di Marta Serafini
Ankara pronta a sminare il Mar Nero ma la soluzione è lontana: gli ucraini non si fidano, la bonifica richiede mesi. La Turchia blocca una nave russa carica di grano
Dalla nostra inviata
ODESSA — Quando sabato mattina, nella località turistica di Karolino Bugaz, il corpo di un uomo è stato tirato fuori dall’acqua senza vita e un altro è stato trasportato all’ospedale con una commozione celebrale, una cinquantina di chilometri più a nord, a Odessa, in tanti hanno scosso la testa. Non si tratta solo dell’ennesimo incidente di vacanzieri imprudenti che hanno osato trasgredire il divieto di balneazione, in barba alla minaccia delle autorità militari che ora si mormora spediscano al fronte chi sgarra. Il tema è che, per il Mar Nero e il mondo intero, le mine che galleggiano al largo della Regina stanno diventando letteralmente un’arma di distruzione di massa che potrebbe uccidere indirettamente migliaia di persone anche a centinaia di chilometri di distanza.
Dici mine, dici blocco del grano. Una catastrofe alimentare globale che, secondo il World Food Program, potrebbe portare alla fame 47 milioni di persone entro il prossimo anno. E una tragedia cui dice di aver pronta una soluzione Ankara, come promesso dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan, al termine del summit con il presidente francese Emmanuel Macron dopo un annuncio di Mosca fatto proprio in Turchia. «Se gli ucraini smineranno il Mar Nero potremo trattare sul corridoio del grano», era stata la proposta del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov all’omologo turco Mevlüt Cavusoglu, durante un incontro precedente cui non erano stati invitati gli ucraini. «Alla bonifica penseremo noi», era stata l’offerta del Sultano. Per Kiev, però, pensare di sguarnire le spiagge della Regina Odessa è come abboccare a un bluff di poker.
Fin qui nemmeno la riconquista dell’Isola dei Serpenti sembra aver tranquillizzato gli animi ucraini. Gli analisti occidentali hanno definito la cacciata dei russi da quella chiazza di terra a 35 chilometri dalla costa una vittoria simbolica oltre che strategica per Kiev. Ma per Jeffrey Edmonds, analista senior presso il Center for Naval Analyses, think tank con sede in Virginia, citato dal Washington Post, la marina russa può ancora minacciare il commercio con navi da guerra e sottomarini. E ancora: solo due settimane fa i funzionari statunitensi hanno confermato al Guardian come la flotta russa del Mar Nero abbia l’ordine di bloccare i porti ucraini di Odessa e Ochakiv e l’estuario del fiume Dnipro proprio tramite l’utilizzo di esplosivi subacquei. Come si può credere dunque a Mosca?
La stessa Ankara ieri, con la decisione di sequestrare una nave russa proveniente da Berdyansk carica di grano trafugato , lascia intendere quanto lontana sia una soluzione. Inoltre, al di là della politica, anche sulla quantità di ordigni e sulle tempistiche necessarie per la bonifica è difficile fare previsioni certe. Secondo una fonte militare francese citata da Le Monde, in totale, al largo di Odessa, galleggiano tra le 50 e le 100 mine marine. Ma, come spiega al Corriere della Sera Vito Alfieri Fontana, che dopo averle prodotte ha deciso di dedicare la sua vita a combatterle, i danni più ingenti potrebbero essere provocati dalle mine dormienti che restano sul fondo, programmate per esplodere dopo un certo numero di passaggi delle navi.
A ciò va aggiunto che, anche qualora si decidesse di bonificare il porto, secondo i consiglieri militari del presidente ucraino Volodymyr Zelensky le operazioni richiederebbero almeno tre mesi di lavoro. Cifre che però — sottolinea ancora Alfieri Fontana — riguardano lo sminamento militare, ossia operazioni che servono sì ad aprire un corridoio, ma che lasciano almeno un 10 per cento di rischio di nuove esplosioni.
Dunque, in questo quadro, non stupisce come, sebbene sia aumentato il numero di mercantili che navigano nella parte meridionale del Mar Nero, i costi di trasporto e assicurazione siano cresciuti dopo che diverse navi sono state colpite nei primi giorni dell’invasione russa. E non sorprende nemmeno come parte delle compagnie navali abbiano deciso di stare del tutto alla larga dalla regione.
Insieme alle mine resta allora il problema. E restano ancora bloccati nel porto di Odessa quei 25 milioni di tonnellate di grano, fermi insieme alla speranza che il Mar Nero possa ritrovare la pace.
3 luglio 2022 (modifica il 3 luglio 2022 | 21:25)
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