Il Mart compie vent’anni

Il Mart compie vent’anni

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di STEFANO BUCCI

Nella sua sede di Rovereto (Trento) il museo festeggia con una mostra che lega Giotto al Novecento. Il presidente Vittorio Sgarbi: una collezione universale

Se vero che siamo fatti della stessa materia dei sogni, il sogno del Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto che l’11 dicembre festeggia ufficialmente i suoi primi vent’anni (ma la data esatta sarebbe il 15 dicembre), fatto del vetro e dell’acciaio che danno vita alla sua grande cupola: 25 metri di altezza e 40 metri di diametro, esattamente come il Pantheon. La struttura sovrasta la piazza circolare di accesso al museo, edificato nella pietra gialla di Vicenza scelta da Mario Botta, autore del progetto architettonico, un rivestimento in omaggio al Palazzo del Grano e agli altri edifici storici di corso Bettini sui quali a Rovereto s’affaccia il Mart.

Oltre 3 milioni di visitatori dal 2003, 20 mila opere in collezione, quattro sedi (l’edificio di Botta e la Casa d’arte futurista Depero a Rovereto, la Galleria civica e palazzo delle Albere a Trento), una decina di mostre all’anno: il Mart oggi tutto questo. Un museo che, mettendo in mostra i suoi tesori dell’Otto-Novecento (Depero, Boccioni, Casorati, Balla, Carr, Severini, Russolo), riuscito a trasformarsi in un polo culturale innovativo, dinamico, legatissimo al proprio territorio. Anche se il progetto del presidente Vittorio Sgarbi sembra voler superare limiti geografici e concettuali: Il Mart un grande museo internazionale, un museo che non appartiene al Nord-Est o al Nord-Ovest, ma che con la potenza straordinaria della sua collezione qualcosa di universale.

Quasi in omaggio a quella sua cupola che cita il Pantheon, il Mart, oggi diretto da Diego Ferretti, ha scelto di festeggiare il suo compleanno con una mostra che mettesse idealmente a confronto passato e presente, antico e moderno (un confronto che anche alla base di Recycling Beauty alla Fondazione Prada di Milano),svelando le possibili connessioni tra la storia, i grandi classici e i linguaggi del XX secolo. Il confronto d’altra parte, da sempre nelle corde del Mart, a cominciare (in era pre-Sgarbi) dalla mostra del 2013 che metteva in dialogo Antonello da Messina con la ritrattistica del suo tempo, mostra cui Sgarbi ha voluto rendere omaggio commissionando all’artista urbano Ravo la monumentale riproduzione (14 metri per 7) nel cavedio del museo: pittura murale e spray per uno dei capolavori di Antonello, il San Sebastiano.

Dalla stessa idea di confronto sarebbero poi scaturite Caravaggio. Il contemporaneo (2020); Picasso, de Chirico, Dal. Dialogo con Raffaello e Botticelli. Il suo tempo. E il nostro tempo (2021); Canova tra innocenza e peccato (2022). Da quel medesimo confronto nata la mostra Giotto e il Novecento (curata da Alessandra Tiddia, da un’ide a di Vittorio Sgarbi, fino al 19 marzo) che, attraverso duecento opere, stabilisce un contatto tra Giotto — il maestro che rivoluzion la pittura medievale e che, secondo gli storici dell’arte, inaugur l’era moderna — e il Novecento italiano di Martini, Morandi, Funi, de Chirico (che diceva: In Giotto il senso architettonico raggiunge spazi metafisici) e con le successive esperienze di Radice, Matisse, Rothko, Albers. Il viaggio si apre con una grande installazione immersiva che riproduce la Cappella degli Scrovegni di Giotto (dove, secondo Sgarbi, tutto cominciato) per concludersi con l’installazione esperienziale Thyco Blue di James Turrell (una stanza tutta blu realizzata a partire dai progetti dell’artista nel 1969 e mai pi riallestita) e con i lavori di Chiara Dynys (Giotto Behind the Mirror, 2022) e Tacita Dean ( Buon Fresco , 2014) che rinnovano ancora una volta il dialogo con uno dei pi grandi maestri di tutti i tempi.

L’Italia non solo l’Italia del classico, ma anche l’Italia del contemporaneo: questo il messaggio che Sgarbi vuole lanciare con la mostra, affiancata nei festeggiamenti del ventennale da altre tre esposizioni: Eretici. Arte e vita che riporta la voce di alcuni rivoluzionari solitari dell’arte, del cinema, della letteratura, della musica come Pier Paolo Pasolini e Nan Goldin (fino al 19 febbraio); l’omaggio ad Adelchi-Riccardo Mantovani (1942), pittore e disegnatore ferrarese noto principalmente in Germania (fino al 5 febbraio); quello a Giuseppe Gallo (1954) che, in opposizione alla smaterializzazione dell’arte degli anni Settanta, riscopre il valore estetico e simbolico degli oggetti e dei materiali (fino al 19 marzo).

Muovendosi tra Metafisica, Valori plastici e Realismo Magico la mostra (divisa in sette sezioni) si allontana spesso dal sentiero dei grandi maestri segnato da capolavori come Le figlie di Loth (1919) di Carr, I costruttori (1928) di Campigli , Sonno di Wotan (1958) di Melotti, Concetto spaziale (1960-1961) di Fontana o Monochrome bleu sans titre di Klein (1956) per scoprire quello che Sgarbi definisce il mondo di mezzo di artisti finora ingiustamente sottovalutati (la stessa idea che lo ha appena portato a Foggia per inaugurare alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Foggia la rassegna dedicata a Giuseppe Ar): artisti come Carlo Bonacina (Le donne dei marinai, 1935), Alberto Salietti (Fabbrica di cemento, 1927), Franco Gentilini ( Omaggio a Giotto , 1954) o Sepo (Paesaggio. Albero viola e casa bianca, 1915).

E sopra tutto metto Giotto, diceva Sironi. Perch a definire lo straordinario percorso della mostra bastano le parole di chi, come Sironi o Rothko, in Giotto ha ritrovato il principale testimone dell’eternit a cui guardare. La stessa eternit dell’arte.

10 dicembre 2022 (modifica il 10 dicembre 2022 | 20:42)

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, 2022-12-10 19:43:00, Nella sua sede di Rovereto (Trento) il museo festeggia con una mostra che lega Giotto al Novecento. Il presidente Vittorio Sgarbi: «È una collezione universale», STEFANO BUCCI

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