Mikhail Gorbaciov è morto

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Mikhail Gorbaciov, ex presidente dell’Unione sovietica, è morto all’età di 91 anni. Sarà sepolto accanto alla moglie Raissa, a Mosca

Mikhail Gorbaciov, ex presidente dell’Unione sovietica, è morto all’età di 91 anni, dopo una lunga malattia. A comunicarlo sono state le agenzie russe Tass, Interfax e Ria Novosti, che hanno citato fonti ospedaliere.

Gorbaciov — che, da ultimo segretario generale del Partito comunista sovietico, pose fine alla Guerra fredda con gli Stati Uniti, ma non riuscì a evitare il collasso dell’Unione sovietica — fu l’ultimo leader dell’Urss, e venne insignito nel 1989 della Medaglia Otto Hahn per la Pace e, nel 1990, del Nobel per la pace.

Secondo quanto riferito dalla Tass, sarà sepolto nel cimitero di Novodevichy, a Mosca, in una tomba di famiglia, dove potrà riposare accanto alla moglie Raissa.

Come scritto da Fabrizio Dragosei, «dopo essere finito nel dimenticatoio russo durante tutto il periodo in cui è stato al potere il suo arci-rivale Boris Eltsin, Gorbaciov è riemerso sulla scena pubblica con l’arrivo al Cremlino di Vladimir Putin, un presidente che all’inizio lui ha appoggiato apertamente.

Poi l’ultimo segretario generale del Partito comunista sovietico ha preso le distanze dal nuovo zar. Per riavvicinarsi nuovamente negli ultimi tempi, sia pure con molta cautela».

In occasione dei novant’anni dell’ex leader, Putin disse semplicemente che «al Cremlino si ritiene che “Gorbaciov sia parte della storia, con grande rispetto”. Niente di più».

«Nel suo Paese il più giovane leader sovietico dai tempi di Stalin è stato prima amato svisceratamente e poi odiato ferocemente. Quando decise di presentarsi alle elezioni presidenziali nel 1996 seguendo consigli sbagliati, il risultato fu disastroso. Non ottenne più dello 0,5 per cento dei voti. Negli anni più duri del post-comunismo, la gente imputava a lui la disintegrazione del Paese, la povertà, la perdita del prestigio internazionale, il collasso dell’apparato produttivo.

Fu facile per i sovietici apprezzarlo all’inizio, quando nel 1985 giunse ai vertici del potere dopo la lunga stagione dei leader mummificati, Brezhnev, rimasto al Cremlino fino a quando la malattia che lo aveva praticamente immobilizzato non se lo portò via nel 1982. Poi Andropov e Chernenko che sopravvissero poco. Lui aveva 54 anni ed era pieno di voglia di fare, di cambiare, di ristrutturare il pachiderma all’interno del quale aveva svolto tutta la sua carriera. Era stato in pratica indicato come possibile successore da Andropov, il potente capo del Kgb che durò al Cremlino meno di due anni.

I servizi segreti conoscevano perfettamente la situazione reale nella quale si trovava l’Urss e sapevano che senza cambiamenti profondi non avrebbe potuto continuare a sostenere il confronto-scontro con gli Usa.

Gorbaciov tentò di cambiare le cose con la Perestrojka e con la Glasnost (trasparenza), ma mise in moto un processo inarrestabile che portò sì al disarmo con gli Stati Uniti ma anche alla disintegrazione dell’impero e al crollo del sistema che aveva tenuto assieme il Paese dalla rivoluzione del 1917. Se ne andarono i Paesi satelliti, se ne andarono le repubbliche che facevano parte dell’Urss e la Russia «finì» nelle mani dei democratici oltranzisti guidati da Boris Eltsin che non volevano avere più nulla a che fare con il comunismo.

Gorbaciov provò a salvare il salvabile, mentre il Paese era paralizzato dal nuovo sciopero generale dei minatori. Promulgò un referendum tra i cittadini sovietici che ancora lo ascoltavano: “Ritenete necessario preservare l’Urss come una rinnovata federazione di repubbliche sovrane?”. Il 76,4 per cento di russi, bielorussi, ucraini, kazaki, eccetera risposero di sì».

Per molto tempo l’anziano leader rimase convinto che quella sarebbe stata la strada giusta: “Certamente si sarebbe dovuta preservare una Unione rinnovata e rifondata che garantisse alle repubbliche ampi diritti e una reale sovranità”. Ma le cose andarono diversamente».

Gorbaciov — come scritto da Paolo Valentino qui — non si pentì di quanto aveva fatto: «Non si poteva più andare avanti allo stesso modo», aveva detto in una intervista a Der Spiegel, cui spiegò che «non si potevano negare i diritti di libertà e democrazia ai popoli vicini, i polacchi, i cechi, gli ungheresi, I tedeschi dell’Est. La frase con cui ammonì Erich Honecker, l’eterno leader della Ddr, innescando la sua fine, risuona ancora oggi: “La vita punisce chi arriva in ritardo”».

«M i considero un uomo che ha dato inizio a riforme necessarie per il mio Paes, per l’Europa, e per il mondo», disse Gorbaciov nel 1992, poco dopo aver lasciato il suo incarico. «Mi chiedono spesso: rifaresti tutto? La mia risposta è sì. E lo rifarei con più persistenza, e determinazione».

30 agosto 2022 (modifica il 30 agosto 2022 | 23:44)

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, 2022-08-30 21:40:00, Mikhail Gorbaciov, ex presidente dell’Unione sovietica, è morto all’età di 91 anni. Sarà sepolto accanto alla moglie Raissa, a Mosca, Redazione Online

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