In questo testo ho voluto riprendere temi già affrontati unendone altri nuovi: grazie a Ministri come Stefani Giannini, Valeria Fedeli, Patrizio bianchi e, ora, il Ministro Valditara, il cammino verso la libertà di scelta educativa ha registrato tappe davvero epocali che mi inducono a pensare che la meta tanto attesa sia vicina”.

Perché è giusto che il settore istruzione non sia unicamente nelle mani dello Stato?

“La risposta è semplice: perché lo Stato che indossa le vesti di unico gestore del servizio di istruzione è lo stato totalitario, quello che vuole indirizzare le menti dei suoi cittadini più giovani. Non è un caso che le Costituzioni dei paesi dell’Est Europa, nati dopo la caduta dei regimi comunisti, abbiano posto, tra i principali diritti da garantire, quello della libertà di educazione e che tale diritto sia stato attuato. Questi paesi hanno capito, facendone diretta e drammatica esperienza, che l’educazione dei giovani è considerata come strumento al servizio del potere, da sempre. Allora affermare il diritto alla libertà di scelta educativa vuol dire creare le condizioni per la nascita di più realtà educative, più prospettive sulla realtà, vuol dire che le scuole tutte potrebbero elaborare molteplici progetti educativi da proporre a famiglie, docenti e studenti: una simile libertà porterebbe ad un aumento della qualità dell’offerta formativa, frutto anche di un confronto costruttivo tra docenti, studenti e famiglie. E sarebbe un’offerta formativa accessibile a tutti, senza alcuna discriminazione economica”.

Quali sono i passi da compiere nell’immediato?

“Lo dico nell’ultima parte del libro.  La scuola pubblica paritaria non chiede soldi per sé ma chiede che sia riconosciuta ai genitori una quota da spendere per l’istruzione dei figli, una quota che può essere spesa presso una scuola pubblica statale o una scuola pubblica paritaria, all’interno di una attenta rendicontazione e sotto lo sguardo dello Stato, controllore e garante e non più gestore pressoché unico del sistema di istruzione e controllore di se stesso. Occorre, dunque, garantire alle famiglie che scelgono la scuola paritaria il 70% del Costo Medio Studente. La spesa è di 2 miliardi e 500 milioni di euro: 500 milioni da spesare nella prossima legge di Bilancio, il resto nelle tre leggi di Bilancio successive. E’ impensabile che ciò non avvenga: in tempo di fondi PNRR non è ammissibile che si preferisca la chiusura delle scuole paritarie con un costo per lo Stato e i cittadini in primis di oltre 5 miliardi di euro. 500 milioni oggi o 5,2 miliardi domani e 6 miliardi dopo domani?”.

Ci aiuta, per comprendere meglio il tema,  a tracciare un quadro della scuola pubblica paritaria?

“La scuola paritaria italiana è una realtà variegata e, per taluni aspetti, complessa. Comprende le scuole gestite dalle Congregazioni religiose con carisma educativo, i Collegi arcivescovili dipendenti dalle singole Diocesi, le cosiddette scuole di ispirazione cristiana che spesso, non sempre, sono collegate ai movimenti ecclesiali e le scuole aperte da singoli. Queste sono, in sostanza, quelle che potrebbero essere definite le macrocategorie della scuola pubblica paritaria. A motivo del mancato riconoscimento della libertà di scelta educativa, le scuole paritarie devono, inevitabilmente, chiedere ai genitori degli studenti che le frequentano il pagamento di una retta. Su questo fronte esistono realtà che chiedono rette inferiori, o comunque non superiori, a quello che è il Costo Medio Studente, così come definito annualmente con apposita circolare del Ministero, per non dividere in due la società, a condizione della sostenibilità dell’opera, e realtà, anche all’interno della scuola cattolica, che chiedono rette di gran lunga superiori il Costo Medio Studente. Si tratta di scelte. Ognuno se ne assumerà le conseguenze. Economicamente e moralmente. Una ulteriore sottolineatura a correzione di un fraintendimento comune. Certamente buona parte della scuola pubblica paritaria italiana è rappresentata dalla scuola cattolica. Spesso le critiche alla scuola paritaria cattolica nascono dall’errore di intendere cattolico come confessionale che è cosa assolutamente errata. Certamente la scuola cattolica ha una propria identità che si basa su una precisa visione dell’uomo e del mondo ma ciò non impedisce che essa sia aperta a chiunque, a patto dell’accettazione dell’offerta formativa. Del resto la scuola salesiana del Cairo è frequentata da studenti musulmani e in Francia le scuole cattoliche sono accessibili a tutti, gratuitamente, avendo la Francia garantito ai genitori il diritto alla libertà di scelta educativa. Così non avviene a casa nostra. E la mancata garanzia del diritto genera, come sempre avviene, in tutti gli ambiti, situazioni eterogenee, alcune delle quali fuori dalla legalità. Mi riferisco alla realtà di quelle scuole pubbliche paritarie che sono tali solo sulla carta ma che in realtà sono diplomifici, quelle verso le quali si indirizza il turismo del diploma, realtà che vanno individuate e fatte chiudere.  A monte del discorso, però, occorre capire il valore della scuola paritaria.  Ci dobbiamo chiedere: perché è giusto che il settore istruzione non sia unicamente nelle mani dello Stato? La risposta è semplice: perché lo Stato che indossa le vesti di unico gestore del servizio di istruzione è lo stato totalitario, ossia quello che vuole indirizzare le menti dei suoi cittadini più giovani, cittadini adulti del domani”.

