di Monica GuerzoniL’Italia il solo grande Paese europeo con questo primato. Il dualismo tra la fondatrice di Fratelli d’Italia e la papessa straniera che ha scalato il Pd Ci sono voluti decenni, ma il momento arrivato e per la politica italiana una rivoluzione. Giorgia e Elly. Per la prima volta, alla guida del principale partito di maggioranza e del pi grande partito dell’opposizione non ci sono due uomini e questa gi una svolta. Dopo anni a rincorrere Paesi pi avanzati in fatto di parit e di opportunit di genere, ora l’Italia, anche grazie all’effetto emulazione scatenato dalla vittoria di Giorgia Meloni, la sola grande nazione europea che ha due donne a capo delle forze principali del Parlamento. La prima tra i 27 Paesi Ue a conquistare il record della doppia leadership femminile era stata la Finlandia, dove la premier Sanna Marin (SDP) e dove la forza pi grande dell’opposizione, il PS, trainata da Riikka Purra. Dalla notte di domenica, quando la ex parlamentare europea ha vinto le primarie del Pd anche grazie ai voti di tanti ragazzi e ragazze, il mondo politico italiano si interroga su differenze e similitudini di due leader che hanno un’idea di societ opposta, ma sono entrambe molto radicali nelle rispettive concezioni di destra e di sinistra. Una ha fondato Fratelli d’Italia a 36 anni nel 2002, lo ha costruito a sua immagine e somiglianza portandolo dal 3 al 33 per cento, ha sbaragliato in un colpo solo sia Silvio Berlusconi che Matteo Salvini e ha, parole sue, rotto il tetto di cristallo. L’altra, la sfidante, ha scalato il Pd da papessa straniera a 37 anni in poche settimane, dopo aver ripreso la tessera due mesi fa. E adesso dovr smarcarsi dai vari Orlando, Bersani, Franceschini, Bettini, Zingaretti, Speranza e dimostrare sul campo la sua leadership e la capacit di unire e scongiurare la scissione, fuori dalle logiche correntizie che hanno quasi ucciso il Pd. Da qui alle Europee del prossimo anno e fino alle prossime elezioni politiche, la corsa per diventare l’anti-Giorgia sar lunga. Ma da tempo che Schlein si sente pronta a diventare un bel problema per Meloni. Da quando, il 4 dicembre 2022, si era piazzata in mezzo al pubblico del Monk e aveva lanciato la sua candidatura al Nazareno: Io posso diventare la segretaria del nuovo Pd. Lo aveva gridato senza alzare troppo i decibel, da un locale della periferia romana amato dai giovani aveva scandito le parole e sottolineato come quella a di segretaria fosse destinata a scrivere un pezzo, per quanto tardivo, di storia della sinistra italiana. Appena un mese prima, il capo di gabinetto della presidenza del Consiglio comunicava che l’appellativo ufficiale per la nuova premier sarebbe stato il Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, on. Giorgia Meloni. Polemica inevitabile, rettifica a stretto giro e il signor era sparito dalla carta intestata di Palazzo Chigi, senza per cancellare la tesi meloniana: Sono i migliori che devono andare avanti, al di l se si tratti di donne o uomini. a quel modello di leadership che Schlein lancia la sfida, con slogan come il Pd non ha bisogno di un uomo o una donna sola al comando e non ce ne facciamo nulla di una donna premier che non difende le altre donne. Il femminismo della neo-segretaria come risposta al femminile della leader della destra. Io sono Giorgia, sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana, recitava il tormentone elettorale della candidata a Palazzo Chigi. E Schlein lo ribaltava cos: Sono una donna. Amo un’altra donna e non sono una madre, ma non per questo sono meno donna. Giorgia parla molto al singolare, Elly teorizza il noi e giura di affidarsi al collettivo. E se per la prima il verbo governare cerca la rima con comandare, la seconda dovr imparare a tenere in mano lo scettro del potere. Per i dem una storia tutta da scrivere, dopo otto segretari uomini e la tendenza a mandare avanti le compagne per cooptazione, o concedendo loro posti in quota di genere e di corrente. Nel discorso di investitura Enrico Letta lo aveva ammesso: Lo stesso fatto che sia qui io e non una segretaria donna dimostra che abbiamo un problema. Era il 14 marzo nel 2021, poche settimane prima il Pd era entrato al governo senza una sola donna ministro. Ora si volta pagina. Come dice Chiara Braga, che alcuni nuovisti vorrebbero capogruppo dem al posto di Debora Serracchiani, emerge un nuovo protagonismo femminile che non ci vede pi vice. 27 febbraio 2023 (modifica il 28 febbraio 2023 | 00:00) © RIPRODUZIONE RISERVATA , , https://www.corriere.it/rss/politica.xml,