Milano, quei 132 progetti «greenfield» delle multinazionali che cambieranno la città

Milano, quei 132 progetti «greenfield» delle multinazionali che cambieranno la città

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missione greenfield

di Dario Di Vico08 nov 2022

Milano, quei 132 progetti «greenfield» delle multinazionali che cambieranno la città

Raccomandare a Milano di rimboccarsi le maniche a prima vista assomiglia al vecchio adagio che consigliava di non portare vasi a Samo, ma correremo il rischio. E il motivo è semplice: ci sono ben 132 progetti greenfield censiti sulla base delle dichiarazioni delle imprese tra il gennaio 2021 e l’agosto 2022 da fDi Markets, una banca dati internazionale che si occupa di investimenti diretti all’estero e autorevolmente rilanciati da Assolombarda.

In prima fila

I 132 progetti riguardano l’area di Milano, alcuni sono stati realizzati altri ancora no, partono come si dice in gergo dal prato verde e rappresentano un’occasione incredibile in una fase in cui si teme l’avvio di una fase recessiva, la globalizzazione quantomeno zoppica e, soprattutto, gli investimenti rischiano di ritardare per il peso delle scelte a breve che gravano sulle imprese. La pandemia ha colpito la città di Ambrogio forse nel suo momento migliore, la botta si è fatta sentire, si è aperto in città un dibattito — seppur non esaltante — sugli errori degli anni facili, ma ora il dossier fDi Markets ci dice che Milano è rimasta in prima fila nelle scelte delle multinazionali, che il suo ecosistema è considerato più che idoneo allo sviluppo di nuove iniziative e alle scommesse dell’economia della conoscenza. Da qui l’appello a rimboccarsi le maniche e a superare le pigrizie che hanno contraddistinto i mesi intercorsi dalle elezioni comunali a quelle politiche. Spiega Valeria Negri, direttore del Centro studi Assolombarda: «È evidente come Milano possa vantare un significativo track record nel rapporto con le multinazionali e da qui l’interesse odierno. Sono meno del 2% delle unità locali lombarde ma i gruppi stranieri occupano il 13% degli addetti della regione, generano il 23% del valore aggiunto, il 28% del fatturato e ben il 36% degli investimenti in ricerca e sviluppo. Evidentemente ci sono qui le condizioni migliori per operare e il risultato è win win».

Le imprese coinvolte

Infatti i 132 progetti in itinere sono in piena coerenza «con la storia della città, l’ecosistema milanese e le eccellenze del territorio». Le imprese interessate sono 123, l’unico outlier è la svizzera International Workplace Group (Regus) titolare di 10 progetti di apertura di coworking. Ben 72 progetti sono concentrati nei settori della consulenza, della comunicazione e della produzione di software ma l’industria non è da meno. Sono infatti 27 i progetti censiti che risultano indirizzati sulla manifattura di cui 8 nel life science, 5 nella meccanica, 3 nella chimica e 3 nell’energia. Anche la finanza fa la sua parte con 14 progetti, seguita a ruota dal real estate con 13 e dal binomio trasporti-logistica con 6 progetti. Visto che la geopolitica di questi tempi la fa padrona sarà utile catalogare gli investimenti attesi secondo la nazionalità di provenienza: in testa alla lista ci sono gli Stati Uniti con 26 progetti, subito la Francia con 24 e più staccata la Gran Bretagna con 18. Se non è friendshoring — secondo la dottrina Yellen — poco ci manca.

I casi da Ntt Data a Ppg

Ma passati in rassegna velocemente settori e bandiere forse sarà ancor più interessante individuare i soggetti censiti e interessati a sviluppare nuove iniziative a Milano. Nel campo dei servizi innovativi si parte con i giapponesi di Ntt Data che hanno scelto di realizzare in città il loro headquarter e si prosegue con l’americana Veeva System specializzata in sistemi cloud a supporto dell’industria delle Life Sciences, Keywords International (videogames) e ancora gli statunitensi della Fourchette/Tripadvisor nel turismo. Nell’industria è prevista l’espansione produttiva dei giapponesi della Agb Biologics e la nuova presenza commerciale degli americani di Napo pharmaceuticals e di Illumina, che ha scelto di insediarsi nell’area di Mind ex Expo. Altro punto di forza è la chimica con gli americani di Trinseo nella produzione a Rho di resine acriliche Altuglas (sta partendo l’installazione di una nuova linea di compounding) e nell’ambito della ricerca da parte di Ppg, colosso delle vernici per carrozzerie auto che vuole aprire un laboratorio di ricerca. Ma ancora: l’apertura a Buccinasco del nuovo stabilimento del gruppo svizzero Hemro Group per la produzione di macine per il caffè e il varo del nuovo impianto produttivo dell’americana Dove Fueling Solutions. Per il mercato immobiliare è giudicato interessante il progetto Wellio Duomo elaborato da Covivio.

