Michelle Obama: «Riesco ancora a volare alto (ma è sempre più difficile). La rabbia? Ho imparato ad usarla»

Michelle Obama: «Riesco ancora a volare alto (ma è sempre più difficile). La rabbia? Ho imparato ad usarla»

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di Viviana Mazza

L’ex first lady torna in libreria con ‘La luce che è in noi’. L’amore per il marito che «c’è e ci sarà sempre», le figlie ora grandi, le «linee sulla sabbia» e l’impossibile che diventa possibile (grazie anche alla tv leggera)

Se c’è una frase di Michelle Obama che più di ogni altra fa parte nell’immaginario collettivo , stampata su magliette e tazze della colazione, è questa: «Quando gli altri volano basso, noi voliamo alto». Era il cuore del suo discorso alla convention nazionale democratica del 2016 a Filadelfia, quando Donald Trump era in corsa per la presidenza contro Hillary Clinton. «E quando ripenso a quel momento, non avrei mai potuto immaginare che quelle parole sarebbero diventate un sinonimo del mio nome», dice l’ex first lady, 58 anni, in un’intervista esclusiva con 7. A quel messaggio ritorna nel suo nuovo libro, La luce che è in noi, seguito del successo planetario Becoming, entrambi pubblicati in Italia da Garzanti.

Di fronte alle provocazioni e alle ingiustizie, alla pandemia e alle tensioni razziali, all’abolizione di Roe v. Wade con «i nostri stessi leader che si muovono per criminalizzare l’aborto», di fronte ai «funzionari repubblicani che continuano a diffondere falsità sulle elezioni» anche dopo l’assalto al Congresso («abbiamo visto una folla rabbiosa di rivoltosi irrompere con violenza nei nostri luoghi istituzionali più sacri, convinta che sfondando le porte e orinando sul tappeto di Nancy Pelosi avrebbe in qualche modo reso grande il nostro Paese») e in un clima in cui lei stessa ha confessato di aver sofferto di una leggera depressione, si può ancora volare alto? Michelle Obama ne ha discusso con noi.

«Negli oltre sei anni che sono passati da quando ho pronunciato quelle parole, ho avuto tanto tempo per riflettere su questo concetto in modo più ampio, e la risposta alla sua domanda—se sia possibile o no volare alto — è ancora sì. È sempre sì. Ecco perché. Per lungo tempo, volare alto è stato un semplice mantra che Barack e io usavamo per incoraggiarci a vicenda. Era una semplificazione dei nostri ideali, una zuppiera piena di ingredienti, di cose che abbiamo ricavato dalla nostra educazione cotte a fuoco lento nel corso degli anni: di’ la verità, cerca di essere giusto con gli altri, guarda le cose in prospettiva, trova il modo di restare forte in tutto questo. Suona semplice, persino banale. Dalla sua domanda credo che lei capisca che non lo è».

«SONO STATA IN LUTTO. SONO STATA ARRABBIATA. POI HO PENSATO A QUELLO CHE POTEVO FARE PER PREPARARE IL TERRENO AI MIEI OBIETTIVI»

«Quando c’era gente là fuori a mettere in dubbio il certificato di nascita di Barack o quando gli articoli mi dipingevano come una donna nera arrabbiata per aumentare i clic, non era mai facile volare alto», continua. «E in un mondo di crescente cinismo, disinformazione e odio, non lo sarà mai. In questi giorni sento che è sempre più difficile». Come famiglia nera alla Casa Bianca, gli Obama hanno mostrato che qualcosa prima impossibile era diventato possibile, «nonostante il bigottismo e il pregiudizio così radicati nella vita americana—e forse anche in barba a questi», scrive Michelle Obama. Ma proprio per questo, quando lo stesso Paese che aveva eletto suo marito ha scelto di consegnare il ruolo a Trump, lei è rimasta ferita. Ci ha parlato alla vigilia del voto di midterm, mentre Barack volava per comizi da uno Stato in bilico all’altro, chiamato ad aiutare i democratici in difficoltà: l’ex presidente nei suoi discorsi avverte che la rabbia viene usata per mettere le persone l’una contro l’altra, in un ciclo di violenza alimentato dai politici e dai social.

«Per me volare alto ha acquistato il significato di tracciare una linea nella sabbia» riprende Michelle Obama «un confine che non oltrepasserò. Esserne consapevole mi dà lo spazio di fermarmi per un attimo, sentire il mio dolore e la mia rabbia e tornare con un piano d’azione. Così dopo l’assalto del 6 gennaio o quando la Corte suprema ha aperto la porta alla criminalizzazione dell’aborto, ho fatto un passo indietro e ho permesso ame stessa di sentire. Sono stata in lutto. Sono stata arrabbiata. E poi ho pensato a quello che potevo fare per preparare il terreno per l’obiettivo che volevo io. Quel processo ha riacceso la mia passione per incoraggiare le persone a partecipare alla nostra democrazia e registrarsi per votare».

