la storia
di Bianca Carretto24 lug 2022
Sergio Marchionne
Sergio Marchionne, il 17 giugno scorso, avrebbe compiuto 70 anni. I ricordi sono alleati, riscrivono la storia, hanno la potenza travolgente di riproporre uno sguardo sul passato anche se a volte si trasformano in invisibili lividi nell’anima.
Ho in una cassetta di sicurezza la trascrizione dei suoi WhatsApp, dei suoi messaggi, delle sue mail, delle sue confidenze aziendali e personali che hanno cimentato la nostra amicizia, le terrò in un angolo oscuro e segreto.
Ma forse alcune rivelazioni è ora che non siano più celate.
Il 26 giugno 2018
— quattro anni fa — a Roma, fu la sua ultima uscita pubblica, per me la vera ricorrenza della sua morte, avvenuta il 25 luglio 2018. Quel giorno il ceo di Fiat Chrysler Automobiles doveva consegnare al Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri una Jeep Wrangler, un momento di serenità; al contrario, ho ancora presente la visione nitida del suo avanzare sofferente, circondato da una moltitudine di uomini vestiti di nero che parevano un plotone di esecuzione mentre accompagnava il condannato.
C’era un leggìo, sistemato sotto i pini del Pincio, che si trasformò in un improvvisato confessionale di cui non si intravedeva la grata anche se iniziammo a parlare sottovoce, come se gli alberi avessero le orecchie. Noi due soli, aveva allontanato i suoi collaboratori presenti all’evento, dietro di lui; per sostenerlo Davide Barca che, per anni, tutelava non solo la sua integrità fisica ma anche la sua privacy, con un affetto filiale.
Marchionne non sopportava di far intravedere la sua debolezza, anche se era sotto gli occhi di tutti; la sua voce, affaticata, mi chiedeva di aiutarlo a nascondere la sua fragilità fisica e, nello stesso tempo, mi affidava i suoi pensieri più tormentati, come volesse liberarsi.
«Quando ho liquidato Montezemolo dalla Ferrari, eravamo a Cernobbio, sappi che mi vergognavo come un ladro, ma fui costretto a farlo, lui non meritava di essere cacciato in quel modo». E posso affermare che era profondamente sincero.
Gli chiedevo di recuperare le forze, di stare in silenzio, ma sentiva il tempo trascorrere veloce e continuava a parlare: «Mi brucia di non aver concluso nessuna alleanza con General Motors ma non farò mai un accordo con i francesi di Psa, andremo avanti da soli, saremo all’altezza dei nostri concorrenti. Ho il dovere di proteggere gli stabilimenti, i nostri dipendenti, non andremo mai via dall’Italia, l’Alfa Romeo tornerà grande».
Marchionne aveva dimostrato con i fatti di aver riportato la Fiat — presa in stato fallimentare, anche se ora pare che tutti lo abbiano dimenticato — ad essere una multinazionale che si poggiava sulle due sponde dell’Atlantico; ansimando, continuava a ripetere: «Per finire il mio piano devo arrivare a marzo 2019, vedrai che verranno riconosciuti i miei diritti». Per quella che può apparire una vera beffa maligna del destino, Fca e Psa, nell’ottobre del 2019, annunciarono il progetto da cui è nata Stellantis, esattamente contro la sua volontà.
A quel punto pareva essersi, in parte, rinfrancato, il suo respiro era più regolare, dovevamo salutarci, con la chiarezza che aveva sempre distinto il nostro rapporto, diretto e sincero, sapevamo entrambi che non ci saremmo mai più rivisti.
L’emozione aveva preso il sopravvento sulla ragione: «Io ci sarò sempre… E poi, dopo di me ci sarà Alfredo». Altavilla si era tenuto, per quella mezz’ora, a pochi metri, pronto a intervenire, in ansia per quel capo burbero e prepotente, a cui voleva molto bene.
Era lui il delfino destinato, ma anche questa decisione è stata disattesa.
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, 2022-07-24 21:07:00, Sergio Marchionne è morto 4 anni fa. Nella sua ultima uscita, quando già la malattia lo indeboliva, rivelò le sue ultime linee strategiche: parlò di alleanze, manager che avrebbero potuto prendere il suo posto, Ferrari e Alfa Romeo, Bianca Carretto