Meloni, Letta, Salvini, Conte, Berlusconi, Calenda, Renzi: ambizioni e paure dei leader nella sfida delle Comunali

Meloni, Letta, Salvini, Conte, Berlusconi, Calenda, Renzi: ambizioni e paure dei leader nella sfida delle Comunali

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di Tommaso LabateMeloni punta a consolidare la leadership di coalizione, mentre Salvini deve preservare la guida della Lega dagli attacchi. Nelle città il peso delle sfide interne al centrodestra Giorgia Meloni per consolidare la leadership di coalizione nei sondaggi e arrivare indenne alla resa dei conti che potrebbe aprirsi presto nel centrodestra. Enrico Letta per il sogno di svegliarsi la mattina, tra due settimane e un giorno, con la medaglietta di segretario del primo partito italiano. Matteo Salvini per preservare la sua leadership da un processo interno. Che è un po’ la stessa condizione, a diverse latitudini, che Giuseppe Conte vive in queste ore nel Movimento 5 Stelle. E poi Silvio Berlusconi per dimostrare che Forza Italia può puntare ancora in alto e trattare da una posizione di forza i seggi blindati di un’ipotetica lista unica con la Lega alle elezioni politiche; Carlo Calenda per testare la tenuta di Azione come traino di un possibile «terzo polo»; quindi Matteo Renzi per convincere e convincersi che, anche a percentuali sotto il 5 percento, si può risultare decisivi anche nelle urne e non solo nel Palazzo. Elezioni 2022: orari seggi, come e dove si vota Sono i sogni e gli incubi, le ambizioni e le paure, che agitano la vigilia dei leader italiani alle prese con la tornata del voto amministrativo di oggi. Sembra una partita secca. In realtà le partite sono due, come in una semifinale di calcio nelle coppe europee. Come se fossero l’andata e il ritorno, possono dare due risultati diversi: uno già stasera a urne chiuse, l’altro tra due settimane ai ballottaggi. Genova (il sindaco uscente Bucci può sfondare quota 50%) e Palermo (a Lagalla basterebbe arrivare al 40, vista la legge comunale) in caso di vittorie del centrodestra al primo turno, possono far gridare il trittico Berlusconi-Meloni-Salvini (in ordine alfabetico) al «trionfo»; ma basterebbe Verona, nel caso in cui Damiano Tommasi arrivasse a giocarsela al secondo turno contro l’uscente Federico Sboarina, a far sognare al centrosinistra il più imprevedibile dei ribaltoni. La «fatal Verona», come sanno gli amanti del calcio che ricordano i clamorosi ribaltoni in classifica che nella seconda metà del Novecento costarono al Milan due scudetti già vinti, è considerata una specie di campo centrale. Lorenzo Guerini, che tra l’altro è anche milanista, ha consegnato una sua lettura sibillina agli amici più stretti. «Io non vi dico niente ma tenete d’occhio quello che può succedere a Verona se Tommasi va al ballottaggio…», ha sussurrato nelle ultime ore il ministro della Difesa. Che è un po’ lo stesso pensiero dell’altro ministro che, insieme a Guerini, ha gestito problemi internazionali tali da distrarlo dalle logiche stringenti della vita di partito, e cioè Roberto Speranza. «Tommasi deve riuscire ad arrivare al secondo turno. Se ci riesce, a Verona può succedere davvero l’imponderabile…», ha pronosticato il ministro della Salute. La città di Romeo&Giulietta è il crocevia degli opposti destini dei leader di centrodestra. La conferma di Federico Sboarina farebbe sorridere Meloni (è di Fratelli d’Italia) e Luca Zaia (è il leader della Lega in Veneto); una sua clamorosa sconfitta al ballottaggio, visto che al primo turno c’è anche l’ex sindaco Flavio Tosi, sarebbe un problema per entrambi ma non – è la malignità di un berlusconiano di altissimo rango – per Salvini, che in caso di vittoria di Tommasi «respingerebbe gli attacchi alla sua leadership nella coalizione (Meloni) e anche nel partito (Zaia)». Ma questo sarebbe, nel caso, il tema del secondo turno. Al primo, già stasera, le leadership si misureranno con un voto geograficamente a macchia di leopardo; dove si conteranno, oltre ai sindaci confermati al primo turno e alle poltrone sottratte alla coalizione avversa, anche i voti di lista. Le amministrative di oggi potrebbero riservare sorrisi a Letta (attualmente il centrosinistra dei 26 capoluoghi di provincia al voto ne governa sei) e Berlusconi; meno al M5S, dove Conte spera che le percentuali delle liste (non ci sono candidati sindaci) siano all’altezza dei sondaggi nazionali e di qualche bagno di folla che l’ex presidente del Consiglio è tornato a intravedere in campagna elettorale. Renzi guarda a Genova. «Bucci è Bucci, e vince da solo. Ma se i nostri voti si rivelassero decisivi a farlo vincere già al primo turno, l’operazione sarebbe riuscita alla grande», ha confessato il leader di Iv nei giorni in cui chiudeva l’accordo col centrodestra. È la penultima prova generale prima delle elezioni politiche. Dopo di oggi, solo le elezioni regionali in Sicilia. È una prova che può consolidare le coalizioni o farle esplodere, fortificare una leadership o indebolirla, trasformare un outsider in un protagonista o, al contrario, relegare un protagonista al ruolo di outsider. E soprattutto può dare due risultati diversi. Chi ha il pollice sul tappo di champagne è anche quello che ha tutto da perdere. Da una parte e dall’altra. 12 giugno 2022 (modifica il 12 giugno 2022 | 07:45) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-06-12 05:45:00, Meloni punta a consolidare la leadership di coalizione, mentre Salvini deve preservare la guida della Lega dagli attacchi. Nelle città il peso delle sfide interne al centrodestra, Tommaso Labate

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