Magris: Le mie due ore con Ratzinger. Grande studioso, la sua figura è stata spesso alterata

Magris: Le mie due ore con Ratzinger. Grande studioso, la sua figura è stata spesso alterata

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il racconto

di Claudio Magris01 gen 2023

Magris: «Le mie due ore con Ratzinger. Grande studioso, la sua figura è stata spesso alterata»

Quando Ges, avviandosi alla sua Passione, chiede al Padre di risparmiargli quel tragico Calice, accettando che sia fatta non la propria ma la sua volont, ci si chiede cosa significa questa invocazione o almeno se lo chiede il credente per il quale Ges pure la seconda Persona della Trinit, e il Padre stesso. una delle cose di cui abbiamo parlato nella per me indimenticabile udienza privata che Benedetto XVI — molto tempo prima delle sue ferme dimissioni, la cui chiarezza e il cui mistero sono inscindibili — mi aveva concesso dopo la mia presentazione del secondo volume della sua trilogia Ges di Nazareth, scritta non in veste di pontefice che si proclama infallibile in tema di fede ma in veste di grande studioso, teologicamente e filosoficamente profondo e narratore di uno dei grandi momenti della storia del mondo.

Questo mettersi in discussione, con autorit aperta al dialogo, uno dei grandi gesti e dei grandi momenti del suo pontificato, uno dei momenti in cui si sente pi fortemente il nesso e la contrapposizione fra Cristianesimo e mondo e la storia del loro rapporto apparentemente sempre pi lacerato.
l’umanit di Cristo, umana per gli uni e divina per gli altri, che rende Cristo figura dell’umanit per eccellenza, sempre pi e tanto pi oggi, in una visione del mondo che tende a trasformare l’uomo tanto da renderlo irriconoscibile a s stesso. Nella Silicon Valley si parla e si lavora, stato detto, anche per abolire la morte e dunque l’uomo come lo si sempre pensato e sentito, “mortale” appunto.

Pure il Cristianesimo — anche e forse soprattutto di questo si parlato in quel nostro incontro, in cui Benedetto XVI si esprimeva con una chiarezza arricchita da sottigliezze mai sofisticate e da una sciolta conversazione — pu essere destinato all’estinzione, come le specie e le culture del passato. Certo, sottolineava, noi — i cristiani — ci affidiamo alla promessa del non praevalebunt, alla fede che la negazione della Buona Novella non prevarr.
Ma nulla ci assicura — continuava — che per mille o pi anni il Cristianesimo non possa ridursi a sparuti gruppi, vicini alla sparizione, catacombe e non chiese.
Anche in quel paio d’ore emergeva la grande cultura di Benedetto XVI, lo studioso di Sant’Agostino o San Bonaventura, il suo lavoro legato ad altri maestri di teologia come Urs von Balthasar o Henri de Lubac, l’iter della sua ascesa nel governo della Chiesa sino all’elezione papale e alle dimissioni, i diversi ambiti della teologia e della cultura da lui studiati.

Ma soprattutto emergeva la radice profondamente tedesca della sua formazione e della sua cultura, quella Germania soprattutto meridionale, la Germania di Freising, di Monaco, di Regensburg, di Tbingen. Una Germania in cui mi sento di casa, specie a Freiburg, di cui abbiamo parlato a lungo. Si sentiva che le cose grandi hanno bisogno di una dimensione da toccar con mano, di quell’aura mozartiana che egli stesso ha indicato come un’atmosfera della sua formazione e non solo per la sua passione musicale. Gli ho perfino chiesto se conosceva Der goldene Anker, l’Ancora d’oro, il piccolo locale dove abitavo quando studiavo a Freiburg e lui sembrava quasi dispiaciuto di non conoscerlo.

Forse — pensavo dinanzi a quell’amabilit insieme riservata e cordiale — non stato abile nella stilizzazione della sua figura, che ha potuto venir vissuta e spesso alterata in una chiusura reazionaria e far di lui un bersaglio di contestazioni anche aggressive e irriguardose.
Ma non ho mai capito perch, come stato osservato, molti di coloro che ad esempio lo fischiavano per la sua ostilit al matrimonio omosessuale non andassero a tirare pomodori contro le ambasciate di Paesi in cui gli omosessuali sono sottoposti a violenze o vengono (ricordo una terribile fotografia sul Corriere) decapitati. Lo si visto come un avversario del Concilio di Giovanni XXIII, eppure le sue posizioni sono state attaccate dalle forze pi conservatrici della Curia romana, che gli ha dovuto delle scuse.

Certe sue posizioni sono state talora esasperate in certi toni di politica culturale conservatrice che, in quel nostro incontro, non si sentivano affatto presenti nelle sue parole e forse in generale avrebbe potuto tracciare qualche confine pi netto.
Quelle sue pi tarde dimissioni sono un punto di domanda rispetto al quale difficile e forse scorretto fare illazioni. Ne ha pagato il prezzo anche nell’amicizia, come la rottura con Hans Kng ma le parole e soprattutto il loro tono, quando quella vita lo ha preceduto nella morte, lasciano intendere che Benedetto XVI sapesse forse con fin troppo pudore, cos’ l’amicizia.

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