Mezzogiorno, 28 agosto 2022 – 08:50 di Mario Rusciano Fino al 25 settembre sarà difficile sottrarsi al bombardamento, ogni giorno mattina e sera, degli slogan d’una campagna elettorale di scadente qualità. Da «destra» e da «sinistra» — e dall’affollatissimo «centro», poco identificabile — ascolteremo la cantilena delle improbabili promesse per salvare l’Italia. Del resto è così che ormai funziona l’informazione politica. Pare assistere alla gara tra chi la spara più grossa o all’asta in cui ci si sfida sul prezzo del bene desiderato: un voto in più per andare in Parlamento, fare maggioranza e governare. Bene prezioso, vista la riduzione dei seggi in Parlamento, e grazie a una legge elettorale a dir poco irrazionale. Che distrugge l’asse portante della democrazia parlamentare: sottrae agli elettori e consegna ai partiti la scelta dei candidati. Sicché i partiti hanno molto potere decisionale e poca potenza rappresentativa. Decidono tutto mentre privano i cittadini dell’essenziale legame comunicativo tra «rappresentati» e «rappresentanti». Intanto l’affastellamento degli slogan con le promesse elettorali è tale da non farne capire neppure la paternità. In poche battute s’elencano problemi e soluzioni, mentre i programmi sono vaghi imprecisi disordinati e disarticolati. Mentre sono veri ed eccezionalmente gravi i problemi attuali. Dagli sconti sulle bollette, insopportabili per i costi dell’energia, al tetto del prezzo del gas. Dalla lotta all’inflazione alla pace fiscale (pochi parlano dell’evasione!). Dall’abbassamento delle tasse al sostegno delle imprese. Dalla disoccupazione al lavoro povero. Dal salario minimo agli aumenti salariali. Dall’aumento e anticipo delle pensioni al futuro dei giovani. Dagli sgravi famigliari al reddito di cittadinanza. Dalle diseguaglianze alla sicurezza. Dal cambiamento climatico alla transizione ecologica. E a quant’altro può impressionare elettori spaesati e preoccupati delle loro tasche: ricchi o poveri che siano! D’altronde in campagna elettorale ognuno rincorre suffragi effettivi essendo i sondaggi una pura presunzione: si lotta per stravincere o per avere il 3% e arrivare in Parlamento. Di fronte al parapiglia d’una tornata elettorale estiva — piombata tra crisi senza precedenti: geopolitiche, istituzionali, economico-sociali, finanziarie e con la guerra in Europa sullo sfondo — i votanti dovrebbero riflettere in coscienza su alcuni punti importanti. Anzitutto sulla responsabilità di chi ha sfiduciato il Governo Draghi in una stagione sconvolgente. Andrebbero punite le forze politiche che, per interesse di parte e incredibile miopia, hanno bloccato il percorso difficile d’un Esecutivo che tentava di fronteggiare alla meglio, per quanto possibile, le crisi eccezionali appena dette. E andrebbero considerati gli effetti devastanti d’uno scioglimento anticipato del Parlamento (a pochi mesi dalla scadenza naturale) sugl’impegni europei del Next Generation Eu e sulla difficoltà di allestire in tempi stretti una complicata legge finanziaria. Per principio non andrebbero apprezzati gli «uomini della Provvidenza», ma è stato temerario disarcionare Draghi proprio nel momento in cui più serviva un Premier autorevole, competente e nella pienezza delle funzioni. Ora invece il Governo deve fare salti mortali per gestire come «affari correnti» problemi complessi fuori dell’ordinario. Ora gli «affari correnti» sono affari di prima grandezza e non di «ordinaria amministrazione»: a cominciare dal quotidiano aumento vertiginoso del gas russo. Quindi non è in discussione la legittimità delle misure governative in materia, ma è evidente che un Governo «dimissionato» è comunque un Governo azzoppato. Come meravigliarsi che sul piano internazionale ed europeo l’Italia, indebitata fino al collo, sia diventata preda degli speculatori? Questo