Martin Luther King, che fine ha fatto il suo sogno sessantanni dopo la Marcia su Washington?

Martin Luther King, che fine ha fatto il suo sogno sessantanni dopo la Marcia su Washington?

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Robinson, il supplemento settimanale del quotidiano La Repubblica, lancia un titolo provocatorio in occasione del sessantesimo anniversario della famosa marcia su Washington di Martin Luther King e del suo ancor più famoso discorso. Era il 28 agosto 1963 e al Lincoln Memorial, davanti a trecentomila persone, il leader del Movimento per i diritti civili degli afroamericani pronunciò una frase diventata un simbolo per tutto il mondo: I have a dream.

“Io ho un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho un sogno, oggi!” Ecco il sogno di Martin Luther King, un sogno che a sessant’anni di distanza pare non essersi ancora realizzato, se Robinson titola I had a dream – avevo un sogno – la sua copertina dedicata alla Marcia del 1963.

Cos’è rimasto oggi di quella visione profetica, di quella annunciazione di un futuro, che riecheggia gli scritti del profeta Isaia, quell’antico sogno in cui gli uomini più divisi tra loro saranno ormai perfettamente uniti?

Molto è cambiato, certo, ma molto razzismo permane nel ventre della società americana e la cronaca quotidiana ne è testimone: dalle violenze insensate della polizia nei confronti delle persone di colore, alle leggi che in alcuni Stati impediscono l’insegnamento della cosiddetta Critical Race Theory – la teoria critica della razza – che collega la discriminazione razziale alla fondazione stessa e al sistema istituzionale e legale del paese.

La scuola, infatti, è già da tempo il nuovo terreno di scontro nella guerra culturale tra repubblicani e democratici.

Uno degli ultimi disegni di legge ad essere introdotti – ci ricorda la rivista online Ytali –  è quello del Missouri che vieta ogni insegnamento che identifichi persone o gruppi di persone, entità o istituzioni negli Stati Uniti come intrinsecamente, immutabilmente o sistematicamente sessiste, razziste, anti-Lgbtq, privilegiati o oppressi. In molti altri stati questi provvedimenti sono già diventati legge. Dopo Idaho, Iowa, Oklahoma e Tennessee, è il Texas uno degli ultimi stati ad avere approvato questo tipo di norma. La legge texana – continua Ytali – vieta così agli insegnanti di discutere determinati punti di vista in classe, incluso il concetto che alcune persone siano “intrinsecamente razziste, sessiste o oppressive, consciamente o inconsciamente”. In Florida è invece il Board of Education che ha deciso di bandire completamente la Critical Race Theory nelle scuole pubbliche, con grande soddisfazione del governatore repubblicano Ron DeSantis, potenziale candidato alla presidenza degli Stati Uniti, che in varie occasioni ha dichiarato che questi studi sono buoni soltanto a insegnare ai ragazzi a odiare il loro Paese.

Insomma, il sogno di Martin Luther King non si è ancora avverato del tutto, ma il popolo di Washington del 1963 ha passato il testimone ad altre persone e queste ad altre ancora, in una Marcia che non si arresterà mai.

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