Modelli europei

Potremmo continuare ad elencare programmi e sigle, ma forse è più interessante cercare di capire la traiettoria di questo fenomeno e cosa, in qualche maniera, ci insegna. «La tenuta di Milano non era scontata e queste attenzioni servono anche a rafforzare le nostre certezze messe a dura prova dagli anni del Covid — spiega Negri —. Si tratta di un percorso di crescita che da solo non può certo ridurre la distanza di Milano dalle grandi città globali come Londra, ma ci posiziona quanto meno alla pari di altri centri europei con strutture economico-produttive simili alla nostra come Monaco di Baviera e Barcellona».

Sofwtare e life science

Si parla molto in questi mesi dell’attrattività turistica di Milano che ormai va oltre i picchi e le date delle fiere, si parla giustamente della capacità di portare studenti «ma bisogna rafforzare l’identità imprenditoriale della città, è quello il driver». Nuove iniziative, investimenti, terziario di qualità. «È tutto coerente con la storia della città, ma è chiaro che bisogna cogliere gli elementi di mutamento connessi con le grandi transizioni del nostro tempo. Per questo sottolineare che chi vuol investire sul software, sui business services e sulle scienze della vita si insedia a Milano è una straordinaria testimonianza di credibilità e di vitalità dell’area».

L’immobiliare

Quanto all’immobiliare — tema caldissimo in città per l’incremento dei valori nel post Covid — Assolombarda non può che guardare con interesse a programmi di rigenerazione urbana piuttosto che il mero inserimento sul mercato di residenze di alto livello. Vale la pena aggiungere come siano 8 gli headquarters già aperti nel periodo preso in esame dal dossier: nel 2021, oltre a Illumina e Ntt Data, anche le spagnole Portobello Capital nella finanza e Ibidem Abogados nei servizi legali, nel 2022 l’inglese Lumi (sistemi IT), da Hong Kong Binance (cryptocurrencies), la giapponese Yamazaki Mazak (macchinari) e l’austriaca GoStudent (edutech).

Tra Emilia e Veneto

Ma i numeri dei progetti greenfield che privilegiano Milano non possono far nascere l’idea di una sorta di monopolio, che la città con le sue eccellenze finisca per drenare investimenti e occasioni a scapito del resto del Paese? Non può trovare terreno fertile quella sottile invidia di Milano che già si era percepita prima della pandemia? «Non credo — risponde Negri —. Per le sue caratteristiche, la città si presenta a molti investitori come il gate dell’Italia, attrae soggetti che magari si sarebbero potuti rivolgere ad altri Paesi limitrofi quindi per l’Italia disporre di questo valore aggiunto è sicuramente un bene. Le polemiche campanilistiche lasciano il tempo che trovano quando si può disporre di un volano come Milano». E fortunatamente si può dire che — dossier di fDi Markets a parte — non tutti gli investimenti diretti esteri corrono sotto il Duomo, come dimostra l’abile politica (e i successi) della Regione Emilia-Romagna e la scelta del colosso americano dei chip Intel che sembra aver scelto Verona per il suo nuovo insediamento. Ergo la città può, come dicevamo, rimboccarsi le maniche senza alcun senso di colpa. E oltre MilanoSapere e MilanoMattone, nella dialettica delle posizioni ha ragione Assolombarda a spingere su MilanoPratoverde.

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, 2022-11-08 16:07:00, Il dossier sui piani in cantiere e le operazioni dall’estero censiti fino all’estate. Negri (Assolombarda): «Software, life science e business service, qui ci sono le condizioni migliori per operare», Dario Di Vico

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