sconvolgimento del quadro politico-economico e istituzionale è una delle conseguenze devastanti del voto anticipato. Per un altro verso è la causa della genericità e scarsa lucidità dei programmi dei partiti: alla vigilia delle elezioni meglio non parlare di vera Politica! Per acchiappare voti occorre «bucare il video», sapere usare i social e, per guadagnare consensi, inventarsi sofisticati «effetti speciali». Ancora meno si può parlare di ideali e di valori costituzionali, peraltro di solito poco frequentati dalla maggioranza dei candidati. Semmai la Costituzione viene chiamata in causa per essere stravolta da due propositi agghiaccianti: il «presidenzialismo» e l’«autonomia regionale differenziata». I falchi del Nord — Lega in testa — non aspettano altro che mollare il Sud. Anzi — approfittando delle candidature plurime consentite dalla folle legge elettorale — si travestono per candidarsi nel Mezzogiorno e attuare così più facilmente l’idea di abbandonarlo al suo destino. Nei loro programmi elettorali non c’è alcuna seria prospettiva di superare il divario Nord/Sud con indicazione precisa di tempi modi e mezzi. C’è infine un’altra non secondaria conseguenza del dramma elettorale: l’aumento probabile dell’astensionismo. Molti cittadini scaltri diffidano, giustamente, delle promesse e degli annunci non supportati da argomenti credibili e decidono di non votare. Del resto il poco realismo dei mezzi d’attuazione e delle disponibilità finanziarie, che caratterizza i programmi dei partiti, fa prevedere che presto la «coperta stretta» trasformerà in bolle di sapone gli annunci a effetto della campagna elettorale. Eppure, se i cittadini scaltri andassero a votare invece d’astenersi, farebbero un gesto di grande responsabilità: quello di rendere autentica la rappresentanza popolare e di salvare la nostra democrazia malata. 28 agosto 2022 | 08:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-08-28 06:51:00, Mezzogiorno, 28 agosto 2022 – 08:50 di Mario Rusciano Fino al 25 settembre sarà difficile sottrarsi al bombardamento, ogni giorno mattina e sera, degli slogan d’una campagna elettorale di scadente qualità. Da «destra» e da «sinistra» — e dall’affollatissimo «centro», poco identificabile — ascolteremo la cantilena delle improbabili promesse per salvare l’Italia. Del resto è così che ormai funziona l’informazione politica. Pare assistere alla gara tra chi la spara più grossa o all’asta in cui ci si sfida sul prezzo del bene desiderato: un voto in più per andare in Parlamento, fare maggioranza e governare. Bene prezioso, vista la riduzione dei seggi in Parlamento, e grazie a una legge elettorale a dir poco irrazionale. Che distrugge l’asse portante della democrazia parlamentare: sottrae agli elettori e consegna ai partiti la scelta dei candidati. Sicché i partiti hanno molto potere decisionale e poca potenza rappresentativa. Decidono tutto mentre privano i cittadini dell’essenziale legame comunicativo tra «rappresentati» e «rappresentanti». Intanto l’affastellamento degli slogan con le promesse elettorali è tale da non farne capire neppure la paternità. In poche battute s’elencano problemi e soluzioni, mentre i programmi sono vaghi imprecisi disordinati e disarticolati. Mentre sono veri ed eccezionalmente gravi i problemi attuali. Dagli sconti sulle bollette, insopportabili per i costi dell’energia, al tetto del prezzo del gas. Dalla lotta all’inflazione alla pace fiscale (pochi parlano dell’evasione!). Dall’abbassamento delle tasse al sostegno delle imprese. Dalla disoccupazione al lavoro povero. Dal salario minimo agli aumenti salariali. Dall’aumento e anticipo delle pensioni al futuro dei giovani. Dagli sgravi famigliari al reddito di cittadinanza. Dalle diseguaglianze alla sicurezza. Dal cambiamento climatico alla transizione ecologica. E a quant’altro può