di Valerio Cappelli, inviato a Cannes
L’attrice debutta come regista: «In Marcel!» rielabora un passato doloroso con una favola. «La protagonista Alba Rohrwacher: «Era una donna fuor dagli schemi, capace di crudeltà e di accoglienza».
Jasmine Trinca chiude il cerchio con il festival, e con sua madre. La stanza del figlio, il bel film con cui Nanni Moretti vinse la Palma d’oro spegnendo l’interruttore dell’autoreferenzialità, nel 2001 fu il suo esordio; Marcel! (dal primo giugno nelle sale per Vision Distribution) è il debutto come regista, e lo dedica ai suoi genitori. Il padre lo perse che aveva 2 anni, dicevano che era l’uomo più bello di Testaccio; dieci anni fa se n’è andata sua madre, ed è lei, trasfigurata, la protagonista di questa storia, col volto di Alba Rohrwacher.
In un gioco di sovrapposizioni sua madre che non ha mai fatto l’attrice qui è un’artista di strada. «Mia madre si arrangiava con mille lavoretti. Era una donna molto più libera di me, anche come sono ora, era un’avanguardista mai oblativa, devota alla figliolanza ma non nel senso di cosa dev’essere il femminile». Lontana dalla mitologia della madre protettiva, veniva da un milieu semplice: «Col poco che avevamo, sono arrivata qui. Il film è il tentativo di far pace, una riconciliazione. Abbiamo lavorato con un materiale che non è paradigmatico della società, i personaggi sono tutti singoli, scrivere col cinema dà la possibilità di un immaginario diverso, è una madre sghemba, che malgrado questo zoppicare è capace di un messaggio d’amore». E’ uno sguardo molto personale. Marcel nel film è il cane di famiglia, Jasmine da bambina (Maayane Conti, 11 anni, francese) dice alla madre che vuol più bene al cane che a lei. Marcel non è esistito, è nel «reparto» libere invenzioni.
Jasmine per raccontare una cosa per lei così intima e preziosa, si è rivolta alle amiche: oltre ad Alba, i camei di Paola Cortellesi (uno spasso nella scena della televendita) e di Valeria Golino che sul set pensa di essere la reincarnazione di Marcel Marceau e di Pina Bausch. Valeria è un puntino laggiù sullo schermo che però per Jasmine è un puntone: «Uno dei miei momenti preferiti, rappresenta lo psicodramma, fa l’analista che mette in scena il dolore e la perdita. Era un monologo scritto in greco (la madre di Valeria è greca), che…è il paese della mia analista».
Jasmine Trinca nell’idea di partenza è stata influenzata da «Chaplin, dal suo bollito misto di suole di scarpe, piccole cose che diventano un orizzonte infinito, e si guardano come un sogno». Così gelosa del suo privato, alla madre ha dedicato il film e il cortometraggio precedente, sempre con Alba Rohrwacher che restituisce «una donna fuori dagli schemi, capace di crudeltà e accoglienza». Alba sente «la responsabilità» nel custodire e restituire un pezzo di album di famiglia rielaborato, trasfigurato, dove le «foto» diventano immagini oniriche. I nonni di Jasmine nel film sono Umberto Orsini e Giovanna Ralli, mentre la piccola Maayane quando parla sembra una piccola Freud, perché il suo personaggio «si vede che ha perso qualcosa».
Jasmine Trinca a Cannes tornò vincendo a Un certain regard con Fortunata, ora è in giuria: «Incontro persone di cui ho una stima enorme, c’è uno scambio di idee molto democratico e e vedo il meglio del cinema mondiale. Lo faccio con rispetto e cura per il lavoro altrui». Nata da due romani anomali, è diventata un’attrice sofisticata. «Questa è una commedia che unisce umori diversi, con qualcosa di nero, quando nell’ambiente mostravo il copione erano intimoriti dal tono». Ha una figlia, Elsa, con cui è metodica, precisa, ci sono le regole, dà quello che non ha avuto (ma fu sua madre che da adolescente la portava a vedere i film di Nanni Moretti). E’ diventata madre senza essere stata figlia.
21 maggio 2022 (modifica il 21 maggio 2022 | 18:41)
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, 2022-05-21 20:08:00, Jasmine Trinca regista: rielaboro un passato doloroso con una favola , Valerio Cappelli