Mai vergognarsi dei padri  ma riconoscere  la scelta giusta

Mai vergognarsi dei padri  ma riconoscere  la scelta giusta

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MARTEDÌ 17 MAGGIO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo

sono rimasto amareggiato dalla sua laconica conclusione della lettera sugli alpini: «e poi ci furono quelli della Monterosa …». Quelli della Monterosa, considerati da sempre come alpini di serie B. Ragazzi che hanno rischiato la pelle, che sono morti anche loro, per un ideale, per il giuramento dato al loro Paese, alla Patria, con quell’entusiasmo senza ragioni che solo i ventenni hanno «dentro». Hanno sbagliato? La storia , oggi, dice di sì ma quello che è sicuro, non in malafede. Se oggi, Claviere, Sestriere , sono italiane, lo dobbiamo alla Monterosa, a mio padre che lì, a 2-3000 metri, ha difeso i confini italiani (non i confini fascisti) anche, oltre il 25 aprile ‘45 .

Arturo Calcaterra, figlio di Edoardo Dado e nipote di Carlo, fondatore dell’Ana

Caro Arturo,

Parlando della Resistenza degli alpini, mi pareva giusto citare anche altri alpini, che fecero — o furono obbligati a fare — la scelta sbagliata. Perché questo dovrebbe amareggiarla? Non è in discussione la loro buona fede. I bandi Graziani chiamarono alle armi tutti i giovani italiani. Molti andarono convinti. Molti andarono per paura: l’alternativa era essere fucilati. Molti si nascosero. Molti disobbedirono e si unirono alla Resistenza. Ho scritto un libro con Vittorio Messori, in cui Vittorio parla del padre, alpino della Monterosa, e scrive: «Mai ho pensato di stimarlo meno per questo». Credo che nessuno di noi debba provare vergogna per le scelte dei propri padri e dei propri nonni (tranne i casi limite dei criminali, che purtroppo ci furono). Erano nati e cresciuti sotto il fascismo, non sempre furono messi nelle condizioni di scegliere liberamente. L’importante è rendersi conto ora che combattere per Hitler e Mussolini anche dopo l’8 settembre fu una scelta sbagliata. Molti non sono disposti a riconoscerlo. (Per quanto riguarda i confini occidentali: se a differenza di quelli orientali sono rimasti quasi intatti, tranne la dolorosa perdita di Tenda e Briga, è perché gli Alleati fermarono de Gaulle, che intendeva annettersi la Valle d’Aosta. Quindi, mi perdoni, ma storicamente il merito è forse più dei resistenti che della Monterosa. Va ricordato però che in qualche raro frangente partigiani e truppe della Repubblica sociale si mossero di concerto per salvare l’italianità di quelle montagne).

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

L’ingiustizia

«Vivo nella paura, il mio è un doppio incubo»

Sono una libera professionista. Capisco la donna che teme di essere la prossima vittima di femminicidio. La mia storia è diversa, perché ogni storia di violenza domestica è diversa. Ma c’è sempre il disvelamento, il gaslighting, la goccia cinese, le sottrazioni, tante violenze invisibili che non vedi fin quando, se sei fortunata, a un certo punto te ne accorgi. E se sei fortunata ne vuoi uscire. E lì comincia un altro incubo. Non solo la violenza non finisce, ma diventa esponenziale. Non solo devi occuparti di capire come ci sei cascata, non solo tutto il resto della vita non si ferma e tante volte non ce la fai (più) a starle dietro, non solo, spesso, sei sola: o perché lui è riuscito a isolarti, o perché chi ti è vicino non capisce. Nella migliore delle ipotesi in questo doppio incubo la tua vita (certo, è vita perché non sei morta) è comunque stracciata, e il costo, il prezzo, necessario a riscriverne una che ti somigli è altissimo e non arrivi a sostenerlo. Così passano gli anni. Mi unisco all’appello del medico che ha scritto circa la necessità che venga fatta rispettare la legge sul codice rosso, e, prima ancora, circa la necessità che quantomeno tutti coloro che sono deputati a dare il «primo Aiuto/Soccorso» siano formati . E aggiungo: quando non si muore per mano del carnefice, si può morire di altro: delle conseguenze causalmente derivanti dall’aver incontrato il carnefice. E, se non si muore (subito), la vita è, per anni permeata dalla paura, difficile da mantenere sui propri binari, difficile da gestire. A queste donne, quelle che hanno detto basta, andrebbe garantita una semplificazione della propria quotidianità, soprattutto quando, in mezzo, ci sono figli. Il mio ex è vivo, vegeto e molto presente. (n.m.)

