L’ufficio antifrode europeo contro la leader del partito di ultradestra che con altri tre membri del suo partito avrebbe utilizzato indebitamente soldi pubblici dell’Unione
Marine Le Pen, suo padre Jean-Marie e altri esponenti del partito sono accusati di avere utilizzato a fini indebiti denaro del Parlamento europeo nel quadro dei loro mandati di eurodeputati. Il giornale online Mediapart ha rivelato un rapporto dell’Olaf (Ufficio europeo di lotta antifrode) che evoca oltre 600 mila euro di malversazioni.
La procura di Parigi segue il dossier e il Parlamento europeo nei prossimi giorni comincerà le pratiche per recuperare i soldi. Nel rapporto, che analizza l’uso dei soldi europei da parte del Front-Rassemblement national nell’arco di molti anni, viene per esempio riportata una scena del 2010, quando Marine Le Pen organizzò una riunione su «Le regioni e l’Europa di fronte alla crisi finanziaria» chiedendo 5000 euro di rimborso spese per l’albergo e la trasferta di 13 dirigenti del partito. Uno di questi però ha informato l’Olaf che in realtà quella riunione non riguardava affatto l’Europa ma l’elezione del nuovo presidente del partito.
Marine Le Pen, secondo il rapporto, avrebbe appeso una bandiera europea il tempo di fare una foto da inviare agli uffici del Parlamento, per giustificare il rimborso spese.
Un altro episodio è quello contestato a suo padre Jean-Marie Le Pen, che il 28 dicembre 2016 ordinò 129 bottiglie di vino e champagne per quasi 9000 euro mandando la fattura al Parlamento europeo, anche se 113 di quelle bottiglie vennero consegnate nella sua dimora di Montretout, senza alcun rapporto con le attività di europarlamentare.
Le spese contestate sono un nuovo capitolo nel tormentato rapporto della famiglia Le Pen con le istituzioni europee, da un lato criticate e indicate come il nemico da abbattere, dall’altro piegate ai propri fini in modi talvolta contestati dalle autorità.
La candidata di estrema destra, che domenica prossima contenderà a Emmanuel Macron la presidenza della Repubblica nel secondo turno della corsa all’Eliseo, è indagata dal 2017 per il sospetto di avere fatto pagare al Parlamento europeo degli assistenti che in realtà lavorano per lei in seno al partito , senza alcun rapporto con le sue attività di eurodeputata. Come lei sono indagati per le stesse ragioni 28 esponenti attuali o passati del partito, compreso suo padre Jean-Marie. L’inchiesta si è chiusa a febbraio, i magistrati decideranno presto se chiedere o meno il rinvio a giudizio.
Se fosse Marine Le Pen a vincere l’elezione, godrebbe dell’immunità presidenziale nell’arco del suo mandato. Gli altri indagati invece potrebbero essere sottoposti a processo.
L’entourage della candidata reagisce con sdegno alle nuove accuse. Il suo avvocato Rodolphe Bosselut denuncia il «timing» sospetto, a pochi giorni dal voto, e sottolinea che si tratta di questioni che risalgono a più di 10 anni fa. Uno dei consiglieri speciali di Marine Le Pen, Philippe Olivier, dice che «un Paese in cui il potere cerca di criminalizzare gli oppositori ricorrendo a macchinazioni grossolane si chiama una dittatura».
Benché i fatti contestati non migliorino certo l’immagine di Marine Le Pen, è probabile che non avranno un’enorme incidenza sul voto, anche perché vengono percepiti come il nuovo capitolo di un antico contenzioso tra Le Pen e le istituzioni europee. La leader dell’estrema destra è finora riuscita con abilità a creare una certa confusione tra la sua lotta politica contro le istituzioni europee e l’uso disinvolto dei finanziamenti che quelle stesse istituzioni le concedono. Secondo uno degli ultimi sondaggi (Ipsos), la settimana decisiva della corsa all’Eliseo comincia con un Macron saldamente al comando (55%) davanti alla rivale Marine Le Pen (45%), che ha a sua disposizione il duello tv di mercoledì per tentare di ribaltare la situazione.
18 aprile 2022 (modifica il 18 aprile 2022 | 14:12)
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, 2022-04-18 13:59:00, L’ufficio antifrode europeo contro la leader del partito di ultradestra che con altri tre membri del suo partito avrebbe utilizzato indebitamente soldi pubblici dell’Unione, Stefano Montefiori da Parigi