di Francesco Verderami Ma all’ex premier la reazione di Parigi contro Roma è apparsa inaccettabile Né con Carola Rackete né con Giorgia Meloni: sul caso dei migranti Silvio Berlusconi ha assunto la postura di leader caritatevole, sensibile all’«emergenza umanitaria». Così misura la distanza dalla presidente del Consiglio. Da giorni il Cavaliere ripete che Palazzo Chigi avrebbe dovuto assumere subito un diverso atteggiamento verso «quelle povere persone» imbarcate sulle navi delle Ong: «Bisognava intanto salvarli tutti», ha detto a una cena con alcuni dirigenti azzurri. Fosse per lui, andrebbero «usati gli alberghi che al Sud in inverno sono chiusi perché senza clienti». E lì si potrebbe dare «un giusto ricovero» ai migranti: «Vederli ammassati nelle palestre non è umano». Nelle parole di Berlusconi c’entra la politica, non c’è dubbio. Ma c’entra anche una componente psicologica che si manifestò nella primavera del 1997, ai tempi del governo di Romano Prodi, quando una corvetta della Marina militare italiana speronò un’imbarcazione carica di albanesi che fuggivano dalla guerra civile: delle 120 persone a bordo della nave ne sopravvissero solo 34. E il Cavaliere volle andare a visitarli il giorno di Pasqua. Se anche oggi si mostra critico, è perché ritiene sbagliato l’approccio con l’Africa sia nella gestione dei flussi sia nell’assenza di investimenti. Per l’Africa «servirebbe un Piano Marshall», la capacità cioè — per dirla con il forzista Mulè — «di riporre i fucili e aprire le fabbriche» nelle aree sottosviluppate. Il Piano dovrebbe intestarselo l’Europa, che invece «latita» anche nella solidarietà verso quei Paesi comunitari a cui si lascia per intero il peso degli sbarchi. «E intanto in Africa abbiamo lasciato spazio alla Cina», s’infervora Berlusconi: «Ma lo sapete che una quarantina di Stati comprano le armi da loro?». L’espansionismo di Pechino è per lui una vera e propria ossessione. Raccontano che abbia una cartina nella quale è evidenziato come «nel giro di dieci anni i cinesi hanno decuplicato la loro sfera di influenza». L’Unione Europea invece non riesce nemmeno ad accordarsi sulla «ricollocazione dei migranti». Su questo tema converge con Meloni e punta l’indice contro lo «sciovinismo» dei francesi. La reazione di Parigi verso Roma gli è parsa «inaccettabile»: «Mandare 500 uomini al confine con l’Italia è pazzesco». Anche perché furono i francesi a violare quel confine nel 2018, quando un furgone della gendarmeria superò il posto di polizia di frontiera per scaricare alcuni minori extra-comunitari sfuggiti ai controlli. La verità è che da anni in quel lembo di terra si supera quasi quotidianamente il limite della vergogna. Pile di dossier inviati a Bruxelles e redatti da autorevolissime organizzazioni — compresa la Caritas — denunciano «l’assenza di umanità» che il ministro dell’Interno francese Gérald Darmanin l’altro giorno ha attribuito alla sola Italia. Ma Berlusconi è convinto che un simile e grottesco derby «non conviene a nessuno» in Europa. E così dicendo, marca la differenza anche da Matteo Salvini, che dimenticando il suo ruolo di governo continua ad agitarsi come fosse ancora in campagna elettorale. Per certi versi è ovvio che il Cavaliere miri a distinguersi dagli alleati, perché «noi siamo Forza Italia». E allora, pronti e via, all’indomani del Consiglio dei ministri che ha approvato il quarto decreto Aiuti, ha fatto annunciare dai suoi capigruppo di Camera e Senato che il partito non accetta la soluzione scelta dal governo per superare il problema del Superbonus. Perché oltre alla componente psicologica e a quella politica, in Berlusconi c’è anche la componente degli affari, «e noi dobbiamo scongiurare il collasso del comparto edilizio», materia su cui vanta una certa esperienza. C’è un motivo se il leader di Forza Italia ha voluto mandare un segnale (anche) su questo provvedimento a Palazzo Chigi: è seccato per non essere stato preventivamente consultato. «E quando in un governo non si cerca la sintesi — commenta minaccioso un esponente azzurro — i governi faticano a durare. Intanto superiamo l’emergenza energetica. Poi si parlerà di altre cose». Difficilmente tra le «altre cose» ci sarà anche l’approccio alla crisi ucraina. Nonostante l’analisi del Cavaliere sul conflitto continui a divergere da quella di Meloni. A cena, davanti ai commensali, Berlusconi ha offerto una versione che stride con la realtà dei fatti, perché la sua tesi è che ci sia un «criminale di guerra» ma non è Vladimir Putin. Perciò ieri, per prevenire nuove rivelazioni ed evitare l’ennesimo incidente, Alessandro Cattaneo ha ribadito che «Forza Italia non abbandonerà mai la sua linea atlantista, fedele ai valori della Nato. Ma l’iniziativa diplomatica dev’essere prioritaria». Come salvare capra e cavoli in vista del sesto decreto per le armi a Kiev. 11 novembre 2022 (modifica il 11 novembre 2022 | 23:07) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-11-11 22:08:00, Ma all’ex premier la reazione di Parigi contro Roma è apparsa inaccettabile, Francesco Verderami