Mihajlovic, il ricordo di Sven-Goran Eriksson: «Un leader generoso, con lui i portieri diventavano matti»

Mihajlovic, il ricordo di Sven-Goran Eriksson: «Un leader generoso, con lui i portieri diventavano matti»

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di Marco Cherubini e Guido De Carolis

Sven Goran Eriksson, allenatore della Lazio dello scudetto del 2000: Sinisa Mihajlovic aveva gi tutto quando giocava: personalit, misura, idee. E una dote innata: coraggio

Un ricordo? Ne ho cento, mille, infiniti. Che dolore, che dispiacere. La voce del settantaquattrenne Sven-Goran Eriksson al telefono dalla Svezia rotta dall’emozione. Il suo italiano insicuro scivola su qualche parola spagnola, in un esperanto tipico del giramondo. Ma quel periodo a Roma con la Lazio resta unico nella memoria di Svennis. L nacque un rapporto solidissimo tra il tecnico (oggi direttore sportivo del Karlstad, serie C svedese) e Sinisa Mihajlovic. Un legame proseguito negli anni, malgrado le strade si fossero separate.

L’ultima volta che l’ha sentito?
Quando disse: ho di nuovo malattia. L’ho chiamato subito. Pensavo di dover incoraggiare un amico, mi ero preparato qualche frase utile. Come dite voi? Di circostanza. Ma no, era il solito Sinisa. Sentivo la sua voce sicura. Sapeva bene cosa rischiava, sapeva che la malattia era terribile. Ma non aveva dubbi. Combatter anche questa. Vinco anche stavolta, dura, ma tu sai come sono, mister.

Com’era Mihajlovic?
Un campione. Dentro, ma anche fuori dal campo. Sai, quella Lazio era gonfia di talenti, gente di qualit, con personalit fortissime. E poi c’erano serbi, croati. un attimo che ti pu scappare tutto di mano. Sinisa per giocava sempre per la squadra, per vincere. Voleva sempre vincere. E per raggiungere la vittoria si sacrificava tantissimo. Un guerriero. Ricordo allenamenti infiniti, ricordo le sue punizioni….

Erano una sentenza?
S. Ricordo che quando nelle partite della Lazio c’era un fallo a nostro favore a ridosso dell’area di rigore, molti andavano dall’arbitro per protestare: rigore, il fallo era dentro area. Poi arrivava Sinisa e diceva a tutti: ragazzi, rigore o punizione da l cambia poco, sempre gol. Non una battuta. Lo diceva davvero. E gli altri tacevano perch poi segnava e si vinceva. Indimenticabile quando segn tre gol su punizione nella stessa partita con la Samp nel ’98.

Un giocatore decisivo.
Ma non solo per i gol. Sai cosa significa avere un difensore centrale con quel piede? Ti cambia le partite in un attimo. E lui leggeva la tattica meglio di altri. Con un lancio di 60 metri, zac, contropiede e segnavi. E poi sempre tra i primi ad arrivare a campo d’allenamento. No, non ci posso credere che non ci sia pi. Lui voleva che i giovani imparassero a calciare bene. Non teneva i segreti della sua classe per s. Insegnava. Anche ai portieri. Li faceva diventare matti. Sapevano dove tirava, ma non ci arrivavano lo stesso.

Logico che poi diventasse allenatore.
Aveva gi tutto quando giocava: personalit, misura, idee, sapeva parlare agli altri calciatori. E una dote innata che metteva in ogni cosa: il coraggio. Sai, se non hai coraggio non fai debuttare Donnarumma bambino. E ancora prima, non dici a Boskov: ”Fai entrare il ragazzino”. Era Totti, aveva capito che era un campione. Vedeva prima di tutti.

La voce di Eriksson si fa sottilissima. Ma ci pensate? A 53 anni avrebbe potuto fare ancora tantissime cose. Il mondo del calcio poteva arricchirsi ancora per 15-20 anni. Il silenzio al telefono lunghissimo. Poi Eriksson riparte da solo. Che dolore grande perderlo. Fa male, molto male. Non pensavo. Credevo vincesse ancora. Perch lui voleva sempre vincere. In allenamento, in partita, nella vita. Sempre. Ma mai con l’inganno, mai passando sopra agli altri. Un campione vero. Lo so, queste sono frasi scontate, ma Sinisa era proprio cos. Cosa posso dire di pi? Un leader, un campione un grande uomo, un amico.

18 dicembre 2022 (modifica il 18 dicembre 2022 | 08:45)

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, 2022-12-18 07:16:00, Sven Goran Eriksson, allenatore della Lazio dello scudetto del 2000: «Sinisa Mihajlovic aveva già tutto quando giocava: personalità, misura, idee. E una dote innata: coraggio», Marco Cherubini e Guido De Carolis

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