di Claudio BozzaLe parole del sindaco di Milano sul cambiamento dell’ex capo politico dei Cinque Stelle. La rottura M5S e le ricadute al centro: altri addii a Coraggio Italia. Carfagna: la scissione un bene «Guardo con attenzione a Luigi Di Maio». Poi Beppe Sala precisa: «Come guardo con attenzione ad altri». Però ieri, parlando a Verona, il sindaco di Milano non ha certo nascosto il suo interesse verso il cantiere — che qualcuno chiama dell’«area Draghi», qualcun altro del «grande centro» — inaugurato con l’uscita del ministro degli Esteri dai 5 Stelle. Citato in tutti i retroscena politici come uno dei suoi principali interlocutori, Sala chiarisce che «non ho piani elaborati con Di Maio», ma ammette: «Tra i giovani politici è uno che è cresciuto, ha fatto il suo percorso, lo guardo con attenzione. Bisogna giudicare le persone non solo dal passato ma anche dal potenziale: ha fatto degli errori? Ma quanti ne ho fatti io…». Sulla collocazione di questo contenitore Sala ha le idee chiare: «Tutti parlano del centro, ma io non so esattamente cosa voglia dire. Credo che noi non possiamo stare con una certa destra. Se ti metti al centro, poi con chi governi? Devi fare delle scelte e la nostra deve essere quella di stare chiaramente in un ambito». Gli aspiranti leaderE se lo stesso Sala è stato spesso accreditato come uno dei possibili — futuri — leader di quest’area, il problema è che nell’«area Draghi per il dopo Draghi» di aspiranti leader — presenti — se ne contano già una sfilza. Almeno sei: Luigi Di Maio, Carlo Calenda, Matteo Renzi, Giovanni Toti, Mara Carfagna, Luigi Brugnaro. E riuscire a individuarlo sarà un vero rompicapo. Perché sul tavolo ci sono profonde incompatibilità (politiche ma soprattutto caratteriali), a cominciare da quella tra Matteo Renzi e Carlo Calenda, d’accordo forse solo su Di Maio: inviso a entrambi. L’operazione «grande centro» ha però discrete possibilità di successo, perché tutte le piccole formazioni in ballo hanno un granitico obiettivo comune: non sparire alle prossime Politiche. E per centrare questo traguardo, tra l’attuale legge elettorale e con 345 posti in meno in Parlamento, l’aggregazione dovrà essere più ampia possibile, sindaci in testa. Servono i votiPunto primo: servono voti. Ma chi tra questi sei aspiranti leader li ha davvero? Perché dopo ogni scissione, arriva immancabilmente la prova del nove delle urne, quando poi molti sono scomparsi. Di Maio, almeno a giudicare le sue prime mosse, sembra aver ben capito i gravi rischi. Per questo ha deciso che Insieme per il futuro non sarà un partito e non avrà un simbolo, anzi sarà un «contenitore temporaneo» per unire più anime moderate. Lo strappo dei 61 parlamentari ex M5S è una operazione prettamente parlamentare. Ora resta da capire, Di Maio a parte, che nel suo collegio campano è sempre andato fortissimo, quali saranno gli altri «scissionisti» in grado di portare voti veri. Incognita non da poco: molti sono pressoché sconosciuti. Il giudizio di CarfagnaMara Carfagna, ministra per il Sud, spirito critico di Forza Italia, è l’unica donna tra i sei possibili leader, il che, oltre all’esperienza acquisita nei palazzi romani in quattro legislature, potrebbe favorire la sua possibile incoronazione come guida dei moderati. I voti? Carfagna, campana, è forte al Sud, bacino che quasi sempre ha deciso l’esito delle elezioni. «Tutti gli occhi sono puntati su di me dopo la scissione nel M5S? — riflette —. Sto alla realtà e non azzardo previsioni, guardo a quanto accaduto. Di Maio ha deciso di consumare uno strappo molto coraggioso». Ma soprattutto: «Giudico questa scissione un bene, perché una parte del M5S ha dato vita a un processo di maturazione che li ha portati a prendere le distanze dalle posizioni estremiste dannose per l’Italia». Il ruolo di CalendaNella costruzione dell’«area Draghi», un azionista di maggioranza potrebbe essere Carlo Calenda. Azione, federato a +Europa, nei sondaggi veleggia tra il 4-5%. L’ex ministro, già alle ultime due tornate amministrative, ha tentato di fare da «capo cantiere» per aggregare più forze moderate. L’incognita di Calenda, noto per il carattere fumantino, al momento è ancorata alla totale incompatibilità con i profili di Renzi e Di Maio, anche se dietro le quinte qualcosa si muove. Il fronte più spinoso per unire, forse, è quello di Matteo Renzi. Oggi Italia viva nei sondaggi oscilla tra il 2 e il 3%. Così, anche per il forte pericolo di sparire alle Politiche, una personalità con forte ego politico come l’ex premier ha aperto al dialogo con altre forze, premettendo di essere anche disposto a fare un passo indietro. L’alleanza più fisiologica sarebbe tra renziani e il movimento del governatore ligure Giovanni Toti, che però ha già visto naufragare l’operazione con Coraggio Italia per unire anime, come quella di Luigi Brugnaro, che si sono poi rivelate del tutto incompatibili, tanto che il sindaco di Venezia ha proseguito da solo. Ma ieri 7 parlamentari (a cui se ne potrebbero aggiungere altri 4) hanno lasciato Coraggio Italia per una nuova formazione, Vinciamo Italia. Della litigiosità dell’area si è accorto, poi, un esperto dell’area come Clemente Mastella: «Il Centro se unito vale quasi il 20% ma purtroppo gli egoismi di alcuni frenano un progetto molto ambizioso». Il lavorìo di NardellaNon è solo Sala, tra i sindaci, un interlocutore di Di Maio. Anche il primo cittadino di Firenze Dario Nardella, da esterno, sta lavorando per favorire l’alleanza con il Pd: «Serve un Ulivo 2.0, depurato da egoismi e protagonisti che affossarono quell’esperienza — spiega al Corriere —. È inutile girarci attorno: con questa legge elettorale siamo obbligata a costruire un’ampia alleanza per battere la destra». Una visione, quella dell’asse con Di Maio, che però registra anche dissensi rilevanti, come quello del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori. 23 giugno 2022 (modifica il 23 giugno 2022 | 22:46) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-23 20:46:00, Le parole del sindaco di Milano sul cambiamento dell’ex capo politico dei Cinque Stelle. La rottura M5S e le ricadute al centro: altri addii a Coraggio Italia. Carfagna: la scissione un bene, Claudio Bozza