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Nelle celeberrime “chat delle mamme”, diventate ormai più democraticamente “chat dei genitori”, il tema dei compiti pomeridiani è il vero cruccio, in alcuni casi direi ossessivo, che preoccupa e sconvolge tutti i partecipanti. I compiti sono spesso visti come l’angosciante prosecuzione domestica degli impegni scolastici e alimentano questa dimensione di stress sotto vari aspetti: organizzativo (“con tutte le cose che dobbiamo fare, pure i compiti ora”), pseudo pedagogico (“con otto ore di scuole non avranno diritto ad un po’ di riposo questi poveri bambini?) prestorico (“ai miei tempi mica si davano tutti questi compiti ed abbiamo imparato comunque…”). Insomma, le difese si alzano, i muri si erigono, i ponti tra scuola e famiglia crollano quando l’oggetto della tenzone diventano i compiti a casa. Ma qual è il vero motivo di tanta ansia?
Crediamo che il problema di fondo sia duplice. Da un lato molti genitori faticano a seguire i figli nelle attività didattiche, sia per mancanza di tempo che, dobbiamo dirlo, di competenze. Il fatto di aver appreso le divisioni a due cifre circa trent’anni prima non ci rende, tranne che in limitati casi, competenti nel saperle fare e soprattutto nell’insegnarle ai nostri amati pargoli. Il foglio a quadretti, con le operazioni forse ci riporta quando nel banchetto di scuola andavamo noi e non sempre i risultati erano brillanti. Davanti al nostro limite, all’incapacità di accudire come vorremmo i figli, andiamo in ansia, solo che invece che riconoscerla ed affrontarla ci diamo alibi socialmente accettabili e quindi via di questioni organizzative, pseudo pedagogiche o prestoriche.
In queste ore è diventato virale il video della mamma che, su TikTok, offende ed insulta i docenti perché, presa da una vera e propria botta d’ansia, non riesce ad accudire il figlio piangente davanti ai compiti, ma probabilmente non riesce neanche a calmare la sua bambina interiore che inconsolabile, le chiede aiuto per ripetere la tabellina dell’otto.
Guarda il video
Le chat di classe. pic.twitter.com/suDHKfiG6C
— federico ferrazza (@ferrazza) March 14, 2023
Se appare evidente che i toni, gli insulti e le modalità comunicative sono del tutto inadeguate e deprecabili, non possiamo non prendere atto che il vero tema della questione è attuale e scottante: perché questo bisogno, sin dalla scuola primaria di dare questi temibili compiti pomeridiani o, nei casi migliori, settimanali? Su questo punto i docenti si dividono: c’è chi non ritiene inopportuno dare i compiti durante la settimana, ma lo fa nei week end, chi non li da mai, ma solo durante le vacanze estive o invernali, chi invece li dà sempre. Il punto però è un alto: a cosa servono i compiti? Sono utili, soprattutto nei casi di famiglie incapaci di seguire i propri figli come vorrebbero?
Come tutelare i bambini che non hanno la possibilità di essere seguiti come meriterebbero? Sappiamo che oggi la scuola non riesce a limitare le diseguaglianze: oggi chi entra con minori supporti avrà, domani, risultati inferiori a chi invece è più seguito. Si ripresenta il dilemma di Gianni e Pierino, che Don Milani oltre mezzo secolo fa già ci sbatteva in faccia, relativo al fatto che la scuola di ieri, ma ahimè anche quella di oggi, era e rimane classista.
Cosa fare per migliorare tutto questo? Le risposte sono complesse e sicuramente non su un unico piano, ma se dovessimo scegliere una parola slogan potremmo suggerire “personalizzare”. Bisogna personalizzare la didattica, cioè smettere di fare parti uguali tra diseguali, perché è “la principale delle ingiustizie” (citiamo ancora il faro del Priore di Barbiana), personalizzare le strategie di insegnamento, aiutare gli studenti a comprendere come imparano, dando di più a chi ha maggiormente bisogno. La strada dell’uniformità, della stessa mole di compiti o degli stessi contenuti uguali per tutti, caratteristica della scuola del millennio scorso, appare superata, frustrante e foriera di complicazioni ne rapporti scuola e famiglia ma, soprattutto, poco utile.
Smettere di dare compiti uguali per tutti, superflui per qualcuno, difficilissimi per qualcun altro, partire dai livelli di competenze e non dai limiti, incoraggiare strategie collaborative e lavori di gruppo sono suggerimenti concreti che in classe alimentano la fiducia e il senso di efficacia, sia negli alunni che, diciamolo, anche nei preoccupati genitori che affollano con la loro ansia le chat e social. Il vero problema però è: siamo pronti a tutto questo, a una scuola veramente su misura, a una diversificazione quotidiana della didattica?
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