di Marco Galluzzo, inviato a BaliOltre un’ora di colloquio. La linea: lavoriamo su ciò che non ci divide BALI – Da 3 anni Italia e Cina non si parlavano. Almeno ad alto livello, con un faccia a faccia fra i leader. L’ultimo contatto era stato in video conferenza. L’unico colloquio diretto fra Mario Draghi e il presidente cinese aveva fermato il cronometro del resoconto diplomatico a 14 minuti di conversazione. Ieri il bilaterale con Giorgia Meloni era stato programmato per durare 30 minuti, alla fine i due hanno parlato più di un’ora. L’incontro rappresenta una riapertura del dialogo fra Roma e Pechino. Non si menziona il memorandum sulla Via della Seta siglato dal governo Conte, sostanzialmente mai applicato, ma il confronto è ad ampio spettro. Si discute persino di Taiwan, anche se in modo indiretto, senza mai fare il nome dell’isola. Meloni ringrazia Xi Jinping per lo sblocco di un contratto negoziato da tre anni, che porterà il consorzio europeo che produce gli Atr, in fabbriche italiane, a vendere ai cinesi più di 250 apparecchi nei prossimi dieci anni. Si discute in modo aperto della crisi in Ucraina, con il presidente cinese che pronuncia parole molto nette, per certi versi inaspettate: se lo scontro nucleare è assolutamente da evitare, messaggio già consegnato a Biden, ora Xi Jinping aggiunge una sfumatura di non poco conto: «La nostra capacità di influenzare Putin è molto limitata». È forse il benvenuto di Xi a rompere il ghiaccio, a incanalare il dialogo su un binario di franchezza, ma anche di apertura: le racconta di essere uscito rafforzato dal Congresso del suo partito ma soprattutto Xi le riconosce un ruolo. «Sono contento di poter lavorare con una donna che dirige un governo politico». Nonostante questo i due non nascondono i reciproci problemi, Meloni solleva il nodo dei diritti umani e quello della difficile penetrazione dei nostri imprenditori nel mercato interno cinese, ma i due convergono di lavorare «su quello che non ci divide». Gli Atr sono un esempio, dice lo stesso Xi, ma anche le relazioni culturali fra due civiltà millenarie: «Uno dei più bei viaggi della mia vita l’ho fatto in Italia nel 2019, e sono grato al presidente Mattarella, di cui ho grande stima, io amo molto il vostro Paese e spero che lei possa venire in visita in Cina e che possa dire la stessa cosa». Invito accettato. Sembrano sfumature, o questioni di protocollo diplomatico, ma fino a un certo punto: Meloni si presenta di fronte a Xi dopo l’incontro avuto con Biden, con l’alleato di Washington ha discusso delle relazioni europee con Pechino, non per nulla gli chiede rassicurazioni sulla stabilità geopolitica in Asia, menzionando in modo esplicito il rischio di nuovi conflitti. Il riferimento è a Taiwan, è indiretto, ma Xi Jinping risponde e in modo rassicurante: «Siamo fedeli al concetto di one china policy, ma vogliamo evitare e non provocheremo situazioni conflittuali». C’è poi l’aspetto commerciale. Se Meloni rivendica una maggiore apertura, un vero level playing field — parità di condizioni — per gli investimenti italiani, Xi risponde in modo pragmatico: eravamo pronti a firmare un accordo di largo respiro con l’Unione europea, ma è stata Bruxelles a congelare tutto. Non si menziona il dettaglio delle sanzioni e contro-sanzioni sulla questione delle minoranze perseguitate, ma non è l’occasione giusta. C’è invece il tempo per il messaggio cui Xi tiene forse di più: «Nella situazione attuale, è di grande importanza promuovere la stabilità e lo sviluppo a lungo termine delle relazioni Cina-Ue. Si spera che la parte italiana svolga un ruolo importante nell’insistenza dell’Ue nel perseguire e favorire una politica cinese indipendente e positiva», è uno dei passaggi che dopo qualche ora diffonde una nota di Pechino. 17 novembre 2022 (modifica il 17 novembre 2022 | 07:05) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-17 06:09:00, Oltre un’ora di colloquio. La linea: lavoriamo su ciò che non ci divide, Marco Galluzzo, inviato a Bali