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

Invia il CV

MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

Invia l’offerta

GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

Invia la lettera

DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

Invia il racconto

LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-05-16 21:22:00,

MARTEDÌ 17 MAGGIO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo

sono rimasto amareggiato dalla sua laconica conclusione della lettera sugli alpini: «e poi ci furono quelli della Monterosa …». Quelli della Monterosa, considerati da sempre come alpini di serie B. Ragazzi che hanno rischiato la pelle, che sono morti anche loro, per un ideale, per il giuramento dato al loro Paese, alla Patria, con quell’entusiasmo senza ragioni che solo i ventenni hanno «dentro». Hanno sbagliato? La storia , oggi, dice di sì ma quello che è sicuro, non in malafede. Se oggi, Claviere, Sestriere , sono italiane, lo dobbiamo alla Monterosa, a mio padre che lì, a 2-3000 metri, ha difeso i confini italiani (non i confini fascisti) anche, oltre il 25 aprile ‘45 .

Arturo Calcaterra, figlio di Edoardo Dado e nipote di Carlo, fondatore dell’Ana

Caro Arturo,

Parlando della Resistenza degli alpini, mi pareva giusto citare anche altri alpini, che fecero — o furono obbligati a fare — la scelta sbagliata. Perché questo dovrebbe amareggiarla? Non è in discussione la loro buona fede. I bandi Graziani chiamarono alle armi tutti i giovani italiani. Molti andarono convinti. Molti andarono per paura: l’alternativa era essere fucilati. Molti si nascosero. Molti disobbedirono e si unirono alla Resistenza. Ho scritto un libro con Vittorio Messori, in cui Vittorio parla del padre, alpino della Monterosa, e scrive: «Mai ho pensato di stimarlo meno per questo». Credo che nessuno di noi debba provare vergogna per le scelte dei propri padri e dei propri nonni (tranne i casi limite dei criminali, che purtroppo ci furono). Erano nati e cresciuti sotto il fascismo, non sempre furono messi nelle condizioni di scegliere liberamente. L’importante è rendersi conto ora che combattere per Hitler e Mussolini anche dopo l’8 settembre fu una scelta sbagliata. Molti non sono disposti a riconoscerlo. (Per quanto riguarda i confini occidentali: se a differenza di quelli orientali sono rimasti quasi intatti, tranne la dolorosa perdita di Tenda e Briga, è perché gli Alleati fermarono de Gaulle, che intendeva annettersi la Valle d’Aosta. Quindi, mi perdoni, ma storicamente il merito è forse più dei resistenti che della Monterosa. Va ricordato però che in qualche raro frangente partigiani e truppe della Repubblica sociale si mossero di concerto per salvare l’italianità di quelle montagne).

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L’ingiustizia

«Vivo nella paura, il mio è un doppio incubo»

Sono una libera professionista. Capisco la donna che teme di essere la prossima vittima di femminicidio. La mia storia è diversa, perché ogni storia di violenza domestica è diversa. Ma c’è sempre il disvelamento, il gaslighting, la goccia cinese, le sottrazioni, tante violenze invisibili che non vedi fin quando, se sei fortunata, a un certo punto te ne accorgi. E se sei fortunata ne vuoi uscire. E lì comincia un altro incubo. Non solo la violenza non finisce, ma diventa esponenziale. Non solo devi occuparti di capire come ci sei cascata, non solo tutto il resto della vita non si ferma e tante volte non ce la fai (più) a starle dietro, non solo, spesso, sei sola: o perché lui è riuscito a isolarti, o perché chi ti è vicino non capisce. Nella migliore delle ipotesi in questo doppio incubo la tua vita (certo, è vita perché non sei morta) è comunque stracciata, e il costo, il prezzo, necessario a riscriverne una che ti somigli è altissimo e non arrivi a sostenerlo. Così passano gli anni. Mi unisco all’appello del medico che ha scritto circa la necessità che venga fatta rispettare la legge sul codice rosso, e, prima ancora, circa la necessità che quantomeno tutti coloro che sono deputati a dare il «primo Aiuto/Soccorso» siano formati . E aggiungo: quando non si muore per mano del carnefice, si può morire di altro: delle conseguenze causalmente derivanti dall’aver incontrato il carnefice. E, se non si muore (subito), la vita è, per anni permeata dalla paura, difficile da mantenere sui propri binari, difficile da gestire. A queste donne, quelle che hanno detto basta, andrebbe garantita una semplificazione della propria quotidianità, soprattutto quando, in mezzo, ci sono figli. Il mio ex è vivo, vegeto e molto presente. (n.m.)

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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VENERDI -L’AMORE

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SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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LA FOTO DEL LETTORE

Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, Aldo Cazzullo

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