Lillio Sforza Ruspoli, addio al «principe contadino» che ballò con la futura  Elisabetta II

Lillio Sforza Ruspoli, addio al «principe contadino» che ballò con la futura Elisabetta II

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di Paolo Conti

Morto a 95 anni l’esponente di uno dei più antichi casati dell’ex Stato Pontificio, noto per la sua ironia e l’impegno politico. I funerali si terranno venerdì 28 alle 12 nella Basilica di San Lorenzo in Lucina a Roma

Tanti romani lo ricordano perfettamente, l’appuntamento era fisso ogni 8 dicembre, festività dell’Immacolata Concezione. Il Papa (Giovanni Paolo II o Bendetto XVI) passava da via Tomacelli per arrivare in via Condotti e raggiungere piazza di Spagna per l’omaggio alla celebre immagine collocata sulla colonna di piazza Mignanelli.

Don Sforza Marescotti Ruspoli, per molti Lillio (ma negli ultimi anni lui non amava questo vezzeggiativo giovanile) era lì, con un vessillo vaticano proprio alla curva di largo Goldoni per gridare: «Viva il Papa Re». E sarebbe riduttivo e anche ingeneroso ridurre tutto a colore romano. Lui credeva profondamente, da erede di una delle più antiche e prestigiose dinastie principesche papali romane, al ruolo del potere temporale.

In fondo la sua dinastia poteva vantare straordinari appoggi al Papa: aveva contribuito con 800 mila scudi d’oro a pagare le indennità papali imposte da Napoleone Bonaparte e alla fine del ‘700 l’antenato Francesco Maria creò, a proprie spese, un reggimento Ruspoli di circa mille uomini per rinforzare le truppe pontificie.

Sforza Marescotti, alias Lillio, nato a Roma a palazzo Ruspoli il 23 gennaio 1927, morto ieri martedì 25 ottobre, era il frutto di tutto questo. Con lui veramente e definitivamente scompare per sempre un intero mondo: era toccato a lui ballare, in un ricevimento a palazzo Colonna, con una giovanissima Elisabetta futura Elisabetta II e ai tempi principessa ereditaria, durante una sua visita a Roma nell’aprile 1951: amava scherzare su questo episodio e sul fatto che fossero quasi coetanei, lei più grande di lui appena di un anno.

Era il decano dell’aristocrazia romana e se n’è andato nello stesso palazzo di famiglia in cui era nato ed era tornato a vivere da tempo dopo una parentesi. La sua ironia era notissima. Una delle sue battute preferite era: «Allegri! Allegri! Il meglio è alle spalle! ».

Era figlio secondogenito di Francesco Ruspoli, VIII principe di Cerveteri ( i Marescotti poi Ruspoli risalgono a Mario Lo Scoto e al 779 al servizio di Carlo Magno) e di Claudia Matarazzo, erede di una immensa fortuna paterna: Francesco Matarazzo, simbolo dell’emigrazione, fondò un colossale impero economico. Don Lillio era diverso per temperamento dal fratello maggiore, il primogenito Alessandro, detto Dado, grande viaggiatore e protagonista di memorabili pagine della Dolce Vita.

La madre è la prima donna importante della sua vita, anche se muore giovanissima: lui ne parlerà per tutta la vita, una ferita mai rimarginata. Lillio va in Sudamerica e viene di fatto cresciuto a lungo dal nonno anche per trovare una solida strada economica.

Lillio si sposa ad appena diciannove anni (ecco la seconda donna importante) con Domitilla dei duchi Salviati, autentica bellezza dei suoi tempi, da cui ha le figlie Claudia e Giada: con la famiglia lavora a lungo in Sudamerica. Poi il ritorno in Italia, la politica: nel 1951 è tra i fondatori del Msi- Movimento Sociale Italiano, tessera numero 9, una adesione però «da indipendente». Entra a 24 anni nel Comitato esecutivo della Banca Romana presieduta da Arturo Osio e qui conosce e frequenta Carlo Pesenti, Ernesto Fassio, Gaetano Marzotto. Poi fonda i Centri di azione agraria che attirano molte simpatie nelle campagne e nei centri agrari, e persino Pietro Nenni, così raccontavano gli amici, disse ai suoi: «Ma questo Ruspoli cosa vuole? ».

Prende un po’ in contro piede amici e collaboratori nel 1994 quando si presenta, senza fortuna, alle elezioni regionali con l’inedita lista Vento del Sud/ Viva Zapata/ Invito alla rivolta». Lo chiamano anche il principe contadino. Nel frattempo il suo primo matrimonio era naufragato e nel 1983 (ecco la terza donna importante della sua vita) e Lillio si risposa con l’attrice Pia Giancaro, all’anagrafe Giamporcaro, che resterà con lui fino all’ultimo istante: erano una coppia fissa nelle grandi serate romane. Nasce la terza figlia, Giacinta, chiamata così in onore della omonima santa di famiglia Giacinta Marescotti, vissuta nel 1500. Nel frattempo, col finanziamento del Banco di Santo Spirito, costruisce sulle terre del suo feudo familiare la frazione di Cerenova Costantica.

Nel 1989 viene eletto in Campidoglio nelle liste del Msi e riesce a far votare e approvare un centro per i senza fissa dimora in un edificio abbandonato sulla Casilina che viene intitolato a santa Giacinta e affidato a monsignor Luigi Di Liegro per la Caritas: mondi lontanissimi che si incontrano, solo a Roma può succedere. Nel 2006 Giulio Tremonti, dopo il fallimento del Banco di Napoli e del Banco di Sicilia, lo nomina vicepresidente della Banca del Sud ma l’avventura dura molto poco.

Negli ultimi anni ha avuto molti problemi di salute, soprattutto legati alla vista che recentemente aveva perso. Ma la testa e la memoria erano ancora salde e lucide. Come le sue ultime uscite pubbliche. Nel 2017 la presentazione della lista «Nessun dorma» alle elezioni comunali di Cerveteri, sede del palazzo principesco di famiglia, ma con scarsissimo successo. Slogan elettorale utilizzato, riecco la proverbiale ironia: «Meglio nobili che ignobili».

Le clamorose dimissioni nel 2019 dall’Ordine di Malta, di cui era stato anche ambasciatore , dopo 70 anni di militanza («sono venute meno le finalità per cui nacque nel 1048», e certe recenti decisioni di Papa Francesco sembrano avergli dato ragione tempo dopo). Una vita densa, piena di aspetti anche contrastanti ma mai riconducibile a schemi prefissati. I funerali venerdì 28 a Roma, a san Lorenzo in Lucina alle 12.

26 ottobre 2022 (modifica il 26 ottobre 2022 | 11:12)

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, 2022-10-26 14:21:00, Morto a 95 anni l’esponente di uno dei più antichi casati dell’ex Stato Pontificio, noto per la sua ironia e l’impegno politico. I funerali si terranno venerdì 28 alle 12 nella Basilica di San Lorenzo in Lucina a Roma, Paolo Conti

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