di Redazione OnlineIl presidente della Repubblica Sergio Mattarella parla, come di consueto, alla fine dell’anno in diretta tv Cari concittadini e care concittadine, un anno addietro, rivolgendomi a voi in questa occasione, definivo i sette anni precedenti come impegnativi e complessi. Lo stato anche l’anno trascorso, cos denso di eventi politici e istituzionali di rilievo. Con queste parole, alle 20:30 di oggi, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha iniziato il suo consueto messaggio di fine anno, trasmesso in diretta tv da quasi tutte le reti. La prima premier donna, una novit di grande significatoIl capo dello Stato ha dedicato i primi minuti del suo discorso a un riassunto dei momenti decisivi del 2022. A cominciare da quelli politici, elezioni incluse: Il chiaro risultato elettorale, ha detto, ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. Per Mattarella, si trattato di una novit di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese. Le sfide globali e la Costituzione come bussola Il discorso prosegue con accenni ai fenomeni globali come la pandemia, la guerra, i cambiamenti climatici, i fenomeni migratori, la crisi energetica e quella alimentare. Sfide globali — cos le definisce Mattarella — che costringono tutti e tutte (a cominciare dalle forze politiche) a riconoscere la complessit ed esercitare la responsabilit delle scelte. Inevitabile il richiamo allo spirito della Costituzione, entrata in vigore 75 anni fa. Secondo il presidente, essa resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio. Siamo in attesa di accogliere il nuovo anno ma anche in queste ore il pensiero non riesce a distogliersi dalla guerra che sta insanguinando il nostro Continente. Il 2022 stato l’anno della folle guerra scatenata dalla Federazione russa. La risposta dell’Italia, dell’Europa e dell’Occidente stata un pieno sostegno al Paese aggredito e al popolo ucraino, il quale con coraggio sta difendendo la propria libert e i propri diritti. Se questo stato l’anno della guerra, dobbiamo concentrare gli sforzi affinch il 2023 sia l’anno della fine delle ostilit, del silenzio delle armi, del fermarsi di questa disumana scia di sangue, di morti, di sofferenze La pace parte fondativa dell’identit europea e, fin dall’inizio del conflitto, l’Europa cerca spiragli per raggiungerla nella giustizia e nella libert. Alla pace esorta costantemente Papa Francesco, cui rivolgo, con grande affetto, un saluto riconoscente, esprimendogli il sentito cordoglio dell’Italia per la morte del Papa emerito Benedetto XVI. Si prova profonda tristezza per le tante vite umane perdute e perch, ogni giorno, vengono distrutte case, ospedali, scuole, teatri, trasformando citt e paesi in un cumulo di rovine. Vengono bruciate, per armamenti, immani quantit di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povert, sarebbero di sollievo per l’umanit. Di questi ulteriori gravi danni, la responsabilit ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi. Pensiamoci: se l’aggressione avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili Non ci rassegniamo a questo presente. Il futuro non pu essere questo. La speranza di pace fondata anche sul rifiuto di una visione che fa tornare indietro la storia, di un oscurantismo fuori dal tempo e dalla ragione. Si basa soprattutto sulla forza della libert. Sulla volont di affermare la civilt dei diritti. Qualcosa che radicato nel cuore delle donne e degli uomini. Ancor pi forte nelle nuove generazioni. Lo testimoniano le giovani dell’Iran, con il loro coraggio. Le donne afghane che lottano per la loro libert. Quei ragazzi russi, che sfidano la repressione per dire il loro no alla guerra Gli ultimi anni sono stati duri. Ci che abbiamo vissuto ha provocato o ha aggravato tensioni sociali, fratture, povert. Dal Covid – purtroppo non ancora sconfitto definitivamente – abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare. Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidariet concreta sono risorse preziose di una comunit, e tanto pi sono efficaci quanto pi sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto pi producono fiducia e responsabilit nelle persone. Occorre operare affinch quel presidio insostituibile di unit del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre pi al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive. So bene quanti italiani affrontano questi mesi con grandi preoccupazioni. L’inflazione, i costi dell’energia, le difficolt di tante famiglie e imprese, l’aumento della povert e del bisogno. La carenza di lavoro sottrae diritti e dignit: ancora troppo alto il prezzo che paghiamo alla disoccupazione e alla precariet. Allarma soprattutto la condizione di tanti ragazzi in difficolt. La povert minorile, dall’inizio della crisi globale del 2008 a oggi, quadruplicata. Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza. Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni. La Repubblica siamo tutti noi. Insieme. Lo Stato nelle sue articolazioni, le Regioni, i Comuni, le Province. Le istituzioni, il Governo, il Parlamento. Le donne e gli uomini che lavorano nella pubblica amministrazione. I corpi intermedi, le associazioni. La vitalit del terzo settore, la generosit del volontariato. La Repubblica – la nostra Patria – costituita dalle donne e dagli uomini che si impegnano per le loro famiglie. La Repubblica nel senso civico di chi paga le imposte perch questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune. La Repubblica nel sacrificio di chi, indossando una divisa, rischia per garantire la sicurezza di tutti. In Italia come in tante missioni internazionali. La Repubblica nella fatica di chi lavora e nell’ansia di chi cerca il lavoro. Nell’impegno di chi studia. Nello spirito di solidariet di chi si cura del prossimo. Nell’iniziativa di chi fa impresa e crea occupazione. Rimuovere gli ostacoli un impegno da condividere, che richiede unit di intenti, coesione, forza morale. grazie a tutto questo che l’Italia ha resistito e ha ottenuto risultati che inducono alla fiducia. La nostra capacit di reagire alla crisi generata dalla pandemia dimostrata dall’importante crescita economica che si avuta nel 2021 e nel 2022. Le nostre imprese, a ogni livello, sono state in grado, appena possibile, di ripartire con slancio: hanno avuto la forza di reagire e, spesso, di rinnovarsi. Le esportazioni dei nostri prodotti hanno tenuto e sono anzi aumentate. L’Italia tornata in brevissimo tempo a essere meta di migliaia di persone da ogni parte del mondo. La bellezza dei nostri luoghi e della nostra natura ha ripreso a esercitare una formidabile capacit attrattiva. Dunque ci sono ragioni concrete che nutrono la nostra speranza ma necessario uno sguardo d’orizzonte, una visione del futuro. Pensiamo alle nuove tecnologie, ai risultati straordinari della ricerca scientifica, della medicina, alle nuove frontiere dello spazio, alle esplorazioni sottomarine. Scenari impensabili fino a pochi anni fa e ora davanti a noi. Sfide globali, sempre. Perch la modernit, con il suo continuo cambiamento, a essere globale. Ed in questo scenario, per larghi verso inedito, che misuriamo il valore e l’attualit delle nostre scelte strategiche: l’Europa, la scelta occidentale, le nostre alleanze. La nostra primaria responsabilit nell’area che definiamo Mediterraneo allargato. Il nostro rapporto privilegiato con l’Africa. Dobbiamo stare dentro il nostro tempo, non in quello passato, con intelligenza e passione. Per farlo dobbiamo cambiare lo sguardo con cui interpretiamo la realt. Dobbiamo imparare a leggere il presente con gli occhi di domani. Pensare di rigettare il cambiamento, di rinunciare alla modernit non soltanto un errore: anche un’illusione. Il cambiamento va guidato, l’innovazione va interpretata per migliorare la nostra condizione di vita, ma non pu essere rimossa. La sfida, piuttosto, progettare il domani con coraggio. Mettere al sicuro il pianeta, e quindi il nostro futuro, il futuro dell’umanit, significa affrontare anzitutto con concretezza la questione della transizione energetica L’energia ci che permette alle nostre societ di vivere e progredire. Il complesso lavoro che occorre per passare dalle fonti tradizionali, inquinanti e dannose per salute e ambiente, alle energie rinnovabili, rappresenta la nuova frontiera dei nostri sistemi economici. Non un caso se su questi temi, e in particolare per l’affermazione di una nuova cultura ecologista, registriamo la mobilitazione e la partecipazione da parte di tanti giovani. L’altro cambiamento che stiamo vivendo, e di cui probabilmente fatichiamo tuttora a comprendere la portata, riguarda la trasformazione digitale L’uso delle tecnologie digitali ha gi modificato le nostre vite, le nostre abitudini e probabilmente i modi di pensare e vivere le relazioni interpersonali. Le nuove generazioni vivono gi pienamente questa nuova dimensione. La quantit e la qualit dei dati, la loro velocit possono essere elementi posti al servizio della crescita delle persone e delle comunit. Possono consentire di superare arretratezze e divari, semplificare la vita dei cittadini e modernizzare la nostra societ. Occorre compiere scelte adeguate, promuovendo una cultura digitale che garantisca le libert dei cittadini 31 dicembre 2022 (modifica il 31 dicembre 2022 | 20:44) © RIPRODUZIONE RISERVATA