“È totalmente fuori luogo”. Così ha esordito l’ex Ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, nel suo commento all’Adnkronos sulla traccia della Maturità che richiama una lettera aperta a lui indirizzata nel 2021. Questa lettera proveniva dal mondo accademico e culturale, con l’obiettivo di sollecitare la reintroduzione delle prove scritte nell’esame di Maturità, durante la pandemia.
Bianchi ha espresso la sua indignazione sull’uso di un testo “che non si sa chi ha scritto” come base per una traccia d’esame, facendo riferimento al carattere generico della lettera inviata nel dicembre 2021. La frase oggetto di controversia è: “Abbiamo letto sui giornali che lei sarebbe intenzionato a…”. Bianchi si appella alla necessità di basarsi sui fatti: “Ma ci vogliamo attenere ai fatti?”.
L’ex ministro ha difeso l’approccio adottato durante il periodo del Covid, in cui l’esame di Maturità è stato svolto senza la prova scritta, assicurando che tutti gli studenti avessero comunque un esame. Inoltre, ha rimarcato che nell’anno successivo è stata sua l’amministrazione a reintrodurre le prove scritte, con tracce riguardanti Pascoli, Verga, la senatrice Segre, il premio Nobel Giorgio Parisi e Ferraioli.
Il punto centrale delle critiche di Bianchi si rivolge alla mancanza di solidità nel fornire ai maturandi un testo basato su “abbiamo sentito dire che lei sarebbe orientato”. “Non si danno tracce sui fatti”, ha concluso l’ex Ministro, sottolineando che la mancanza della prova scritta nell’anno del Covid è stata prontamente risolta dalla sua amministrazione.
Anche il Partito Democratico è critico. Irene Manzi, responsabile Scuola, in una nota, afferma: “Molto grave inserire un commento a una lettera aperta che alcuni esponenti del mondo accademico e culturale, nel 2021, scrissero all’allora ministro Bianchi per reintrodurre le prove scritte, eliminate per il rischio contagio”.
La lettera utilizzata come traccia alla maturità
Signor Ministro, Le scriviamo allo scopo di manifestare il nostro allarme per le molte voci che Le attribuiscono la volontà di amputare l’esame di maturità delle prove scritte, che ne sono da sempre il centro e la sostanza.
Non intendiamo eccepire sulle sospensioni della normalità che la situazione sanitaria ha reso necessarie in passato e forse renderà necessarie in futuro. Temiamo invece che il virus possa diventare il pretesto per trasformare una scelta emergenziale in una prassi corrente, e per dismettere con fretta temeraria conquiste e principii che appartengono non meno alla comune civiltà che alla scuola in senso stretto.
Abbiamo letto che la progettata soppressione degli scritti intenderebbe venire incontro a un appello firmato da molte migliaia di studenti. Gli studenti, i giovani, parlano anche di ecologia, diritti, parità, moralità della politica, in genere senza trovare ascolto. In questo caso invece l’ascolto è stato ampio e immediato. L’appello di alcuni studenti è diventato l’appello degli studenti, e la difesa delle prove scritte, già intrapresa da insigni intellettuali e uomini di scienza, è stata fatta grottescamente passare per un’iniziativa di contrasto e di rimprovero, quando non come una forma di insensibilità misoneistica e miope. Come non avrebbe senso indire un referendum sul quesito se abrogare le tasse, o la scuola-guida, così non ha senso consultare un imprecisato numero di studenti per chiedere loro se abrogare una o più prove d’esame.
Difendere la assoluta indispensabilità delle varie prove scritte previste per i diversi ordini di scuole è come voler dimostrare una verità autoevidente. La verifica della acquisita maturità e delle acquisite conoscenze (storiche, filosofiche, linguistiche, scientifiche) può avvenire unicamente attraverso un elaborato effettivamente autentico. Il cui vantaggio diagnostico consiste nel dimostrare l’ordine mentale oltre che la perizia lessicale e le competenze nel merito.
(di Luciano Canfora, Fabio Canessa, Federico Condello, Giuseppe D’Alessio, Mariella De Simone, Walter Lapini, Paola Mastrocola, Gianfranco Mosconi, Ilaria Rizzini, Pietro Rosa, Mauro Tulli)
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