C’era una volta un’Italia che non credeva in nulla, come adesso, ma venerava le due figure che rappresentavano lo Stato laico: il Medico e il Maestro.
La salute e l’istruzione pubbliche erano un vanto e una conquista, e coloro che le incarnavano godevano di stima diffusa e del rispetto generale. Davanti al dottore della mutua mio nonno si toglieva il berretto, e qualsiasi decisione dei miei insegnanti, anche la più ingiusta, veniva considerata da mio padre un verdetto sacrosanto e insindacabile.
Poi è successo qualcosa, o forse di tutto. Sta di fatto che la ribellione di massa contro le autorità costituite ha riguardato soprattutto quei due ruoli e non passa giorno senza che ci tocchi leggere, come ieri, di un giovane medico che vuole scappare dal pronto soccorso di Firenze perché non ce la fa più a reggere l’invadenza e l’insolenza di pazienti e parenti.
Poi c’è quel professore di Bari, Vincenzo Amorese, raggiunto e picchiato in classe da due sconosciuti per avere osato mettere una nota a una studentessa che lo aveva pubblicamente insolentito. La primizia, se così si può dire, è che persino la preside dell’istituto si è schierata con la ragazza anziché col professore. Ci auguriamo che abbia ragione la preside.
Ma se così non fosse, dovremmo riconoscere che chiunque cerca di far rispettare qualche regola passa ormai per un fanatico, privo di quella dose necessaria di flessibilità che è la parola ipocrita dietro cui si nasconde la nostra resa.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui. Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale
7 ottobre 2022, 07:12 – modifica il 7 ottobre 2022 | 07:12
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, 2022-10-07 05:35:00,
C’era una volta un’Italia che non credeva in nulla, come adesso, ma venerava le due figure che rappresentavano lo Stato laico: il Medico e il Maestro.
La salute e l’istruzione pubbliche erano un vanto e una conquista, e coloro che le incarnavano godevano di stima diffusa e del rispetto generale. Davanti al dottore della mutua mio nonno si toglieva il berretto, e qualsiasi decisione dei miei insegnanti, anche la più ingiusta, veniva considerata da mio padre un verdetto sacrosanto e insindacabile.
Poi è successo qualcosa, o forse di tutto. Sta di fatto che la ribellione di massa contro le autorità costituite ha riguardato soprattutto quei due ruoli e non passa giorno senza che ci tocchi leggere, come ieri, di un giovane medico che vuole scappare dal pronto soccorso di Firenze perché non ce la fa più a reggere l’invadenza e l’insolenza di pazienti e parenti.
Poi c’è quel professore di Bari, Vincenzo Amorese, raggiunto e picchiato in classe da due sconosciuti per avere osato mettere una nota a una studentessa che lo aveva pubblicamente insolentito. La primizia, se così si può dire, è che persino la preside dell’istituto si è schierata con la ragazza anziché col professore. Ci auguriamo che abbia ragione la preside.
Ma se così non fosse, dovremmo riconoscere che chiunque cerca di far rispettare qualche regola passa ormai per un fanatico, privo di quella dose necessaria di flessibilità che è la parola ipocrita dietro cui si nasconde la nostra resa.
Il Caffè di Gramellini vi aspetta qui, da martedì a sabato. Chi è abbonato al Corriere ha a disposizione anche «PrimaOra», la newsletter che permette di iniziare al meglio la giornata. La si può leggere qui. Chi non è ancora abbonato può trovare qui le modalità per farlo, e avere accesso a tutti i contenuti del sito, tutte le newsletter e i podcast, e all’archivio storico del giornale
7 ottobre 2022, 07:12 – modifica il 7 ottobre 2022 | 07:12
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, Massimo Gramellini