Visto che li ha citati, vogliamo approfondire il tema dei diplomifici?

“Certamente! E ringrazio proprio Tuttoscuola per aver affrontato il tema e aver gettato una chiara luce su un fenomeno che, seppur minoritario, getta ombre sulla scuola paritaria tutta. Innanzitutto, per risolvere la questione dei diplomifici, in modo definitivo, occorre che anche in Italia si proceda con la garanzia del diritto alla libertà di scelta educativa da parte dei genitori. Con tale garanzia, infatti, lo Stato non sarebbe più, come lo è attualmente, gestore pressoché unico del servizio d’istruzione, garante del diritto e controllore di sè stesso. In un sistema scolastico libero, nel quale alle scuole è riconosciuta piena autonomia e reale libertà, il ruolo dello Stato sarebbe quello di gestore, certamente, ma non unico, soprattutto lo Stato sarebbe garante e controllore. E i controlli devono avvenire, su tutti i fronti: 1) economico, attraverso una precisa rendicontazione, da parte delle scuole, dei denari che le famiglie avranno loro affidato per l’istruzione della prole, 2) didattico, attraverso la verifica dell’attività svolta in classe, dei registri, dei fascicoli degli studenti, 3) normativo, rispetto ai titoli di studio rilasciati e alla modalità di svolgimento degli Esami di Stato”.

Il tema dei diplomifici va a toccare tutta una serie di altri snodi cruciali della scuola: l’apparato ispettivo, il fenomeno del precariato, la dignità del lavoro dei docenti.

E’ chiaro che una simile rete di controlli necessita di un apparato ispettivo, a livello centrale e locale, articolato, formato e dotato di piena libertà di azione e indipendenza di giudizio. Gli ispettori, è facile comprenderlo, si trovano spesso a dover entrare in realtà dalle misteriose connivenze: la denuncia di irregolarità tecniche e amministrative non è cosa facile, richiede coraggio e libertà di azione nei confronti di tutti e di tutto. Pertanto la riforma tanto attesa necessita di una rete di controlli a supporto.
Un’altra osservazione: occorre dare dignità al lavoro dei docenti, tutti. Innanzitutto i docenti dei cosiddetti diplomifici spesso non sono pagati, non hanno contratti, sono pagati solo con il punteggio ai fini delle graduatorie ad esaurimento. In sostanza, i diplomifici sfruttano il dramma del precariato storico, soprattutto nel nostro Mezzogiorno. Ulteriore prova del fatto che il fenomeno del precariato va risolto, va detto ai docenti dove possono lavorare in modo dignitoso. Se non ci fossero precari, certe realtà non esisterebbero. E, ancora: il fenomeno dei diplomifici disonora il lavoro serio dei docenti. Come può essere tollerato che uno studente a rischio di non ammissione presenti domanda di ritiro entro il 15 marzo e poi lo stesso torni trionfante dai suoi vecchi professori esibendo la promozione a pieni voti? Come può essere tollerato il cosiddetto turismo del diploma, per il quale uno studente di Milano si reca in Campania o in Sicilia per superare l’Esame di Stato o ottenere la promozione all’anno scolastico successivo? Sotto questo aspetto ritengo davvero apprezzabile lo sforzo del Ministro Valditara nel ridare dignità al lavoro dei docenti, troppo spesso oggetto di violenza, derisione, noncuranza. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Il fenomeno dei diplomifici, inoltre, come vado ripetendo da anni, va sradicato perché getta ombre e crea fraintendimenti sulla scuola paritaria tutta. La scuola paritaria non è un diplomificio. La scuola paritaria è scuola pubblica, è scuola seria, è scuola con un proprio progetto formativo e culturale. La scuola paritaria seria deve poter svolgere il proprio servizio ai cittadini. Come è possibile che proprio nei territori del nostro Mezzogiorno, dove la percentuale del pluralismo educativo è minima, dove i risultati degli apprendimenti sono di gran lunga inferiori agli standard nazionali e soprattutto europei, ecco, proprio in questi territori sia collocata una percentuale altissima di licei paritari? E’ chiaro che si tratta di realtà colluse, nate per creare opportunità per frodare lo Stato, i docenti, le famiglie, gli studenti. Mi chiedo come sia stato possibile il loro sorgere e come sia possibile il loro perdurare ancora oggi. L’unica risposta è questa: è stato possibile perché il nostro sistema scolastico è iniquo e discriminatorio e lascia spazio a connivenze tra la malavita e alcuni, ripeto alcuni funzionari centrali e locali”.

