Mensa: genitori chiedono autorefezione, il caso del Comune che sospende ditta per inadempienza. Come regolamentarla

Mensa: genitori chiedono autorefezione, il caso del Comune che sospende ditta per inadempienza. Come regolamentarla

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La notizia che, in questi giorni, ha riempito i giornali è quella relativa alla sospensione del servizio mensa in un comune siciliano in ragione della circostanza che nell’acqua le analisi dell’Azienda Sanitaria Provinciale avevano rilevato una considerevole presenza di escherichia-coli, il batterio che aveva creato notevoli disturbi gastro-intestinali a circa 250 alunni e anche a molti insegnanti che avevano pranzato a mensa. Cosa accade, dunque, in questi casi? Cosa proporre e, principalmente, quali obblighi in capo ai genitori e all’amministrazione scolastica? Premettiamo e confermiamo il “riconoscimento del diritto della minore ad essere ammesso a consumare i propri pranzi di preparazione domestica nel locale refettorio” come confermato da giurisprudenza maggioritaria e, non in ultimo, dal TAR Lazio, sez. III-bis sentenza 19 novembre – 13 dicembre 2019, n. 14368 che in questo articolo richiamiamo.

La scelta dell’autorefezione come scelta immediata per non interrompere il tempo pieno

La scelta dell’autorefezione, da leggersi come esplicazione del diritto all’autodeterminazione nelle scelte alimentari di cui all’art. 32 della Costituzione, sarebbe certamente il modo, implicito e esplicito, col il quale il fanciullo si possa effettivamente tutelare contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, dalle opinioni professate o dalle convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari, oltre che, evidentemente, da una situazione oggettiva che altra soluzione non avrebbe che quella di affidare, su richiesta degli stessi, proprio ai genitori il compito di sopperire ad una situazione di gravissimo disagio che subiscono e, naturalmente, non hanno determinato. Richiamano, a tal riguardo, a maggiore conferma della linea maestra più perseguibile, l’art. 28 comma 2 della Convenzione dei diritti del fanciullo, adottata a New York il 20 novembre 1989 e recepita in Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176, per la quale “gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento per vigilare affinché la disciplina scolastica sia applicata in maniera compatibile con la dignità del fanciullo in quanto essere umano e in conformità con la presente Convenzione”. In questo quadro normativo internazionale che garantisce i più elementari diritti dei fanciulli alla non discriminazione, all’inclusione ed al trattamento dignitoso e decoroso, anche e soprattutto nel rispetto delle libere scelte della famiglia, si inserisce la sentenza TAR Lazio, sez. III-bis sentenza 19 novembre – 13 dicembre 2019, n. 14368 che accetta le lagnanze dei genitori a fronte di alcune scelte della dirigenza scolastica, la quale, a fronte di ben determinate scelte, costringe a fruire forzatamente di un servizio categoricamente rifiutato. O, nel caso di specie, non fornito per varie motivazioni.

La giurisprudenza amministrativa più recente

La giurisprudenza amministrativa più recente ha affrontato e risolto buona parte delle apparenti problematiche ostative al libero esercizio del diritto all’autorefezione. In tutti i vari procedimenti, radicati innanzi al Giudice Amministrativo nell’ambito della propria giurisdizione esclusiva ex art. 133, lett. c) del c.p.a., il tema della sussistenza del diritto all’autorefezione dei minori in ambito scolastico è sempre stato trattato e risolto in favore delle rivendicazioni delle famiglie.

La Corte di Cassazione e la sentenza n. 20504 del 30.07.2019: il TAR afferma altro

La sentenza TAR Lazio, sez. III-bis sentenza 19 novembre – 13 dicembre 2019, n. 14368 richiama per poi poterne smentire l’applicazione la difesa dell’amministrazione scolastica basata sulle motivazioni adottate dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza n. 20504 del 30.07.2019, secondo cui “ Un diritto soggettivo perfetto e incondizionato all’autorefezione individuale, nell’orario della mensa e nei locali scolastici, non è configurabile e, quindi, non può costituire oggetto di accertamento da parte del giudice ordinario, in favore degli alunni della scuola primaria e secondaria di primo grado, i quali possono esercitare diritti procedimentali, al fine di influire sulle scelte riguardanti le modalità di gestione del servizio mensa, rimesse all’autonomia organizzativa delle istituzioni scolastiche, in attuazione dei principi di buon andamento dell’Amministrazione pubblica”.

