di Marco Bonarrigo
Ai Mondiali di ciclismo su pista la campionessa bergamasca ha vinto l’oro nello scratch e nell’inseguimento con il quartetto. «Studiare arte mi ha insegnato a ricominciare da zero. Ho superato un’aritmia, il Covid e due vertebre rotte»
«Non credo troppo agli artisti che creano di getto, d’impeto. Un quadro o una scultura sono frutto di studio, lavoro duro, ripensamenti, blocchi creativi, riscritture. Penso a quanto il mio concittadino Caravaggio lavorasse per sviluppare la luce che illuminava i suoi personaggi. Quando dipingi, per migliorare devi cancellare spesso. Non avrei mai immaginato quanto l’esperienza del liceo artistico mi sarebbe stata preziosa nel ciclismo». A 22 anni e in meno di 24 ore, Martina Fidanza è diventata regina dello sport italiano. Sulla pista parigina di Saint-Quentin-en-Yvelines ha prima vinto il suo secondo titolo mondiale su pista nella corsa rodeo dello scratch e poi condotto il quartetto azzurro dell’inseguimento al primo oro della storia contro le maestre inglesi, olandesi e tedesche.
Arte e ciclismo, combinazione inedita.
«Il ciclismo è dna familiare: papà Giovanni (vincitore di tappe al Giro e al Tour, ndr) e mamma Nadia (Baldi, ndr) erano ciclisti professionisti, mia sorella Arianna lo è tutt’ora. Ho cominciato a pedalare quasi prima di camminare».
L’arte?
«Passione e sacrificio. Frequentare e con profitto il liceo artistico è stato impegnativo, tra i viaggi su e giù da Ponte San Pietro a Bergamo, gli allenamenti sulla strada del ritorno prima del buio, i disegni, le sculture, i libri e le trasferte fin da ragazzina: ho corso e vinto il primo Mondiale a 16 anni. Mai chiesto sconti: quando dipingi o ti alleni devi mettere tutta te stessa. E la scuola mi è servita moltissimo».
A cosa?
«A imparare a ricominciare da zero. Quando le cose non vanno bene, in allenamento o disegnando al carboncino, si volta pagina senza angosciarsi».
Il ciclismo?
«Uguale. Lo scorso dicembre il mio cuore ha cominciato a dare i numeri: aritmie potenzialmente pericolose. Dopo una serie di esami, con il dottor Corsetti si è deciso per un intervento di ablazione. Si fa in anestesia locale e quando mi sono vista i medici con il bisturi davanti ho avuto un attimo di vertigine. Stavano per mettere le mani sul mio cuore: sarei tornata l’atleta di prima?».
Com’è andata?
«Bene, ma è durata poco: mi sono subito beccata il Covid, lo stesso che aveva mandato in ospedale papà. Ero debilitata, la botta è stata fortissima, non potevo fare il richiamo del vaccino e temevo un’infezione. Dopo 40 giorni di stop recuperare è stato duro. Poi, aiutandomi con piscina e passeggiate, ho ripreso il filo. Ma non era finita».
Cioè?
«Il 16 marzo, durante una corsa nelle Fiandre, mi sono cadute due colleghe davanti in un tratto di discesa. Non sono riuscita ad evitarle. Mentre ero a terra, altre due mi sono rovinate addosso. Il manubrio di una bici mi ha rotto due vertebre. A quel punto la ripresa è stata davvero faticosa, anche a livello mentale. Ma non ho perso la pazienza, ho ricominciato da capo e recuperato di nuovo».
Molto bene, a giudicare dai risultati. Chi ha visto in tv la sua vittoria nello scratch è impazzito per la tensione e la paura che lei cadesse o rimanesse attardata.
«Stessa sensazione che ho avuto io rivedendo la corsa in tv. Pensavo: Fidanza è pazza, ora cade, ora si stacca, se resta così dietro non vincerà mai. Ma in gara mi guida un pilota automatico: in quella bolgia ero tranquillissima. Ho corso la prima volta contro i maschi a 12 anni, lo scratch ce l’ho nel sangue».
Lo scratch è un quarto d’ora di colpi di scena e gomitate, l’inseguimento a squadre quattro minuti di fatica violenta.
«L’oro nel quartetto è frutto di anni di lavoro collettivo. Servono affinità totale tra compagne, sensibilità al ritmo, intelligenza nel capire che con le tue gambe non vai da nessuna parte e devi metterti anche in quelle delle altre, che possono essere meno in forma di te. Alla fine non la smettevamo più di piangere: solo noi sappiamo cosa c’era dietro quel risultato».
Cosa sogna Martina Fidanza? Cosa c’è nel suo futuro?
«Sogno l’oro olimpico e nel mio futuro vedo sempre la pista. Adoro i velodromi, la loro atmosfera, i rumori, l’odore penetrante del legno».
Come si rilassa quando non gira in tondo?
«Musica, libri (in valigia ho “La Caduta dei Giganti” di Ken Follet), serie tv (da quando sono bambina vedo e rivedo ad oltranza le puntate di O.C.) e le mie unghie: al momento è su di loro che sfogo la mia creatività artistica».
14 ottobre 2022 (modifica il 14 ottobre 2022 | 23:22)
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, 2022-10-14 22:26:00, Ai Mondiali di ciclismo su pista la campionessa bergamasca ha vinto l’oro nello scratch e nell’inseguimento con il quartetto. «Studiare arte mi ha insegnato a ricominciare da zero. Ho superato un’aritmia, il Covid e due vertebre rotte» , Marco Bonarrigo