Un nuovo rapporto Unicef, basato su un’analisi condotta in 22 Paesi su 407mila intervistati, fa il quadro del rapporto tra razzismo, discriminazione e istruzione. L’origine nazionale (20%), l’età (17%) e l’identità di genere (15%) sono i principali motivi di discriminazione, in tutto il mondo.
Il rapporto si chiama “Diritti negati: l’impatto della discriminazione sui bambini” e sottolinea come, in media, gli studenti tra i 7 e i 14 anni appartenenti al gruppo più avvantaggiato abbiano più del doppio delle probabilità di avere competenze di base nella lettura rispetto a quelli del gruppo meno avvantaggiato. Le aspettative degli insegnanti sono correlate con i risultati degli studenti: più sono alte, più l’apprendimento ed i risultati migliorano e maggiore è la possibilità che completino il ciclo di istruzione. Spesso purtroppo, secondo il rapporto Unicef, le aspettative degli insegnanti differiscono a seconda dell’etnia, della razza, della condizione economica o dell’origine degli studenti. E si cita anche uno studio
nel Regno Unito (Tereshchenko, Antonina, et al., ‘Eastern European migrants’ experiences of racism in English schools: positions of marginal whiteness and linguistic otherness,’ Whiteness and Education) che ha rilevato come, nella scuola secondaria dell’Europa orientale, gli studenti sperimentino il razzismo e le basse aspettative degli insegnanti.
“Ciò colpisce tutti noi – commenta Catherine Russell, direttore generale dell’Unicef- e dimostra come proteggere i diritti di tutti i bambini – chiunque siano e da ovunque provengano – è il modo più sicuro per costruire un mondo più pacifico, prospero e giusto per ognuno”.
Nelle pagine che riguardano l’Italia, il rapporto spiega come il nostro sia diventato un paese di destinazione e di transito per migranti e profughi dagli anni ’80: più di sei milioni di persone con nazionalità straniera risiedono in Italia e il razzismo e la xenofobia sono ancora un problema. Nella campagna ‘”OPS!” (La tua opinione, contro ogni pregiudizio, oltre any Stereotype!) l’Unicef ha puntato sulla presa di coscienza per contrastare il razzismo e la xenofobia attraverso contenuti e messaggi generati “dai giovani, per i giovani”. Nella campagna, dodici giovani migranti, selezionati attraverso un concorso artistico U-Report, hanno partecipato a programmi per sviluppare abilità personalizzate in collaborazione con imprese del settore privato e sono stati formati 68 studenti tra i 16 e i 18 anni per identificare, valutare e contrastare il proprio inconscio razziale e i propri pregiudizi attraverso un’app basata sul web. Cosa ne è emerso? Tre punti che si traducono in sfide ancora da affrontare in Italia: la persistenza di narrazioni negative sui migranti e rifugiati sia sui media tradizionali che sui social media; il mantenimento di una cultura dell’impunità e dell’invisibilità dell’odio discorso in rete; la diffusa rappresentazione della migrazione come una “crisi globale”; il numero limitato di azioni volte a promuovere una narrativa positiva su migranti e rifugiati; bassi livelli di alfabetizzazione mediatica e funzionale della popolazione; la necessità che le iniziative di sensibilizzazione online siano integrate con iniziative faccia a faccia per massimizzare l’impegno quando si lavora con adolescenti e giovani migranti e rifugiati.
Alcuni dati sono davvero impressionanti: nelle politiche scolastiche degli Stati Uniti, i bambini con carnagione più scura hanno probabilità quasi quattro volte maggiori di ricevere sospensioni senza frequenza scolastica rispetto ai bambini di carnagione più chiara e più del doppio di subire arresti legati alla scuola.
Gli intervistati provenienti dall’Asia orientale e dal Pacifico e dal Medio Oriente e Nord Africa hanno indicato il livello di istruzione o di reddito come il principale motivo di discriminazione; quelli del Nord America il colore. Più di un terzo degli intervistati ha raccontato come, di fronte ad una discriminazione, si siano impegnati a fondo per dimostrare che la persona che li stava discriminando si stava sbagliando.
Il rapporto evidenzia anche come i bambini e i giovani sentano il peso della discriminazione nella loro vita quotidiana. Su 407mila intervistati, quasi due terzi ritiene che la discriminazione sia comune nell’ambiente in cui vivono e quasi la metà ritiene che la discriminazione abbia avuto un impatto significativo sulla loro vita o su quella di qualcuno che conoscono.
La discriminazione è complessa e trasversale nei modi in cui le identità sociali si sovrappongono, dall’identità di genere all’etnia, dalla discendenza o status ereditario all’età, dalla classe sociale all’invalidità allo stato di salute. Dice il rapporto: “Riconoscere la diversità all’interno di gruppi o comunità, apprezzare le esperienze uniche e i bisogni degli individui discriminati ed oppressi è la base di comprensione fondamentale per lo sviluppo di politiche efficaci e programmi che affrontano, riparano e prevengono emarginazione, discriminazione e disuguaglianza”.
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, , Pubblicato da Anna Maria De Luca
Un nuovo rapporto Unicef, basato su un’analisi condotta in 22 Paesi su 407mila intervistati, fa il quadro del rapporto tra razzismo, discriminazione e istruzione. L’origine nazionale (20%), l’età (17%) e l’identità di genere (15%) sono i principali motivi di discriminazione, in tutto il mondo. Il rapporto si chiama “Diritti negati: l’impatto della discriminazione sui bambini” […]
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