La sentenza TAR Lazio, sez. III-bis sentenza 19 novembre – 13 dicembre 2019, n. 14368: il servizio mensa va tenuto distinto dal concetto di tempo mensa

Con la sentenza del 19 novembre – 13 dicembre 2019, n. 14368, il TAR Lazio, sez. III-bis “ritiene di condividere i principi affermati nella sentenza della Corte di Appello di Torino n. 1049/2016 che, dagli artt. 5 e 7 del D.Lgs. n. 59/2004, evince il principio secondo cui “il diritto all’istruzione primaria non corrisponde più al solo diritto di ricevere cognizioni, ma coincide con il diritto di partecipare al complessivo progetto educativo e formativo che il servizio scolastico deve fornire nell’ambito del “tempo scuola in tutte le sue componenti e non soltanto a quelle di tipo strettamente didattico, ragion per cui il permanere presso la scuola nell’orario della mensa costituisce un diritto soggettivo perfetto proprio perché costituisce esercizio del diritto all’istruzione ”. Il “tempo mensa”, se vissuto e condiviso tra tutti i membri della classe, rappresenta un essenziale momento di condivisione, di socializzazione, di emersione e valorizzazione delle personalità individuali, oltre che di confronto degli studenti con i limiti e le regole che derivano dal rispetto degli altri e dalla civile convivenza. Il tempo mensa, dunque, è a tutti gli effetti tempo scuola. Il servizio mensa, non può dirsi invece strettamente qualificante il servizio di pubblica istruzione e, pertanto, va tenuto distinto dal concetto di tempo mensa. Le argomentazioni utilizzate dalle SS.U della Corte di Cassazione con la sentenza n. 20504 del 30 luglio 2019 nell’affermare che, nel vigente sistema scolastico italiano, tra le varie finalità educative proprio del progetto formativo scolastico, vi sarebbe quella della “educazione all’alimentazione”, non appaiono persuasive”.

Refezione: obbligatorietà o libertà?

Il TAR Lazio, sez. III-bis con la sentenza 19 novembre – 13 dicembre 2019, n. 14368 ribadisce che “il servizio di ristorazione scolastica previsto dal D.M. 31 dicembre 1983 è un servizio locale a domanda individuale, oneroso, facoltativo sia per l’Ente Locale, libero anche di non erogarlo, sia per l’utenza, libera di non servirsene. Tale facoltatività reciproca è stata confermata dal recente D.lgs. n. 63/2017, il cui art. 6 prevede che i servizi di mensa sono “attivabili a richiesta degli interessati”. All’interno di questo quadro normativo l’autorefezione, quale esplicazione del diritto costituzionale alla scelta alimentare tutelato dagli articoli 2 e 32 Cost., non comporta in alcun modo una modalità solitaria di consumazione del pasto, dovendosi, per quanto possibile, garantire, da parte dell’Amministrazione scolastica, la consumazione dei pasti degli studenti in un tempo condiviso che favorisca la loro socializzazione. Altrimenti ragionando verrebbe ad essere leso il diritto di partecipare al “ tempo mensa” quale segmento del complessivo progetto educativo ovvero-fruendo della refezione scolastica per necessità ed in assenza di alternativa- si trasformerebbe il relativo servizio in servizio obbligatorio”.

Il Ministero dell’Istruzione e la circolare 348 del 3 marzo 2017

Il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, con la circolare 348 del 3 marzo 2017, rivolta ai direttori degli Uffici scolastici regionali, muovendo dagli enunciati della giurisprudenza richiamata che ha riconosciuto il diritto degli alunni di consumare il cibo portato da casa, ha confermato la possibilità di consumare cibi portati da casa, dettando alcune regole igieniche ed invitando i dirigenti scolastici ad adottare una serie di conseguenziali cautele e precauzioni. Occorre pertanto, per poter legittimamente restringere da parte della pubblica autorità una tale naturale facoltà dell’individuo o per esso della famiglia, che sussistano dimostrate e proporzionali ragioni inerenti quegli opposti interessi pubblici o generali.

L’estensione dell’attività di preparazione alimentare familiare autogestita

Invero i pasti di preparazione domestica, al pari delle merende del mattino, costituiscono – come specifica il TAR Lazio, sez. III-bis con la sentenza 19 novembre – 13 dicembre 2019, n. 14368 – un’estensione dell’attività di preparazione alimentare familiare autogestita, senza intervento di terzi estranei al nucleo familiare; la preparazione di questi è un’attività non assoggettata alle imposizioni delle vigenti normative in materia di igiene dei prodotti alimentari e delle imprese alimentari e relativi controlli ufficiali (Reg. C.E. n. 178/2004, C.E. n. 852/2004 n. 882/2004), non è soggetta a forme di autorizzazione sanitaria, né a forme di controlli sanitari, e ricade completamente sotto la sfera di responsabilità dei genitori o degli esercenti la potestà genitoriale, sia per quanto concerne la preparazione, sia per ciò che attiene la conservazione ed il trasporto dei cibi in ambito scolastico.

