Il made in Italy, motore di sviluppo del Sistema Italia, baricentro di una innovativa e competitiva politica industriale richiede nuove competenze e nuovi investimenti per vincere le sfide internazionali. Rafforzare le filiere tecnologico-professionali, ampliare il quadro nazionale delle qualifiche professionali, favorire la mobilità dei percorsi e tra i percorsi formativi finalizzati a rispondere alle nuove richieste dei settori del manifatturiero, porre attenzione alla sostenibilità ed alle sfide dell’economia circolare diventano must per gli attori della formazione e della produzione. Di questo si è parlato al convegno “Innovare e formare nuove competenze per un Made in Italy competitivo a livello internazionale e sostenibile” che si è tenuto lo scorso 5 ottobre 2023, presso la sala Capitolare del Senato, con Valentina Aprea, esperta politiche della formazione e lavoro, Paola Frassinetti, Sottosegretaria al Ministro dell’Istruzione e del Merito, Tiziana Nisini, vice Presidente Commissione Lavoro Camera Deputati, Antonello Giannelli, Presidente ANP, Egidio Sangue Vice Presidente Fonditalia. Nicola Patrizi Presidente Federterziario e Carlo Barberis, Presidente Expo Training.
“Il prossimo 7 e 8 novembre si terrà a Milano la nuova edizione di Expotraining – ha esordito Aprea -. Siamo particolarmente soddisfatti delle adesioni nel mondo del lavoro e del mondo dell’Istruzione. Abbiamo voluto trasformare Expotraining in una fiera della formazione che si aprirà con una cerimonia inaugurale eccezionale che avrà per tema quello dei giovani talenti che crescono nel made in Italy, nelle filiere professionali e nello sport. C’è tutta una serie di ragioni che rischia di mettere in difficoltà il nostro made in Italy e il mismatch tra la domanda e l’offerta di lavoro è aggravato dall’alto numero di neet. Continuiamo ad avere ogni anno 140mila posti di lavoro prevalentemente nel made in Italy che non vengono occupati perché non si trovano giovani nelle materie richieste”.
Per Aprea una soluzione possibile è allora quella di “creare percorsi che siano sempre più integrati, modulari e continui. Non ci può essere separazione all’interno delle filiere scolastiche e nelle le filiere scolastiche e il mercato del lavoro. Bisogna superare un gap che rimanda allo scarso appeal dei percorsi professionali. Siamo chiamati tutti ad intervenire nell’orientamento dei nostri giovani perché si appassionino alle nuove sfide che il Made in Italy deve affrontare. La nuova edizione di Expotraining intende farsi carico della prestazione dei nuovi percorsi, e poi fare attività di orientamento. La nuova edizione prevede eventi scientifici e di approfondimento sulle competenze”.
“L’innovazione e la formazione delle competenze sono fondamentali per promuovere e consolidare e il Made in Italy – ha concluso Aprea -. Ma soprattutto è importante promuovere nei giovani la cultura dell’innovazione e dell’imprenditorialità. Ad aprire l’evento fieristico una sfilata di moda di Confindustria Moda organizzata con i ragazzi degli istituti tecnici”.
“C’è necessità di acquisire nuove competenze – ha aggiunto Egidio Sangue -. Abbiamo una vasta platea di imprese e lavoratori a rischio di marginalizzazione, una grande platea di disoccupati. Dobbiamo fare in modo che sfide come quella del Made in Italy mettano in contatto diversi soggetti. Abbiamo spesso situazioni di mancata sinergia e dobbiamo fare in modo che la filiera del sistema istruzione sia strettamente in relazione con il sistema produttivo”.
Parlando di made in Italy non si poteva non entrare nel merito della novità arrivata con il percorso liceale dedicato, il Liceo del Made in Italy, appunto. A dare i dettagli su questo indirizzo la Sottosegretaria Frassinetti: “Il Liceo del Made in Italy non deve sostituire i percorsi professionalizzanti che già esistono e che hanno successo su settori come come la moda, l’agroalimentare e il tessile. Dovrebbe invece dare un’impostazione per tutelare il marchio italiano nel mondo offrendo allo stesso tempo una preparazione liceale. Non vogliamo sopperire il liceo economico sociale, ma offrire agli studenti italiani una possibilità in più”.
