Littizzetto sui referendum in tv rompe (a sinistra) il mito della partecipazione. Ed è polemica

Littizzetto sui referendum in tv rompe (a sinistra) il mito della partecipazione. Ed è polemica

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di Tommaso LabatePolemiche sul monologo tv a «Che Tempo che fa» nel quale dice che i quesiti sono troppo complicati per sottoporli a tutti i cittadini: «Il 12 giugno pensavo di andare al mare» Di fronte alle polemiche innescate dal monologo televisivo di Luciana Littizzetto sui referendum sulla giustizia, il santo protettore di ogni referendario italiano, Marco Pannella, si sarebbe senz’altro sfregato le mani. Anche perché, quando rincorri disperatamente il 50 per cento più uno dei votanti che servono a rendere valida la consultazione, il «purché se ne parli» (soprattutto in tv, soprattutto in un programma molto seguito come quello di Fabio Fazio) è una strategia che vince sempre sul parlarne «bene» o «male». Se è quindi incontestabile che la Littizzetto abbia dato voce a un referendum di cui in tv non parla praticamente nessuno, è altrettanto vero che il suo monologo, qualche leggerissima e magari involontaria martellata al muro di valori costruito dalla sinistra attorno all’idea sintetizzata da Gaber nel concetto «libertà è partecipazione», l’ha inferta. «Votare è bellissimo», premette Littizzetto. E aggiunge: «Però vi dico la verità. Il 12 giugno pensavo di andare al mare, invece ci chiedete di pronunciarci sul referendum. Non uno, ma cinque. A questo giro mi viene chiesto un parere su qualcosa che non so tanto bene. So a spanne, a grandi linee. Per chi ci avete preso, per 60 milioni di Giuliani Amati? Siamo forse dei Perry Mason? Pensate che la mattina sul water leggiamo il manuale di diritto costituzionale?». Tolto il rimando alla frase usata da Craxi sull’andare al mare nel giorno in cui c’è una consultazione popolare – che, all’epoca del referendum sulla preferenza unica, segnò l’inizio della fine del craxismo – la questione della mancata competenza dell’elettore di fronte al contenuto della scheda elettorale che si trova davanti è cruciale per l’esercizio della democrazia. A furia di raccontarlo negli ultimi decenni solo come un diritto che si può esercitare o non esercitare a seconda di come ci svegliamo la mattina o di che tempo fa («La bella giornata di sole» citata dal sondaggista Nicola Piepoli in Aprile di Nanni Moretti), abbiamo dimenticato che il voto consapevole è anche un dovere. Come Luciana Littizzetto, tra l’altro, sa benissimo. Partecipando a una manifestazione in sostegno dei referendum abrogativi della legge 40 sulla fecondazione assistita, anno 2004, l’attrice torinese si presentò dai Radicali dicendo: «Sono contenta di essere qua. Ho telefonato a Sergio Rovasio (radicale torinese, ndr) per dirgli “spiegami bene questa legge, questo volantino, fammi capire bene perché voglio andare a firmare”. (…) Perché a volte le cose ci passano sulla testa, non abbiamo voglia e non abbiamo tempo, abbiamo mille cose da fare e invece dobbiamo essere un po’ più attenti a quello che ci succede attorno». Erano quesiti complicati e delicati, complicatissimi e delicatissimi, quelli; decidevano della vita e anche della morte delle persone, del futuro di molte famiglie, della ricerca scientifica. E la Littizzetto, che li sostenne informandosi, in modo consapevole, avrebbe senz’altro storto il naso se qualcuno, nascondendosi dietro la difficoltà del quesito, avesse ironizzato dicendo «ma qua mica siamo tutti genetisti!» oppure «non siamo certo sessanta milioni di Rita Levi Montalcini!» (cosa che sostanzialmente venne fatta, anche perché la Cei del Cardinal Ruini promosse una campagna per l’astensione). Littizzetto ha chiuso il monologo dicendo che «comunque io a votare ci andrò, perché è un mio diritto e molti anni fa in tanti ci hanno rimesso la vita perché lo potessi esercitare». E tutto questo è successo anche per far sì che il voto di Giuliano Amato o di Perry Mason valesse quanto quello degli altri sessanta milioni di Maria e Mario Rossi, e cioè uno; per far sì che Maria o Mario Rossi potessero cambiare le cose stabilite da un migliaio di Giuliano Amato e Perry Mason eletti in Parlamento; e perché la democrazia – nelle sue complicazioni, di fronte al più astruso dei quesiti referendari – riesce ancora a mostrare il lato più nascosto della sua eterna bellezza. 1 giugno 2022 (modifica il 1 giugno 2022 | 12:01) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-01 10:01:00, Polemiche sul monologo tv a «Che Tempo che fa» nel quale dice che i quesiti sono troppo complicati per sottoporli a tutti i cittadini: «Il 12 giugno pensavo di andare al mare», Tommaso Labate

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