impressionare elettori spaesati e preoccupati delle loro tasche: ricchi o poveri che siano! D’altronde in campagna elettorale ognuno rincorre suffragi effettivi essendo i sondaggi una pura presunzione: si lotta per stravincere o per avere il 3% e arrivare in Parlamento. Di fronte al parapiglia d’una tornata elettorale estiva — piombata tra crisi senza precedenti: geopolitiche, istituzionali, economico-sociali, finanziarie e con la guerra in Europa sullo sfondo — i votanti dovrebbero riflettere in coscienza su alcuni punti importanti. Anzitutto sulla responsabilità di chi ha sfiduciato il Governo Draghi in una stagione sconvolgente. Andrebbero punite le forze politiche che, per interesse di parte e incredibile miopia, hanno bloccato il percorso difficile d’un Esecutivo che tentava di fronteggiare alla meglio, per quanto possibile, le crisi eccezionali appena dette. E andrebbero considerati gli effetti devastanti d’uno scioglimento anticipato del Parlamento (a pochi mesi dalla scadenza naturale) sugl’impegni europei del Next Generation Eu e sulla difficoltà di allestire in tempi stretti una complicata legge finanziaria. Per principio non andrebbero apprezzati gli «uomini della Provvidenza», ma è stato temerario disarcionare Draghi proprio nel momento in cui più serviva un Premier autorevole, competente e nella pienezza delle funzioni. Ora invece il Governo deve fare salti mortali per gestire come «affari correnti» problemi complessi fuori dell’ordinario. Ora gli «affari correnti» sono affari di prima grandezza e non di «ordinaria amministrazione»: a cominciare dal quotidiano aumento vertiginoso del gas russo. Quindi non è in discussione la legittimità delle misure governative in materia, ma è evidente che un Governo «dimissionato» è comunque un Governo azzoppato. Come meravigliarsi che sul piano internazionale ed europeo l’Italia, indebitata fino al collo, sia diventata preda degli speculatori? Questo sconvolgimento del quadro politico-economico e istituzionale è una delle conseguenze devastanti del voto anticipato. Per un altro verso è la causa della genericità e scarsa lucidità dei programmi dei partiti: alla vigilia delle elezioni meglio non parlare di vera Politica! Per acchiappare voti occorre «bucare il video», sapere usare i social e, per guadagnare consensi, inventarsi sofisticati «effetti speciali». Ancora meno si può parlare di ideali e di valori costituzionali, peraltro di solito poco frequentati dalla maggioranza dei candidati. Semmai la Costituzione viene chiamata in causa per essere stravolta da due propositi agghiaccianti: il «presidenzialismo» e l’«autonomia regionale differenziata». I falchi del Nord — Lega in testa — non aspettano altro che mollare il Sud. Anzi — approfittando delle candidature plurime consentite dalla folle legge elettorale — si travestono per candidarsi nel Mezzogiorno e attuare così più facilmente l’idea di abbandonarlo al suo destino. Nei loro programmi elettorali non c’è alcuna seria prospettiva di superare il divario Nord/Sud con indicazione precisa di tempi modi e mezzi. C’è infine un’altra non secondaria conseguenza del dramma elettorale: l’aumento probabile dell’astensionismo. Molti cittadini scaltri diffidano, giustamente, delle promesse e degli annunci non supportati da argomenti credibili e decidono di non votare. Del resto il poco realismo dei mezzi d’attuazione e delle disponibilità finanziarie, che caratterizza i programmi dei partiti, fa prevedere che presto la «coperta stretta» trasformerà in bolle di sapone gli annunci a effetto della campagna elettorale. Eppure, se i cittadini scaltri andassero a votare invece d’astenersi, farebbero un gesto di grande responsabilità: quello di rendere autentica la rappresentanza popolare e di salvare la nostra democrazia malata. 28 agosto 2022 | 08:50 © RIPRODUZIONE RISERVATA ,