M5S finisce l’era delle restituzioniOra quasi tutti i soldi vanno al partito

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di Emanuele BuzziI parlamentari percepiranno l’indennità. A settembre donazioni di 10mila euro da alcuni candidati nel listino di Conte Cade un altro totem, i Cinque Stelle si preparano a dire addio alle restituzioni. O quasi. Sono sempre più insistenti le voci su un cambio di passo sulle norme interne che disciplinano le somme di denaro che i parlamentari stellati si decurtano dalle retribuzioni per donarle a sostegno di progetti pubblici, come il fondo per il microcredito o il Consiglio nazionale delle ricerche. Il Movimento è pronto a varare nuove regole che segnano una svolta. Gli stellati secondo le ipotesi che filtrano stanno lavorando su un triplo binario: le indennità di carica (che dovrebbero essere percepite per la prima volta dagli stellati, ma restituite in buona parte al partito), l’assegno di fine mandato le donazioni mensili dei parlamentari in carica. Ed è soprattutto quest’ultimo punto a creare scompiglio. Tra il 2013 e il 2018, al debutto nei palazzi romani, ogni parlamentare M5S restituiva mensilmente circa 2500 euro, cifra mantenuta anche nella successiva legislatura. Anzi, tra il 2018 e il 2022 la somma è stata “canonizzata”, è diventata un forfait senza più l’annoso problema degli scontrini giustificativi che aveva caratterizzato il primo corso parlamentare stellato. E il compenso era stato poi suddiviso: 1000 euro all’associazione che governa il partito e 1500 al fondo per le iniziative per la collettività. Ora, secondo i rumors, la quota per il partito potrebbe raddoppiare. Due le strade. C’è chi sostiene che al Movimento andranno 2000 euro mensili mentre altri 500 saranno destinati ai progetti per la collettività (ma la quota residua potrebbe essere destinata a iniziative targate in qualche modo M5S. Un’altra via – che secondo l’Adnkronos starebbe prevalendo – prevede un versamento unico di 200 euro mensili al partito: sarebbero poi i vertici a stabilire quali somme destinare alle “restituzioni”. Ipotesi al vaglio, che si accompagnano a quelle circolate sull’assegno di fine mandato, con i parlamentari “obbligati” a restituire solo il 20% dell’importo (Alessandro Di Battista nel 2018 restituì il 100%, ossia 43mila euro per un quinquennio a Montecitorio). Una mossa che permetterebbe un “risparmio” cospicuo a molti big, tagliati fuori dalla regola del tetto dei due mandati e che, al tempo stesso, alleggerirebbe il lavoro del collegio dei probiviri, chiamati a sanzionare eventuali “defezioni” nelle restituzioni. “Più basso è l’importo, più sarà facile ricevere numerose donazioni”, è il ragionamento di uno stellato. Ma le novità fano già discutere internamente. C’è chi sbotta: “In pratica delle nostre regole storiche rimane in piedi solo il vincolo dei due mandati, ma non tanto per un motivo identitario quanto a mio avviso come stratagemma per liberarsi dalle zavorre, ossia a chi è ancorato alla vecchia idea di Movimento”. Intanto, a spulciare l’elenco delle donazioni ricevute dal M5S nel mese di settembre spiccano le assenze di molti parlamentari in uscita. Ma ci sono anche nuovi volti. E soprattutto un sostegno economico importante – 10 mila euro – da chi si era stato inserito da Giuseppe Conte nel suo listino: da Chiara Appendino a Federico Cafiero De Raho, a Livio De Santoli (che non è stato eletto) a Stefano Patuanelli. 24 novembre 2022 (modifica il 24 novembre 2022 | 15:57) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-24 14:57:00, I parlamentari percepiranno l’indennità. A settembre donazioni di 10mila euro da alcuni candidati nel listino di Conte, Emanuele Buzzi

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