Masih Alinejad: «Sono stati gli ayatollah ad armare la mano dell’attentatore di Rushdie. Io vivo nascondendomi»

Masih Alinejad: «Sono stati gli ayatollah ad armare la mano dell’attentatore di Rushdie. Io vivo nascondendomi»

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di Viviana Mazza

La dissidente iraniana Masih Alinejad: «Io e Rushdie vogliamo una vita normale: non abbiamo altre armi oltre alle parole e alla voce. Usa e Ue devono punire Teheran»

DALLA NOSTRA INVIATA

NEW YORK — Masih Alinejad è un potenziale bersaglio. A fine luglio l’Fbi è intervenuta per la seconda volta dalla scorsa estate in un caso che riguarda la giornalista iraniana dissidente che vive a Brooklyn, popolare sui social e famosa per la lotta contro l’obbligo del velo. «La scorsa settimana, quando un uomo è stato arrestato con un fucile carico di fronte a casa mia, l’Fbi mi ha detto di trasferirmi: ora mi trovo in un nascondiglio sicuro — dice Alinejad al telefono —. L’anno scorso l’Fbi ha fermato un piano del regime iraniano per rapirmi e recentemente è diventata più rigida nel mandarmi in “case sicure”. La mia vita è stata ribaltata, è così da due anni, ma immaginate che cosa ha passato Salman Rushdie. Credo che fosse stanco di vivere nascondendosi. Meritiamo una vita normale. Vogliamo esprimerci, non abbiamo armi al di là delle nostre parole e voci».

Diversi dissidenti iraniani, inclusa lei, dicono che Teheran è comunque responsabile di questo attentato a Rushdie. Perché?

«Credo fermamente che la fatwa di Khomeini del 1989, ripetuta dall’attuale Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, sia la fonte e il fondamento dell’attacco terroristico contro Salman Rushdie. Quello che è vergognoso è che una fatwa che essenzialmente è una condanna a morte sia stata giustificata da parlamentari, professori, ministri iraniani. Ataollah Mohajerani, che fu vicepresidente negli anni Novanta, ha scritto un libro in difesa della fatwa e ha fornito le argomentazioni legali e intellettuali perché “altri” uccidano Rushdie. L’uccisione degli oppositori viene giustificata dalla Repubblica Islamica chiamandoli apostati. Un ex ambasciatore alle Nazioni Unite, che ora insegna all’Oberlin College negli Stati Uniti, nei suoi scritti e discorsi ha fornito argomentazioni per giustiziare gli apostati. Una fondazione religiosa in Iran ha messo una taglia di 3 milioni di dollari sulla testa di Rushdie e ogni anno tiene eventi per incoraggiare i giovani estremisti a ucciderlo. Ieri un parlamentare ha elogiato l’aggressione, dicendo che dovrebbe servire da monito. Dovremmo ritenere complici coloro che hanno incoraggiato gli attacchi contro di lui».

Lei sostiene che i governi democratici dovrebbero agire in modo più determinato. In che senso?

«I governi occidentali, che siano di destra o di sinistra, devono capire che non possono usare la logica per persuadere chi è motivato dall’ideologia religiosa e dovrebbero prendere misure concrete. Negli anni Novanta ci fu una serie di attacchi contro i dissidenti iraniani in Europa che si fermò quando l’Ue avvertì la Repubblica Islamica che ci sarebbero state gravi conseguenze. Oggi dovremmo prendere misure come espellere diplomatici della Repubblica Islamica dagli Stati Uniti e negare al presidente Raisi il visto d’ingresso. In secondo luogo, ci sono innocenti cittadini americani, francesi, britannici e di altre nazionalità in prigione in Iran; alcuni di loro rischiano di essere giustiziati: vengono usati come ostaggi da scambiare con terroristi e spie arrestati negli Usa e in Europa. I Paesi democratici dovrebbero unirsi nel declassare le relazioni diplomatiche fino a quando questi ostaggi non vengono rilasciati e l’Iran non risponde delle azioni terroristiche sul suolo straniero. È stato un errore non discutere di diritti umani durante i negoziati nucleari».

Uno dei negoziatori iraniani sul nucleare chiede «perché proprio adesso?». Pare suggerire che l’attacco a Rushdie sia stato attuato per ostacolare i negoziati.

«È un tentativo di confondere le acque e fingere che ci sia una cospirazione. Il mio caso non è nuovo: le indagini iniziarono due anni fa, anche se non ero autorizzata a parlarne. I casi di dissidenti iraniani con doppia nazionalità non sono nuovi. Due anni fa agenti del regime hanno rapito Ruhollah Zam, portandolo dalla Francia in Iraq e poi in Iran, dove è stato messo a morte. Cercano di farci paura e di imporci l’autocensura. Ma voglio continuare a lottare per la dignità degli iraniani. Gli iraniani condannano l’attacco terroristico contro Salman Rushdie, anche se la Repubblica Islamica lo celebra».

14 agosto 2022 (modifica il 14 agosto 2022 | 23:35)

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, 2022-08-15 02:00:00, La dissidente iraniana Masih Alinejad: «Io e Rushdie vogliamo una vita normale: non abbiamo altre armi oltre alle parole e alla voce. Usa e Ue devono punire Teheran», Viviana Mazza

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