di Luciano Ferraro
La sfida di Lorenzon, 64 anni: dopo la crisi del Covid ora riparte con un’antica osteria nel «sestiere del popolo». Al «Ponte de La Tana» ha comprato i muri e avviato un crowdfunding ricevendo aiuti da chef di tutto il mondo
Ai piedi del Ponte della Tana un oste cerca di sottrarre un angolo di Venezia al dominio del turismo. Vuole riportare in vita un’osteria storica, uno di quei posti che sembrano usciti dalla penna di Hans Barth, l’autore nel primo decennio del Novecento della «Guida spirituale delle osterie italiane», con prefazione di D’Annunzio. L’oste Mauro Lorenzon ha 64 anni, viene dal litorale, da Jesolo, ed è stato adottato da Venezia, ricambiandola con la mescita, negli anni, di migliaia e migliaia di «ombre», ovvero bicchieri di vino. «Stappo tutto», è il suo motto, dal Barolo in giù.
Il suo regno era la Mascareta, un piccolo e formidabile locale abbandonato dopo un micidiale uno-due sotto la cintura: prima l’acqua alta distruttrice del novembre 2019, poi il Covid e l’affitto da pagare comunque. Vuole ripartire, Lorenzon, salvando dall’oblio l’antica osteria. Che sta diventando il simbolo di una rinascita possibile. In una città che si svuota sempre più di veneziani, poco più di 50mila ormai, e si riempie di «foresti».
Appassionati
Per realizzare il suo progetto Mauro ha lanciato una raccolta di fondi internazionale, alla quale hanno risposto famosi chef tristellati, designer noti nel mondo e un nutrito gruppo di appassionati alla salvaguardia di Venezia. Tutti hanno inviato una somma di denaro: 50, 100, anche mille euro a testa. Non solo per aiutare l’istrionico Mauro, ma per fare in modo che riveda la luce un locale autenticamente veneziano. E che quel piccolo mondo con un bancone e una serie di tavoli non venga inghiottito e trasfigurato in uno dei tanti luoghi di spaccio di cibo per sfamare l’esercito del mordi e fuggi.
È un momento di presa di coscienza, questo, per Venezia. Il deputato del Pd Nicola Pellicani (il figlio del migliorista Gianni, compagno e amico per tutta la vita del presidente Giorgio Napolitano) è riuscito a far approvare un emendamento al Decreto Aiuti che limita l’invasione degli appartamenti destinati al florido mercato delle affittanze turistiche. Il sindaco Luigi Brugnaro, a giugno, ha varato il ticket per Venezia, in vigore dal 2023, in modo da regolare il più possibile il flusso dei turisti, con punte fino a 13 milioni l’anno. Barlumi di ripensamento sul futuro della città. In cui si inserisce la sortita di un oste.
«Costi proibitivi»
«Cerco un aiuto dal mondo – spiega Lorenzon – per ristrutturare un locale storico a Castello, il sestiere più popolare di Venezia, tra la Biennale e l’Arsenale. Ho acquistato i muri, ma i costi per un intervento edilizio a Venezia sono proibitivi. Per questo ho lanciato una raccolta fondi sul sito gofundme. Mi hanno risposto in tanti: innanzitutto gli chef stellati, la famiglia Alajmo, quelli delle Calandre in provincia di Padova e del Caffè Quadri in Piazza San Marco. È arrivata solidarietà concreta anche dalla famiglia Iaccarino del Don Alfonso a Sant’Agata sui Due Golfi a Massa Lubrense. Dal Duomo di Ragusa si è fatto vivo Ciccio Sultano. E molti altri ancora».
L’osteria storica di Castello si chiamava Vini da Memi. C’è una vecchia foto del 1958 che la mostra in attività. È l’anno in cui il regista Dino Risi arrivò in città per girare Venezia, la luna e tu, con Alberto Sordi gondoliere, che raccontava una città viva e divertita nei suoi intrecci amorosi. Nel centro storico, mentre Risi faceva litigare Alberto Sordi-Bepi con Nino Manfredi-Toni, abitavano 154mila veneziani, il triplo di ora. «Ma con gli abitanti – racconta Mauro – se sono andati anche gli osti e i loro locali. Tirata giù l’insegna Da Memi, il palazzetto è diventato un circolo culturale».
Con la spada
Nei mesi della pandemia Lorenzon non ha trovato un accordo con il proprietario della Mascareta per contenere le spese della locazione. Così ha preferito restituire le chiavi e mettersi alla ricerca di un nuovo posto dove «stappare tutto», cucinare il risotto di pesce con un fornello portatile tra i tavoli e aprire le bottiglie di Champagne con la spada facendo partire una colonna sonora di tamburi. «Quando ho trovato l’osteria al Ponte della Tana – dice – ho pensato che potevo farcela. Mi sono indebitato e sono diventato il proprietario dei muri. Avrei potuto anche salvare da solo questa osteria, ma ho deciso che un’azione collettiva ha un altro valore sociale. Persino la banca è stata solidale. Mi è stato detto che se volevo un prestito per ristrutturare non c’erano problemi, ma sarebbe stato un segnale positivo riaprire grazie a una raccolta di fondi online».
Lorenzon si era già battuto per ritrovare e rimettere in produzione gli storici vitigni di Venezia, come la Dorona. Ne è nato il movimento «Laguna nel bicchiere, le vigne ritrovate», con il professor Flavio Franceschet e gli alunni della scuola media Calvino. Sono state trovate e catalogate uve nei conventi e nelle isole, dai Carmelitani Scalzi, dai Frati Minori Francescani, da San Michele e persino dalla pergola del cimitero di Murano. Di recente con uno di quei vitigni (che è stato anche valorizzato da Giancarlo Bisol con il progetto Venissa nell’isola di Mazzorbo) Lorenzon è riuscito a ricavare un vino, Criterio, «trattando le uve con la minor manipolazione possibile», scegliendo «fermentazioni spontanee, con lieviti propri, senza aggiunta di solfiti».
La ricerca dell’autenticità di vini e cibi di Lorenzon aveva creato nel suo locale una gioiosa convivenza ai tavoli tra i veneziani e le star del cinema e dell’arte in città per la Mostra e la Biennale, con personaggi del design, compreso il mondo di Philippe Starck. «Con la mia compagna Nadia – annuncia Lorenzon – siamo pronti a ricominciare nell’osteria al Ponte della Tana».
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11 luglio 2022 (modifica il 11 luglio 2022 | 20:34)
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, 2022-07-11 22:54:00, La sfida di Lorenzon, 64 anni: dopo la crisi del Covid ora riparte con un’antica osteria nel «sestiere del popolo». Al «Ponte de La Tana» ha comprato i muri e avviato un crowdfunding ricevendo aiuti da chef di tutto il mondo, Luciano Ferraro