Maestri, ora i licenziamenti

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L’adunanza plenaria del Consiglio di stato ha messo una pietra tombale sul contenzioso

di Marco Nobilio

L’Adunanza plenaria del Consiglio di stato ha vanificato definitivamente le aspettative dei 6.669 docenti, in possesso del diploma magistrale conseguito entro il 2001/2002, che erano stati immessi in ruolo per effetto di pronunce cautelari. Secondo i giudici di palazzo Spada, «il possesso del solo diploma magistrale conseguito entro l’anno scolastico 2001/2002», si legge nelle sentenze 4 e 5 pubblicate il 25 febbraio scorso, «non costituisce titolo sufficiente per l’inserimento nelle graduatorie ad esaurimento del personale docente ed educativo».

Il provvedimento riguarda 1.030 nella scuola dell’infanzia e 5.639 nella scuola primaria: circa i 2/3 delle assunzioni sono state effettuate prima del 2017/2018, in prevalenza nel 2016/2017 e 1/3 riguarda docenti immessi in ruolo nell’anno in corso. Va detto subito che coloro che sono stati immessi con sentenze passate in giudicato (tra i quali non rientrano i 6.669) oppure siano stati immessi in ruolo perché nel frattempo hanno vinto un concorso, non subiranno alcun danno dagli effetti della sentenza.

Il problema riguarda, invece, i docenti che erano rimasti in bilico oppure erano risultati destinatari di sentenze di merito sfavorevoli e che, in applicazione del decreto dignità, erano stati riassunti con supplenze fino al 30 giugno. Palazzo Spada, peraltro, si era già pronunciato nel senso della impossibilità dell’inserimento nelle graduatorie esaurimento dei diplomati magistrali. E quindi sulla conseguente impossibilità di consentire a questi insegnanti di essere assunti a tempo indeterminato senza superare un concorso. La VI sezione del Consiglio di stato, però, aveva riacceso le speranze di questi docenti, chiedendo all’Adunanza plenaria di pronunciarsi nuovamente sulla questione. Anche alla luce delle norme emanate successivamente con il decreto dignità.

Ma l’Adunanza plenaria non ha modificato la sua posizione, interpretando il decreto in senso preclusivo del diritto ad essere immessi in ruolo: «L’art. 1-quinques del dl n. 87 del 2018», spiegano i giudici, «non ha affatto riconosciuto valore abilitante ex se al diploma magistrale, ma ha anzi ribadito la necessità di superare un concorso per accedere ai posti di insegnamento, inserendosi, quindi, nel solco del principio di diritto enunciato dall’Adunanza plenaria n. 11 del 2017 e confermandone la correttezza».

La sentenza della plenaria pone in luce la necessità di rivedere anche l’orientamento assunto dallo stesso Consiglio di stato sugli effetti delle pronunce cautelari. I giudici di palazzo Spada, infatti, sono costanti nel ritenere che gli effetti delle pronunce di accoglimento dei ricorsi cautelari debbano necessariamente avere concreti effetti immediati. Pertanto, mentre prima di questo orientamento i precari che vincevano i ricorsi cautelari venivano semplicemente inseriti nelle graduatorie per le assunzioni con riserva, adesso tale inserimento comporta anche l’obbligo di assumerli scorrendo le graduatorie. Nei contratti, però, viene inserita una clausola risolutiva espressa, che prevede espressamente il licenziamento qualora nella fase di merito il docente interessato perda la causa.

Il nuovo orientamento ha determinato un forte incremento del contenzioso seriale, con forti aggravi per l’erario. E a ciò va aggiunto anche il problema dello scavalcamento in graduatoria di docenti inseriti a pieno titolo nelle stesse graduatorie. Che talvolta hanno dovuto attendere l’anno successivo per ottenere l’immissione in ruolo.

Salve le sentenze passate in giudicato, la pronuncia dell’Adunanza avrà effetti diretti sui giudizi ancora in corso. Perché la funzione di tale organo è quella di orientare la giurisprudenza (cosiddetta funzione nomofilattica). Quanto alla distribuzione geografica dei docenti licenziati o da licenziare, è il Nord che presenta la maggiore concentrazione. Perché in quest’area del paese le graduatorie a esaurimento sono spesso già esaurite.

Nel Settentrione, infatti, sono stati immessi in ruolo per effetto di pronunce cautelari 499 docenti di scuola dell’infanzia e 4.970 docenti di scuola primaria, per un totale di 5.469 immissioni in ruolo da annullare: l’82% del totale. Al centro le immissioni in ruolo nell’infanzia sono state 362 e nella primaria 492 per un totale di 854 assunti a tempo indeterminato, sempre con clausola risolutiva: il 12,8% del totale. Fanalino di coda il Sud, dove le graduatorie recano ancora in gran parte precari storici con molti punti. Nel meridione, infatti, le immissioni nell’infanzia sono state 169 e nella primaria 177, in tutto 346: il 5,2% del totale. Per avere un’idea del fenomeno basti pensare che in Lombardia nella scuola primaria sono state effettuate 2.434 immissioni in ruolo con condizione risolutiva e in Sicilia soltanto una.

da Italia Oggi

Pietro Guerra

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