di Lara Sirignano
I familiari si rivolgono al Presidente della Repubblica, al ministro della Salute e alla magistratura con una accorata lettera-denuncia in cui raccontano l’odissea terribile della maestra 44enne di Agrigento: Su questa vicenda non deve calare il silenzio
Sono trascorsi tre anni dalla tragica fine di Loredana Guida, giornalista e insegnante agrigentina morta di malaria a 44 anni nel gennaio 2020. Tre anni senza un colpevole. Tre anni di dolore e attese per la madre e i fratelli che continuano a chiedere giustizia. E ora si rivolgono al Presidente della Repubblica, al ministro della Salute e alla magistratura con una accorata lettera-denuncia in cui raccontano l’odissea terribile di una donna curiosa, intelligente, generosa e piena di voglia di vivere. Una lettera che un appello affinch non cali il silenzio su un caso di malasanit per il quale nessuno ancora ha pagato.
Loredana una maestra elementare, ama i bambini e ha un sogno: aprire una scuola in Nigeria, paese in cui stata in vacanza e di cui s’ innamorata. Per questo, a gennaio del 2020 torna in Africa a cercare aiuti per realizzare il suo progetto. Del viaggio entusiasta, ma qualche giorno dopo il rientro in Italia comincia a star male: febbre alta, spossatezza. Chiama il medico di famiglia e gli dice di essere appena stata in Nigeria. E’ influenza. Passer, risponde il dottore che non va neppure a visitarla. E invece non passa. Anzi. Le condizioni dell’insegnante peggiorano. Il 15 gennaio, preoccupata, va al pronto soccorso dell’ospedale San Giovanni di Dio di Agrigento. Resta in piedi per 9 ore con la febbre a 39 in attesa che qualcuno l’aiuti. Ripete d’essere stata in Nigeria, nessuno le d conto, nessuno le fa il pi banale dei test: quello della malaria.
Un esame che in soli 7 minuti avrebbe potuto accertare la causa del grave malessere che da giorni la inchioda a letto. Comprendendo che nessuno le avrebbe dato una risposta, stremata, firma le dimissioni e torna a casa: fuori l’aspetta la madre, costretta ad attendere in macchina perch nella sala del triage non c’ neppure una sedia su cui sedersi. Con i giorni Loredana peggiora e torna a scrivere al suo medico, che continua a non visitarla e, al telefono, le prescrive dei farmaci. Le medicine finiranno per aggravare la malattia che ancora nessuno le ha diagnosticato: la malaria del ceppo pi grave, il falciparum, molto aggressiva ma curabile se scoperta in tempo. Passano altri 4 giorni. Il 19 gennaio Loredana va alla Guardia Medica.
Le condizioni sono ormai gravissime: la pressione quasi assente, ma i medici si limitano a darle delle gocce e la mandano a casa. Per il ricovero dovr attendere altre 24 ore, quando arriva in ospedale in coma. I familiari, terrorizzati chiedono ai sanitari di prendere contatti con il reparto di Malattie infettive del Civico di Palermo. Del test per la malaria ancora non si parla. Solo il 21 gennaio l’esame finalmente verr eseguito e arriver la risposta. Ma — la tragica storia non ancora terminata — la farmacia del nosocomio chiusa e per avere il farmaco salva-vita, il chinino, si deve andare a Catania. Un’auto parte da Agrigento per il capoluogo etneo: un viaggio interminabile perch, racconteranno gli stessi familiari della donna, il direttore generale dell’ASP invece di preoccuparsi di fare in fretta, ottimizza l’impiego della macchina sbrigando prima alcune faccende per l’azienda. Il chinino, finalmente, arriva.
Troppo tardi, per: alle 3.35 del 28 gennaio, dopo un calvario di due settimane, Loredana muore. Gli esperti — raccontano i fratelli Giuseppe e Luisa — non hanno dubbi: se la malattia fosse stata scoperta il 15 gennaio avrebbe avuto l’80% di possibilit di sopravvivere e anche quando gi era in coma, se si fosse intervenuti, le chance di sopravvivenza sarebbero state del 60%. Invece Loredana per giorni continua, inascoltata, a ripetere ai medici del suo viaggio in Africa e nessuno l’ascolta. Dopo l’esposto della famiglia la Procura chiede il rinvio a giudizio per omicidio colposo del medico di base Francesco Sciortino, della guardia medica, Gioacchino Brucculeri, e del medico del Pronto soccorso, Maurilio Castelli. Per due infermieri viene sollecitata l’archiviazione. Idem per il primario della Rianimazione, Antonio Marotta, e per Alida Lauria, altra dottoressa in servizio al Pronto soccorso.
Nonostante le perplessit del gip, che sui due sanitari impone altre indagini, i pm tornano a chiedere la chiusura del caso sostenendo che le condizioni di salute di Loredana erano ormai critiche e che nulla avrebbero potuto fare per salvarle la vita. Per la giustizia, dunque, una inevitabile fatalit. Ma la famiglia alla fatalit non crede. E chiede un giusto processo dove le parti, interpellate ognuno per le proprie responsabilità nel contraddittorio che si addice ad un paese civile, possano e debbano esprimere le proprie motivazioni dichiarandosi innocenti fino a prova contraria. Ma, se colpevoli, vengano condannate senza ricorrere a scorciatoie.
25 febbraio 2023 (modifica il 25 febbraio 2023 | 11:54)
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