di Paola D’Amico
I detenuti trasformano i capi rovinati, accompagnati da una lettera, in qualcosa di «bello». L’atelier «Coulture migrante» nell’istituto Bassone di Como con un laboratorio di cucito. Il percorso di Visible Mending del Csv Insubria
Una minuscola ape, con il corpicino color arancio e le ali verdi, diventerà il simbolo del progetto Visible mending (rammendo visibile). L’ha ricamata Andrea, detenuto nel carcere Bassone di Como, che si è trovato tra le mani un abito semi nuovo rovinato da una minuscola bruciatura di sigaretta. «Sono molto legata a questo capo, ma – gli ha scritto Natalia, la sua proprietaria – sulla spalla destra ha un buchino e prima o dopo tutti me lo fanno notare. Sei libero di trasformarlo in qualcosa di bello». Andrea è uno degli allievi di Rachel Dobson, 54 anni, stilista e docente, che è entrata al Bassone per insegnare il rammendo agli ospiti della sezione maschile. «Non sapevo cosa aspettarmi – racconta – e all’inizio non è stato semplice, i miei allievi non erano abituati a usare ago e filo. Quando dall’esterno del carcere sono poi arrivati pacchi con i capi da sistemare, ciascuno accompagnato da una lettera, il loro impegno è stato straordinario». La piccola ape dice che l’obiettivo del progetto, fare degli strappi della vita piccole opere d’arte, è stato centrato.
L’arte antica
L’idea di coinvolgere i comaschi e far entrare in carcere i capi da sistemare è di Chiara Gismondi, 46 anni, che nel 2007 con altre donne ha fondato l’associazione culturale Luminanda (www.luminanda.net) e da qui nel 2019 l’atelier di sartoria sociale Coulture migrante (www.coulturemigrante.it) in centro a Como. «È stata una risposta all’emergenza migranti che nei due anni precedenti era stata molto forte nel Comasco e ci ha permesso di fare formazione e inserimenti lavorativi. L’altelier oggi cammina con le sue gambe». Poi c’è stato l’invito del Csv Insubria (www.csvlombardia.i t) ad aderire al progetto Link-ed-in per promuovere l’inclusione socio-lavorativa di persone sottoposte a provvedimenti della autorità giudiziaria sia dentro sia fuori dal carcere o a fine pena, per favorire il loro accesso a misure alternative.
Così nasce Visible Mending. «Quando abbiamo proposto di fare un laboratorio di rammendo nella sezione maschile del Bassone, noi per prime ci siamo sentite di fare un salto nel buio. Il rammendo – chiarisce Gismondi – è un’arte antica ma decisamente femminile. Inoltre in un ambiente come quello del carcere, in cui i ruoli sono stabiliti da una legge arcaica e immutabile, ci sembrava di interferire con equilibri in cui avremmo avuto pochi margini di successo. Invece siamo entrate e a nessuno è parsa strana la proposta di un lavoro con ago e filo».
In autunno partirà un secondo corso di formazione. Perché il rammendo è un mestiere utile da imparare. Inoltre, precisano le ideatrici, «la dimensione collettiva del corso favorisce la socialità e la condivisione, mentre quella individuale del lavoro stimola il racconto e la narrazione». Il rammendo obbliga alla pazienza e alla cura «generando una dimensione meditativa e di calma interiore». E prevede un lavoro artistico e creativo sull’oggetto. Questo rammendo poi, ben visibile, grazie all’uso di forme e colori «permette di esprimersi anche in un gesto artistico che di per sé è terapeutico in quanto permette di “far uscire” ciò che abbiamo dentro prevede un lavoro artistico e creativo sull’oggetto». Di più, è una sintesi della vita. «Le esperienze che attraversiamo portano a giorni “rammendati” e quei rammendi si vedono. Si lavora insieme – conclude Gismondi – affinché questi rammendi non siano stonature, ma valori che raccontano storie. Imparando la tecnica del visible mending invece di nascondere il problema lo si esalta, lo si trasforma e lo si fa diventare un punto di forza del capo».
Martino Villani, vicedirettore di Csv Insubria, spiega: «Collaborare a un progetto di inclusione di soggetti sottoposti a provvedimenti dell’autorità giudiziaria significa coinvolgere la società, i cittadini e le associazioni in un’operazione che è culturale e sociale allo stesso tempo. Questo lavoro concorre a creare una comunità inclusiva e accogliente, capace di offrire a chi ha commesso un reato la possibilità di trovare agganci, supporti e risorse per poter essere reintegrato; dall’altro lato, questi progetti contribuiscono a modificare la visione comune della società civile rispetto agli autori di reato».
2 settembre 2022 (modifica il 2 settembre 2022 | 16:38)
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