Anche nel 2016 «volare alto» doveva essere una chiamata a raccolta per gli elettori, non solo perché «sentissero» ma perché «facessero» qualcosa. «Eravamo messi alla prova come nazione. Affrontavamo una sfida morale». Eppure «oltre novanta milioni di elettori rimasero a casa». Trump diventò presidente. «Dobbiamo essere chiari» sottolinea ora l’ex first lady: «Volare alto non significa non fare nulla. Non è disimpegno né semplicemente porgere l’altra guancia. È fare ciò che è necessario per far contare il tuo lavoro e far sentire la tua voce in un modo che sia autentico per te e, si spera, costruttivo per gli altri. È l’impegno di tutta una vita, a vivere con dignità e decoro, che illumina la via per come tratti gli altri e come ti presenti nel mondo».

Barack e Michelle sono diversi. «Lui e un nottambulo che ama le attività solitarie. Io sono mattiniera e mi piacciono le situazioni piene di gente», scrive Michelle in questo nuovo libro che sfiora anche temi (la terapia di coppia, le difficoltà a concepire) già toccati in Becoming: a chi le chiede consigli sull’amore spiega che il loro piccolo trionfo è «la semplice consapevolezza che l’altro è lì per restare».

La luce che è in noi è dedicato ai suoi genitori, Marian e Fraser Robinson, che con il loro amore incondizionato nel South Side di Chicago le hanno insegnato di avere una voce. Ma è chiaro che Michelle cresce anche insieme a Sasha e Malia, osservando come le figlie «imparano la vita».

Quando arrivarono alla Casa Bianca avevano 7 e 10 anni, ora Sasha fa l’università e Malia ha il primo lavoro come autrice tv. Hanno affittato insieme il loro primo appartamento da adulte a Los Angeles, scegliendo con cura i mobili al mercatino delle pulci. Quell’appello a «volare alto» era nato a casa, parlando con le sue bambine, spiegando che dovevano ignorare gli attacchi di chi, a partire da Trump, accusava loro padre di non essere nato negli Stati Uniti. Ora Michelle resta attonita a guardare Malia spolverare (pazienza se solo intorno agli oggetti, senza spostarli dagli scaffali) e Sasha usare sottobicchieri (dopo anni di segni sui tavoli, inclusi quelli della Casa Bianca). Stanno imparando, e si augura che restino «nel mercatino della vita», alla scoperta di flirt e amicizie, senza sentirsi in dovere di scegliere il matrimonio o la maternità prima di avere imparato chi sono veramente.

Che fare allora della rabbia?, chiediamo a Michelle. «Le emozioni così» replica lei «sono cose che senti, ma non dei piani. Non risolvono alcun problema, né correggono alcun torto. La rabbia, la collera e la frustrazione possono spingerci a scrivere frasi furiose sui nostri computer o telefonini e pubblicare o twittare quelle parole rivolgendoci a estranei su internet. Ma spesso ci fermiamo lì, invece di essere precisi e convinti del modo in cui andrebbero impugnate le nostre emozioni. Non dico che le persone non dovrebbero sentirsi arrabbiate. La rabbia è spesso giustificata, meritata, e necessaria. Ma quello che dobbiamo fare è incanalarla in un modo che la renda più di una reazione effimera o un rumore passeggero».

Quando le chiedono se intenda candidarsi in politica (spesso), Michelle risponde che non le interessa. Che ci sono altri modi per lasciare un segno. «Per me la scrittura è un modo grandioso per incanalare la rabbia. Comincio sempre lavorando a partire dai miei pensieri, senza fronzoli. Da lì, punto a quello che voglio davvero dire, quello che sento come la verità. E allora i pezzi di domino cominciano a cadere, i miei sentimenti vengono tradotti in parole sulla pagina e lavoro su di essi finché non sento che sono espressi nel modo più corretto. Così ho imparato ad articolare i pensieri con la mia squadra, la mia famiglia e a volte anche con il Paese. Ovviamente non devi fare un discorso per veicolare i tuoi sentimenti. Per te, il mezzo può essere l’arte o la protesta o ancora una conversazione con qualcuno che ami. C’è sempre un modo in cui la nostra fiamma può restare viva in noi senza distruggerci — possiamo liberarla su una pagina vuota, su una tela bianca o anche in un’urna da riempire».