La vigilanza

La sola competenza del dirigente e del corpo docente è quella che passa attraverso la vigilanza sui minori, volta ad evitare che vi siano scambi di alimenti, la stessa identica funzione che, presumibilmente, dovrebbero assolvere anche durante gli intervalli del mattino.

Corrette procedure per gestire i rischi da interferenze

Competerà, quindi, all’Amministrazione scolastica ed a quella comunale adottare le corrette procedure per gestire i rischi da interferenze, con applicazione dell’art. 26, commi 3 e 3 ter del D.Lgs n. 81/08, applicabile al caso dei refettori scolastici, ossia con conseguente adeguamento del documento unico di valutazione dei rischi. Tale ultima disposizione, recita, infatti “Nei casi in cui il contratto sia affidato dai soggetti di cui all’articolo 3, comma 34, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o in tutti i casi in cui il datore di lavoro non coincide con il committente, il soggetto che affida il contratto redige il documento di valutazione dei rischi da interferenze recante una valutazione ricognitiva dei rischi standard relativi alla tipologia della prestazione che potrebbero potenzialmente derivare dall’esecuzione del contratto. Il soggetto presso il quale deve essere eseguito il contratto, prima dell’inizio dell’esecuzione, integra il predetto documento riferendolo ai rischi specifici da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l’appalto; l’integrazione, sottoscritta per accettazione dall’esecutore, integra gli atti contrattuali”. Spetterà, dunque, al datore di lavoro (dirigente scolastico) integrare il documento con riferimento esplicito ai rischi da interferenza presenti nei luoghi in cui verrà espletato l’appalto in modo tale che questa integrazione, sottoscritta per accettazione dall’appaltatore, vada ad integrare gli atti contrattuali. Individuati rischi di interferenza non resta che determinare gli strumenti e “le misure per eliminare e, ove ciò non sia possibile, ridurre al minimo” i medesimi e tali misure non possono che essere costituite da un’adeguata formazione ed informazione rivolta al corpo docente cui la legge assegna la funzione di vigilanza ed assistenza educativa.

Un regolamento per l’autorefezione

L’Istituto Comprensivo Statale “Raffaello Giovagnoli” di Monterotondo (RM) ha, a tal riguardo, adottato un eccellente “Regolamento consumazione pasto domestico per gli alunni della scuola primaria iscritti al tempo pieno”. L’Istituto diretto dal dirigente scolastico Dott.ssa Teresa Barletta, brillante manager dello Stato, pone l’accento sulla “Responsabilità delle famiglie” affermando che “il pasto fornito dai genitori e consumato da alunni/e a scuola costituisce un’estensione dell’attività di preparazione alimentare familiare autogestita, pertanto è un’attività non soggetta alle imposizioni delle vigenti normative in materia di igiene dei prodotti alimentari e delle imprese alimentari e relativi controlli ufficiali (reg. C.E. n.178/2004, C.E. n. 852/2004, n. 882/2004), a forme di autorizzazione sanitaria né a forme di controlli sanitari. La preparazione, il trasporto e la conservabilità dei cibi, come anche il loro apporto nutrizionale, rientrando nelle competenze e responsabilità esclusive dei genitori, saranno assicurati dalle famiglie. Nell’interesse primario della salute dei bambini, è essenziale che vengano assicurate idonee condizioni igieniche degli alimenti consumati ed il giusto apporto di nutrienti e calorie. Si suggerisce che possa essere utilizzato come guida il menu proposto nella scuola. La famiglia si impegna a comunicare per iscritto la propria scelta all’istituto, al Comune di Monterotondo (Servizio Politiche Educative) e a Cir Food”.

Regolamento consumazione_pasto_domestico

, 2022-10-28 05:40:00, La notizia che, in questi giorni, ha riempito i giornali è quella relativa alla sospensione del servizio mensa in un comune siciliano in ragione della circostanza che nell’acqua le analisi dell’Azienda Sanitaria Provinciale avevano rilevato una considerevole presenza di escherichia-coli, il batterio che aveva creato notevoli disturbi gastro-intestinali a circa 250 alunni e anche a molti insegnanti che avevano pranzato a mensa. Cosa accade, dunque, in questi casi? Cosa proporre e, principalmente, quali obblighi in capo ai genitori e all’amministrazione scolastica? Premettiamo e confermiamo il “riconoscimento del diritto della minore ad essere ammesso a consumare i propri pranzi di preparazione domestica nel locale refettorio” come confermato da giurisprudenza maggioritaria e, non in ultimo, dal TAR Lazio, sez. III-bis sentenza 19 novembre – 13 dicembre 2019, n. 14368 che in questo articolo richiamiamo.
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