Qual è l’obiettivo che si prefigge con un testo sul pluralismo educativo?

“L’obiettivo è semplice: voglio far capire alla nostra società che riconoscere il diritto alla libertà di scelta educativa NON VUOL DIRE DARE DENARI ALLE SCUOLE DEI RICCHI. Tutt’altro. Quante scuole paritarie frequentate dai poveri hanno dovuto chiudere perché non riuscivano a gestire l’indebitamento sempre più gravoso? E quei poveri che fine hanno fatto? Semplice: si sono riversati nelle scuole statali che, già affollate e prive di mezzi e di docenti, non sono riuscite a reggere. Risultato? Dispersione scolastica e fenomeno dei NEET, a tutto vantaggio della criminalità, in tutte le sue forme”.

Perché bisognerebbe leggere il suo libro?

“Invito a leggere il mio libro soprattutto coloro che non la pensano come me: ovviamente mi auguro che lo leggano con animo sgombro da pregiudizi e scevro da ogni visione ideologica. Si tratta di una visione diversa sulla scuola, sulla realtà: una visione semplice ma al contempo, proprio perché semplice, altamente  rivoluzionaria”.

Sul tema della libertà educativa interverrà anche il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, in un convegno il prossimo 9 ottobre 2023, dal titolo “Presente e futuro della scuola paritaria, tra sfide e nuove opportunità” che si terrà alle ore 15.00 all’Università Cattolica di Milano. L’evento è promosso da ALTIS Graduate School of Sustainable Management e dal Centro studi sugli enti ecclesiastici (Cesen) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, con il patrocinio del Consiglio Nazionale della Scuola Cattolica. Qual è l’obiettivo principale del Convegno?

“L’obiettivo del Convegno del 9 ottobre è portare nuovamente l’attenzione sulla scuola paritaria, sul suo essere scuola pubblica che, come tale, deve potere essere scelta liberamente, ossia a costo zero, dai genitori. Si parlerà del presente, con le sue attuali difficoltà, e delle prospettive riguardanti il futuro. Pertanto l’obiettivo cardine del convegno è far comprendere che la garanzia della libertà di scelta educativa deve essere percepito come una priorità non solo dal Governo ma da tutti i cittadini. Solo così il nostro sistema scolastico cesserà di essere classista e discriminatorio e tutti gli studenti potranno raggiungere livelli di apprendimento conformi ai loro coetanei europei”.

Che cosa si aspetta dal ministro Valditara?

“Il Ministro Valditara si è posto come obiettivo quello di ridare centralità alla scuola, in tutte le sue componenti: studenti, genitori e insegnanti. Egli ha piena consapevolezza dei limiti e delle potenzialità del nostro sistema scolastico e vuole intervenire. Non cito le misure da lui volute da quando si è insediato a viale Trastevere: Tuttoscuola ha documentato tutti i passaggi avviati. La sua attenzione al mondo della scuola paritaria va inquadrata nella sua attenzione alla scuola pubblica italiana, perché pubblico è tutto ciò che va a vantaggio dei cittadini. Pertanto dal Ministro mi aspetto che prosegua su questa linea di coerenza, di attenzione e di serietà”.

Il ministro Giorgetti sta ponendo forti limitazioni alle richieste dei ministeri di spesa. Se dovesse indicare una sola priorità di spesa per la scuola paritaria, quale sarebbe?

“Lo ripeto: 500 milioni di euro nella prossima legge di Bilancio, il resto nelle tre leggi di Bilancio successive. Questo è quello che le famiglie italiane chiedono al Governo. Si tratta di uno stanziamento che avrà ricadute positive sulla tenuta sociale dei territori a rischio criminalità e sull’economia, perché avremo cittadini formati e preparati. L’investimento sulla scuola pubblica, statale e paritaria, è sempre da intendersi come un ponte gettato sul futuro”.

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