“Dal punto di vista delle scuole c’è un po’ di timore su questa concorrenza fra il Liceo del Made in Italy e l’istituto tecnico economico sociale – si è agganciato Giannelli -. Va riaffermata la coesistenza pacifica di queste due realtà, anche con comunicato del Mim. Del brand Italia siamo tutti molto convinti, il nostro stile di vita piace a buona parte del mondo. Si comprende perfettamente l’intenzione di varare una scuola del Made in Italy. Di fianco aggiungo che il made in Italy è ricerca tecnico scientifica di altissima qualità, non solo moda e alimentare”.
“Il ministro Valditara – ha continuato Giannelli – ha annunciato il riordino degli istituti tecnico e professionali. Attualmente sono state depotenziate delle materie di indirizzo, quindi ritenuti licei di serie B. Nell’ottica di tornare alle scuole tecniche e professionali come le conoscevamo un tempo, si è pensato a questa connessione con gli ITS. Se non c‘è scambio continuo con il mondo del lavoro le scuole rischiano di chiudersi e diventare una realtà autocentrata. Se vogliamo rilanciare l’italia, la sua economia e cultura dobbiamo ripartire da qui. All’estero sono le scuole che assumono i docenti, solo in Italia continuiamo con questa ossessione del concorso centralizzato. Se qualcosa non funziona, si interviene. Se non si fa così si rimane al palo. Il comparto scuola è fatto di un milione di dipendenti: in Italia non siamo mai riusciti a fare un concorso da 30mila posti l’anno. Passare alle assunzioni dirette da parte delle scuole, permetterebbe di assumere le persone con le competenze che servono. Se queste cose non le facciamo fare alle scuole, non funzioneranno mai. Una delle condanne della scuola è il tempo: una risposta arriva in 10-20 anni, mentre i tempi dell’economia sono di 6 mesi, un anno. Se nel 2043 vogliamo essere la prima scuola del mondo, questo è possible, ma dobbiamo cominciare oggi e diamo ai docenti la possibilità di una carriera che oggi non c’è”.
Se i ragazzi non scelgono di formarsi nel Made in Italy la colpa sarebbe anche di un cattivo orientamento, come spiega Nicola Patrizi: “Prima, quando parlavamo dei problemi di piccole e medie imprese, parlavamo di burocrazia e tasse. Oggi, un problema ancora più grave è la filiera dell’istruzione. I diplomati quest’anno sono stati 520mila, di questi a malapena il 50% ha le competenze di base. Quest’anno sono nate 320mila persone, tra 18 anni i diplomati saranno poco più di 100mila. Il problema di denatalità deve considerare il capitale umano il principale fattore produttivo. Dobbiamo aver cura del capitale umano a partire dalla scuola. C’è troppa dispersione, perdiamo troppi pezzi e, soprattutto, c’è un cattivo orientamento, conseguenza di un problema culturale e di comunicazione che vede i licei come le scuole belle, per i bravi e i tecnici le scuole brutte e lontane dove va chi non ha voglia di fare niente. Dobbiamo fare in modo che alcuni settori siano considerati strategici. Il governo deve prendere coscienza che la riforma della scuola non si fa un anno e che deve esserci continuità”.
“Oggi abbiamo toccato le piaghe di questo sistema – ha concluso Barberis – perché per innovare bisogna riconoscere prima le problematicità, e oggi queste sono emerse, sia da parte delle scuole che da parte delle aziende e della nostra cultura. Voglio fare una domanda: le scuole hanno fondi sulla formazione, ma quanti sono i docenti che fanno la formazione? Per sostenere il Made in Italy dobbiamo incentivare una cultura verso la scuola e la formazione. Questa cultura si sta confrontando sul costo culturale della non formazione. Parlare di Made in Italy come cultura esportabile? Le nuove generazioni devono avere nel proprio Dna un modo di vivere e di pensare diverso. Oggi ci sono i presupposti per farlo, ma siamo all’inizio, dobbiamo andare oltre”.
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