Si può condannare una maestra a quasi due mesi di reclusione per avere sgridato dei bambini di quinta elementare che, dopo avere imbrattato le pareti dei bagni con le loro feci, avevano ignorato i rimbrotti della bidella con sovrano menefreghismo?
Non riesco più nemmeno ad avercela coi genitori che hanno sporto denuncia.
Ormai tutto quello che si poteva dire sul rimbambimento narcisistico della categoria è stato detto: basta che un figlio racconti di essere stato vittima di un sopruso perché certi padri e certe madri prendano per buona la sua versione e si scaglino contro l’educatore esterno che ha cercato di supplire alle loro carenze. Come se la condanna dell’insegnante servisse ad assolverli.
Sospendo il commento sul tribunale di Parma, anche se i polpastrelli mi prudono sulla tastiera (persino il PM aveva chiesto il proscioglimento). Me la prendo invece con il ministero dell’Istruzione che non ha sentito il dovere di contro-denunciare quei genitori per «culpa in educando».
Ammettiamo pure che, nella sua ramanzina, la maestra abbia usato toni troppo vivaci. Resta l’atteggiamento dei piccoli vandali. E queste sono cose che non si improvvisano. Richiedono un lungo allenamento casalingo e sparring-partner adulti che addestrino a coniugare vittimismo e strafottenza. Dopo una decisione come questa, quale insegnante oserà ancora alzare la voce davanti alle malefatte dei suoi allievi? Trangugerà il rimprovero per quieto vivere e si andrà avanti così, maleducati e contenti.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui.
Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale.
7 aprile 2022, 06:35 – modifica il 7 aprile 2022 | 06:43
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, 2022-04-07 04:44:00,
Si può condannare una maestra a quasi due mesi di reclusione per avere sgridato dei bambini di quinta elementare che, dopo avere imbrattato le pareti dei bagni con le loro feci, avevano ignorato i rimbrotti della bidella con sovrano menefreghismo?
Non riesco più nemmeno ad avercela coi genitori che hanno sporto denuncia.
Ormai tutto quello che si poteva dire sul rimbambimento narcisistico della categoria è stato detto: basta che un figlio racconti di essere stato vittima di un sopruso perché certi padri e certe madri prendano per buona la sua versione e si scaglino contro l’educatore esterno che ha cercato di supplire alle loro carenze. Come se la condanna dell’insegnante servisse ad assolverli.
Sospendo il commento sul tribunale di Parma, anche se i polpastrelli mi prudono sulla tastiera (persino il PM aveva chiesto il proscioglimento). Me la prendo invece con il ministero dell’Istruzione che non ha sentito il dovere di contro-denunciare quei genitori per «culpa in educando».
Ammettiamo pure che, nella sua ramanzina, la maestra abbia usato toni troppo vivaci. Resta l’atteggiamento dei piccoli vandali. E queste sono cose che non si improvvisano. Richiedono un lungo allenamento casalingo e sparring-partner adulti che addestrino a coniugare vittimismo e strafottenza. Dopo una decisione come questa, quale insegnante oserà ancora alzare la voce davanti alle malefatte dei suoi allievi? Trangugerà il rimprovero per quieto vivere e si andrà avanti così, maleducati e contenti.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui.
Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale.
7 aprile 2022, 06:35 – modifica il 7 aprile 2022 | 06:43
© RIPRODUZIONE RISERVATA
, Massimo Gramellini