Trump parla di brogli. E porta al Congresso un gruppo di «negazionisti» che può mettere a rischio le elezioni 2024

Trump parla di brogli. E porta al Congresso un gruppo di «negazionisti» che può mettere a rischio le elezioni 2024

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di Massimo Gaggi

L’ex presidente, di fronte ad alcuni problemi ai seggi, parla di brogli e cita il 2020: una strategia condivisa con numerosi candidati repubblicani, convinti che Biden abbia perso nel 2020. E decisi a bloccare il risultato delle prossime presidenziali in caso di sconfitta

NEW YORK — «La Francia ha avuto i risultati delle elezioni in 8 ore. Se in America non li avremo in 8 ore, cominciate a interrogarvi sul perché. Io lo farò». Rudy Giuliani, che due anni fa fece di tutto per far passare, in vari Stati, la tesi di una vittoria fraudolenta di Biden, venendo smentito ovunque dagli addetti alla certificazione del voto e dai giudici (in gran parte conservatori), lancia un’altra offensiva per togliere credibilità alle elezioni di midterm usando lo stesso registro di insinuazioni e accuse.

«Sta accadendo la stessa cosa che successe nel 2020 con i brogli elettorali?», ha scritto in serata Donald Trump sul suo social Truth, dopo che durante la giornata si sono verificati problemi ai seggi nella contea di Maricopa, la maggiore contea dell’Arizona, e a Detroit.

«Non avremo i risultati finali nella notte delle elezioni. In alcuni Stati in bilico ci vorranno giorni. Solo chi non sa come funziona il nostro sistema, non conosce le regole e come i voti vengono contati può pensare che se non si risolve tutto in poche ore la cosa sia sospetta». Ad accusare Giuliani (che ben conosce norme e sistema elettorale) di essere in malafede è un altro repubblicano: il capo dei supervisori della contea di Maricopa, Bill Gates (omonimo del fondatore di Microsoft).

Esasperato da accuse e sospetti diffusi ad arte per anni nonostante la loro palese infondatezza, davanti alla riproposizione, rafforzata, della stessa strategia del discredito (100 denunce già presentate nei tribunali rispetto alle 70 della vigilia del voto 2020, miliziani armati intorno a molti seggi e ai luoghi di raccolta dei voti postali) Gates ha tenuto una conferenza per esprimere la frustrazione di chi, facendo il suo dovere di scrutatore, si vede piovere addosso sospetti, calunnie e minacce: ci sono, ad esempio, Stati come la Pennsylvania nei quali è vietato aprire buste dei voti postali (un milione) fino al voto nei seggi. Per scrutinarli ci vorranno giorni visto che per ogni voto andranno verificate le date e le firme. Due anni fa in Pennsylvania ci vollero addirittura 20 giorni per contare tutti i voti, in Arizona 10, mentre anche in Michigan, Georgia e Wisconsin, i risultati arrivarono in forte ritardo: «Quando una sfida è sul filo di lana serve tempo. E questo non giustifica i sospetti alimentati dalle reti sociali» si sfoga Gates.

È significativo che un simile allarme venga da lui e da altri funzionari repubblicani come Brad Raffensperger in Georgia perché a minare la credibilità di un sistema elettorale comunque inefficiente e frammentato (regole diverse per ogni Stato e, a volte, per ogni contea) non sono generici malumori popolari, ma una campagna ben organizzata dall’area politica di Trump con tre obiettivi: 1) Screditare il sistema elettorale anche se dalle urne usciranno vincitori i repubblicani. 2) Portare in Congresso molti parlamentari «negazionisti» pronti a lanciare inchieste a raffica per mettere alle corde Biden – per loro un usurpatore – in vista delle presidenziali 2024, con tanti saluti alla governabilità (per questo è ridicola la tesi di Elon Musk per il quale un Congresso a guida repubblicana sarebbe una medicina contro gli estremismi tanto di destra quanto di sinistra). 3) Prepararsi a manipolare il risultato delle presidenziali 2024 qualora l’esito delle urne fosse infausto. Due anni fa governatori e segretari di Stato anche repubblicani rifiutarono di alterare l’esito delle urne (gli 11.780 voti che Trump cercava in Georgia per togliere la vittoria a Biden). Non deve più succedere: oggi 15 candidati governatori e 11 aspiranti segretari di Stato repubblicani sono stati reclutati tra i «negazionisti» della legittimità dell’elezione di Biden.

Una trama per nulla nascosta: avendo ormai convinto la maggioranza dei conservatori che «Dio è con noi e ci ha dato una missione» e che i democratici sono il male assoluto, non c’è più bisogno di andare troppo per il sottile: Jim Marchant, che oggi potrebbe diventare segretario di Stato del Nevada (cioè il funzionario che certificherà il voto del 2024) dice che «quando la nostra coalizione di segretari verrà eletta nei vari Stati, aggiusteremo l’America e Trump tornerà presidente». Mentre personaggi come il senatore del Wisconsin Ron Johnson o l’aspirante governatrice dell’Arizona Kari Lake non si limitano a dire che non riconosceranno l’esito del voto se sconfitti: per la Lake non è nemmeno concepibile che l’Arizona possa votare «per quella codarda di Katie Hobbs».

9 novembre 2022 (modifica il 9 novembre 2022 | 12:28)

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, 2022-11-09 11:29:00, L’ex presidente, di fronte ad alcuni problemi ai seggi, parla di brogli e cita il 2020: una strategia condivisa con numerosi candidati repubblicani, convinti che Biden abbia perso nel 2020. E decisi a bloccare il risultato delle prossime presidenziali in caso di sconfitta, Massimo Gaggi

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