Maks Levin, morto per fotografare la guerra: «Esecuzione dei russi, due colpi da vicino»

Maks Levin, morto per fotografare la guerra: «Esecuzione dei russi, due colpi da vicino»

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di Andrea NicastroIl fotoreporter ucraino è stato trovato in un villaggio vicino a Kiev. Era scomparso il 13 marzo mentre documentava gli scontri: lascia la moglie e quattro figli. Aveva lavorato per Bbc, Ap e Reuters DAL NOSTRO INVIATO ZAPORIZHZHIA — L’hanno ucciso con due colpi di piccolo calibro, mentre aveva ancora indosso il suo giubbino antiproiettile con la scritta «Press» in evidenza. Se ha ragione il procuratore ucraino, che ha aperto un’inchiesta, la morte del fotoreporter e documentarista ucraino Maksim Levin non è stata un incidente di guerra, ma una esecuzione. La polizia di Kiev ha ritrovato il suo corpo venerdì dopo due settimane che era stato dato per disperso. Era nelle aree attorno alla capitale abbandonate nei giorni scorsi dalle truppe di Putin per la «drastica riduzione delle attività militari» annunciata al tavolo negoziale di Istanbul. Il 13 marzo Levin era andato nel villaggio di Huta Mezhyhirska, distretto di Vyshhorod, a nord di Kiev. E rano i giorni del massimo sforzo russo per rompere le difese della città e conquistare i palazzi del potere. I bombardamenti erano intensi e continui per cui quando Levin ha smesso di inviare foto alle redazioni, si è subito pensato potesse essere caduto vittima di una scheggia. Il fotoreporter lavorava assieme a Oleksiy Chernyshov, militare e, a sua volta, fotografo. Di lui al momento ancora nessuna traccia. I due formavano una coppia estremamente esperta, ma neanche questo li ha tenuti al riparo. L’ex militare Chernyshov, come Levin, non ha dato più segni di sé dal 13 Marzo. L’associazione Reporter Senza Frontiere ha scritto che Levin era disarmato e indossava il giubbino antiproiettile. Levin era tra i fotografi più conosciuti dell’Ucraina, lavorava anche per Reuters, Ap, Bbc e altre testate internazionali. Pensando alla bimba vietnamita ritratta da Huynh Cong «Nick» Ut mentre corre nuda in fuga dal napalm americano, Levin diceva «ogni fotografo ucraino vuole scattare l’immagine che fermerà la guerra». Per lui «guerra» significava Donbass: non immaginava che lo scontro potesse allargarsi tanto. Innumerevoli i suoi servizi e i documentari dal fronte meridionale dove le forze regolari ucraine hanno continuato a scontrarsi in questi ultimi 8 anni con i ribelli indipendentisti filorussi che ora Mosca adopera come giustificazione per l’invasione. La Procura Generale Di Kiev ha rilasciato una prima dichiarazione molto chiara. «Il fotoreporter e stato ucciso da soldati delle forze armate russe con due proiettili esplosi da armi di piccolo calibro». Non sono ancora note le prove a sostegno dell’accusa. «Prendere di mira i giornalisti è un crimine di guerra» ha ricordato Reporter senza frontiere da Parigi eppure, sono già sei i cronisti uccisi dal 24 febbraio. Uno a settimana. Anche altri erano stati colpiti a nord di Kiev. Alcuni da schegge, altri da cecchini, ma il caso di Levin, eliminato a freddo, appare unico. Livin aveva 40 anni ed era padre di quattro bambini. «Maks ha offerto sin dal 2013 all’agenzia Reuters foto e video di grande qualità — ha dichiarato John Pullman, visual global editor dell’agenzia —. La sua morte è un’enorme perdita per il mondo del giornalismo». 2 aprile 2022 (modifica il 2 aprile 2022 | 23:13) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-02 21:13:00, Il fotoreporter ucraino è stato trovato in un villaggio vicino a Kiev. Era scomparso il 13 marzo mentre documentava gli scontri: lascia la moglie e quattro figli. Aveva lavorato per Bbc, Ap e Reuters, Andrea Nicastro

Pietro Guerra

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