Nel nuovo libro, l’ex first lady racconta storie: di politici come Stacey Abrams, che per due volte si è candidata alla carica di governatrice della Georgia, ma anche di talenti come le comiche Mindy Kaling (autrice anche di serie tv come la recente Non ho mai…), Ali Wong (Baby Cobra) o il compositore e attore teatrale Lin-Manuel Miranda (da Hamilton a Encanto). Barack dice che «guarda troppa televisione leggera»… ma le chiediamo se “i leader dell’intrattenimento” possano essere altrettanto potenti di chi vince le elezioni nell’educare alla diversità. «Sì, è vero» risponde lei. «Ovviamente non è che musicisti, attori e altre celebrità elaborino esattamente misure politiche, ma stanno davvero plasmando il modo in cui vediamo questo Paese e noi stessi. Quand’ero una ragazzina, guardavo le copertine delle riviste in edicola e potevo contare sulle dita di una mano il numero di volte che qualcuno aveva il mio aspetto. Questo mi ricordava implicitamente che i vertici della società non erano davvero aperti a ragazze come me, che eravamo outsider. Perciò è importante che persone come Lin-Manuel, Ali, Mindy e tanti altri appaiano da protagonisti nei programmi in streaming, nei canali di informazione e altrove. Ai ragazzi che crescono come me nella comunità nera o magari in una famiglia immigrata, vedere che ci sono persone di ogni retroterra ricorda implicitamente che cosa è possibile. E a chi vive in comunità dove non c’è grande diversità, dà la possibilità di condividere un po’ della nostra umanità anche con loro».

LE SIGNORE DELLA CASA BIANCA

FLOTUS (First Lady Of The United States) è il titolo dato alla moglie del presidente degli Stati Uniti d’America. Il suo ruolo non è mai stato codificato, ma la sua figura è stata decisiva in alcuni casi della storia americana, nella vita politica e sociale della nazione. Ecco le 46 protagoniste con accanto il nome del marito presidente di turno

1. MarthaWashington (1789-1797) GeorgeWashington

2. Abigail Adams (1797-1801) John Adams

3. Martha Jefferson (1801-1809) Thomas Jefferson

4. Dolley Madison (1809-1817) JamesMadison

5. Elizabeth Monroe (1817-1825) James Monroe

6. Louisa Adams (1825-1828) John Quincy Adams

7. Emily Jackson (1829-1837) Andrew Jackson

8. Angelica Van Buren (1837-1841) Martin Van Buren

9. Anna Harrison (1841-1841) WilliamHenry Harrison

10. Letitia Tyler (1841-1845) John Tyler

11. Sarah Polk (1845-1849) James K. Polk

12. Margaret Taylor (1849-1850) Zachary Taylor

13. Abigail Fillmore (1850-1853) Millard Fillmore

14. Jane Pierce (1853-1857) Franklin Pierce

15. Harriet Lane Johnston (1857-1861) James Buchanan

16. Mary Lincoln (1861-1865) Abraham Lincoln

17. Eliza Johnson (1865-1869) Andrew Johnson

18. Julia Grant (1869-1877) Ulysses S. Grant

19. Lucy Hayes (1877-1881) Rutherford B. Hayes

20. Lucretia Garfield (1881-1881) James A. Garfield

21. Mary Arthur (1881-1885) Chester A. Arthur

22. Frances C.Cleveland (1885-1889) Grover Cleveland

23. Caroline L. Harrison (1889-1893) Benjamin Harrison

24. Frances C. Cleveland (1893-1897) Grover Cleveland

25. Ida McKinley (1897-1901) William McKinley

26. Edith K. Roosevelt (1901-1909) Theodore Roosevelt

27. Helen Taft (1909-1913) William Howard Taft

28. Ellen Louise Wilson (1913-1921)Woodrow Wilson

29. Florence Harding (1921-1923)Warren Harding

30. Grace Anna Coolidge (1923-1929) Calvin Coolidge

31. Lou Hoover (1929-1933) Herbert Hoover

32. Anna E.Roosevelt (1933-1945) Franklin D. Roosevelt

33. Elizabeth “Bess” Truman (1945-1953) Harry S. Truman

34. Mamie G.Eisenhower (1953-1961) Dwight Eisenhower

35. Jacqueline Lee Kennedy (1961-1963) John F. Kennedy

36. Claudia Johnson (1963-1969) Lyndon B. Johnson

37. Thelma C.Nixon (1969-1974) Richard Nixon

38. Elizabeth Ford (1974-1977) Gerald Ford

39. Eleanor Rosalynn Carter (1977-1981) Jimmy Carter

40. Nancy Davis Reagan (1981-1989) Ronald Regan

41. Barbara Bush (1989-1993) George H.W. Bush

42. Hillary Clinton (1993-2001) Bill Clinton

43. Laura Bush (2001-2009) GeorgeW. Bush

44. Michelle Obama (2009-2017) Barack Obama

45. Melania Trump (2017-2021) Donald Trump

46. Jill Biden (2021-in carica) Joe Biden

11 novembre 2022 (modifica il 11 novembre 2022 | 08:13)

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, 2022-11-11 07:41:00, L’ex first lady torna in libreria con ‘La luce che è in noi’. L’amore per il marito che «c’è e ci sarà sempre», le figlie ora grandi, le «linee sulla sabbia» e l’impossibile che diventa possibile (grazie anche alla tv leggera), Viviana Mazza

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