di Lara Sirignano
Per i magistrati Giovanni Luppino, fermato luned con il capomafia, potrebbe essere custode di molti segreti. Aveva in tasca due cellulari in modalit aerea e vari biglietti: Bugia macroscopica che non conoscesse la vera identit del boss
Un attimo prima che i carabinieri del Ros lo circondassero ha capito che la sua fuga era giunta al termine. finita, ha detto Matteo Messina Denaro al suo autista Giovanni Luppin o, arrestato luned col capomafia. Ed stato proprio Luppino a raccontarlo al gip che oggi per lui ha disposto il carcere. Solo che l’autista del padrino di Castlevetrano, ufficialmente imprenditore agricolo, ha sostenuto davanti al giudice di avere ignorato, fino al quel momento, la vera identit del suo passeggero.
L’ho conosciuto mesi fa, me lo present Bonafede (il geometra che ha prestato l’identit a Messina Denaro) come Francesco e non l’ho pi rivisto. La sera prima del viaggio a Palermo l’ho incontrato ancora e mi ha chiesto un passaggio per la clinica in cui doveva andare a curarsi il cancro. Vedendo avvicinarsi i carabinieri, dunque, Luppino si sarebbe reso conto che Francesco non era Francesco e avrebbe chiesto a Messina Denaro: Cercano te?. Alla domanda il boss avrebbe risposto S. finita.
Un racconto, al netto delle ultime parole da uomo libero del padrino trapanese, al quale i pm e il gip non hanno creduto nemmeno per un istante. La versione dei fatti fornita dall’indagato macroscopicamente inveritiera, non essendo credibile che qualcuno, senza preavviso, si presenti alle cinque del mattino a casa di uno sconosciuto per chiedergli la cortesia di accompagnarlo in ospedale per delle visite programmate, in assenza di una situazione di necessit e urgenza. Ma al di l di ogni considerazione logica, sono le risultanze investigative a fornire il dato decisivo, nella misura in cui il possesso del coltello e dei due cellulari — entrambi tenuti spenti ed in modalit aereo — suggeriscono che Luppino fosse talmente consapevole dell’identit del Messina Denaro da camminare armato e ricorrere ad un contegno di massima sicurezza per evitare possibili tracciamenti telefonici , ha scritto il gip nell’ordinanza di custodia cautelare. E, sulla stessa scia, chiedendo il carcere per l’imprenditore i pm l’avevano definito una persona di assoluta fiducia del boss.
Anzi, trattandosi di un soggetto a stretto contatto con il noto latitante — ha scritto il gip Fabio Pilato — pu senz’altro presumersi che egli sia custode di segreti e prove che farebbe certamente sparire se lasciato libero. A ci si aggiunga che occorre svolgere degli accertamenti sui pizzini dal contenuto sospetto rinvenuti al momento della perquisizione.
Nessun elemento pu allo stato consentire di ritenere che una figura che letteralmente riuscita a trascorrere indisturbata circa 30 anni di latitanza — aveva detto il pm Piero Padova nella richiesta della misura cautelare — si sia attorniata di figure inconsapevoli dei compiti svolti e dei connessi rischi, ed anzi, l’incredibile durata di questa latitanza milita in senso decisamente opposto, conducendo a ritenere che proprio l’estrema fiducia e il legame saldato con le figure dei suoi stessi fiancheggiatori abbia in qualche modo contribuito alla procrastinazione del tempo della sua cattura che, altrimenti, sarebbe potuta effettivamente intervenire anche in tempi pi risalenti.
20 gennaio 2023 (modifica il 20 gennaio 2023 | 16:18)
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