Il breve addestramento volontario proposto da Ignazio La Russa in cinese si chiama Junxun ed obbligatorio per le matricole all’universit
La mini-naja che vuole introdurre il presidente del Senato Ignazio La Russa? In Cina gi una realt. Ma non volontaria. un obbligo per le matricole, ragazze e ragazzi che si iscrivono al primo anno di una facolt. A livello universitario, tutti e tutte devono passarci. Si chiama Junxun, il breve addestramento militare – poche settimane – a cui devono partecipare i giovani all’ingresso di tutti gli atenei della Repubblica Popolare . Addestramento forse non il termine giusto.
L’Esercito Popolare di Liberazione (nome ufficiale delle forze armate cinesi, ispirato all’epopea rivoluzionaria di Mao Zedong) non s’illude di formare cos dei veri soldati. Non ne ha bisogno: ha oltre due milioni di militari di carriera, pi 660.000 nei corpi paramilitari, pi mezzo milione di riservisti. Ai professionisti che scelgono la carriera nelle forze armate viene dedicata ben altra preparazione. Gli studenti per si sottopongono per alcune settimane a marce, sfilate, esercizi fisici faticosi, privazioni e sacrifici, sotto gli ordini di ufficiali severi. I ragazzi ricevono una lezione di disciplina, e di patriottismo, pi qualche aggiunta di indottrinamento sulla via cinese al socialismo. Il fatto che questa mini-naja sia obbligatoria solo per chi intraprende studi universitari, una contropartita per il privilegio che l’accesso a un’istruzione superiore.
Un militare americano che ha osservato i metodi applicati in queste esercitazioni studentesche, li ha trovati simili a quelli in uso nelle caserme della U.S. Army: il primo obiettivo piegare l’individualismo, soffocare l’istinto di ribellione, inculcare obbedienza. Per alcuni studenti e docenti occidentali che hanno avuto l’occasione di assistervi, gli esercizi del Junxun sono uno specchio dell’autoritarismo cinese, quasi caricaturale: ecco come si trasformano 1,4 miliardi di persone in una massa asservita, controllata, manipolabile, sul modello di quei giovani che scattano sull’attenti agli ordini di un sergente. Di sicuro anche attraverso questi riti collettivi che si gestisce il potere in un sistema che non ammette dissenso.
Per bisogna evitare i giudizi superficiali. Per cominciare, va ricordato che l’obbligo del Junxun venne introdotto nel 1985. Non imped, quattro anni dopo, che gli stessi studenti passati attraverso quell’assaggio di disciplina militare, si ribellassero per dar vita alla protesta libertaria di Piazza Tienanmen. (Poi sarebbero stati i loro coetanei in divisa a massacrarli, quando Deng Xiaoping ordin alle forze armate di schiacciare la protesta. I Millennial di oggi che si sottopongono al Junxun ignorano quasi tutto della tragedia del 1989, cancellata dalla censura). Oggi, anche certi studenti cinesi che hanno spirito critico, che hanno viaggiato in Occidente, che diffidano dell’autorit, ammettono che sottoporsi per qualche settimana ad una routine quasi soldatesca, ha dei lati positivi. Ti insegna a rispettare chi fa mestieri molto duri e rischiosi, rischiando la vita per gli altri. T i trasmette un senso di appartenenza, patriottismo o nazionalismo. Valori che un tempo si coltivavano anche in Occidente e che in molte parti del mondo sono ancora considerati positivi.
L’estremo opposto quel che accade in America, dove una nuova generazione viene educata a esecrare il proprio paese considerandolo come un inferno di razzismo e discriminazione. Amare la patria, essere fieri della storia nazionale, oggi non di moda tra gli studenti universitari americani. Nei campus statunitensi si vive una sorta di revival degli anni Sessanta, con qualche variante: allora si bruciava la bandiera a stelle e strisce per protestare contro la guerra del Vietnam; ora si distruggono statue per cancellare una storia che viene descritta come una catena di orrori, oppressione di tutte le minoranze, un filo costante di ignominia che unisce sessismo e razzismo.
Nella gara tra i due modelli, quello che crede in se stesso forse ha una marcia in pi? Una reazione tipicamente americana, di fronte all’addestramento militare degli studenti, si trova nella testimonianza di un collega giornalista, che appena laureatosi negli Stati Uniti and a insegnare l’inglese in un college di Nanchino. Lui si chiama Eric Fish e ha descritto i suoi primi contatti con i giovani cinesi nel libro China’s Millennials. Fish divenne giornalista solo in seguito, e riusc a lavorare anche per dei media cinesi. Come primo lavoro fece il professore universitario, in un paese molto diverso dal suo. In una delle prime mattine che trascorrevo in Cina – ricorda – mi svegliai al frastuono di centinaia di giovani che cantavano a squarciagola gli inni dell’Esercito Popolare di Liberazione. Ero appena arrivato all’universit nell’antica capitale di Nanchino. Mentre passeggiavo nel campus, m’imbattei in schiere di giovani che marciavano, vestiti in tuta mimetica. Andavano avanti e indietro, al passo dell’oca. In un angolo, alcuni infilzavano baionette nel cuore di invisibili bersagli. In marcia cercavano di avere gli urli e i passi cadenzati, sincronizzati. A prima vista quello spettacolo sembr confermare tutto quello che mi era stato insegnato sulla Cina: che una societ uniforme, ordinata meticolosamente dallo Stato, capace di intimidire lo straniero. Fish arriv a Nanchino nel 2007. Io abitavo a Pechino dal 2004. A me aveva colpito un altro spettacolo, abbastanza simile. Atterrando all’aeroporto di Pechino, avevo visto il jet passeggeri circondato da una squadra di operaie e operai della pulizia e manutenzione. Prima di salire a bordo per ripulire la sporcizia lasciata da noi passeggeri, la squadra sfilava come un reparto militare, agli ordini del capo, e aveva perfino intonato un inno. Cerimonie simili le vidi ancora, a ripetizione, davanti a grandi ristoranti della capitale: cameriere e camerieri, cuochi e lavapiatti, prima dell’apertura al pubblico si mettevano in formazione militare davanti all’ingresso del locale, cantavano un inno, ascoltavano le direttive impartite con voce stentorea da un capo, rispondevano in coro come soldati.
Durante i suoi tre anni da prof universitario, Fish diventa un attento conoscitore di quell’ambiente, si libera degli stereotipi, alla fine coglie tante sfumature dietro l’apparenza militaresca. Vede giovani che nelle pause dell’addestramento militare ridono e scherzano sul rito obbligatorio, si fanno selfie col sergente, sembrano capaci di una distanza ironica. Altri, rammolliti dalla vita urbana e da un’alimentazione troppo ricca, sono sovrappeso, non reggono alle marce, abbandonano le esercitazioni e crollano sfiniti nei prati del campus. Raccoglie anche testimonianze di sincera ammirazione verso l’esercito: I militari sono fedeli e leali, grazie a loro la Cina sicura. Al termine delle settimane di servizio, c’ chi fiero di aver retto la prova, di aver dimostrato qualcosa a se stesso: Ho sofferto ma ho tenuto duro. Sono andato al di l delle mie forze. Mi sento migliorato.
Anche se molto abbreviato rispetto al nostro servizio di leva di una volta – quando era obbligatorio – il senso che si coglie da certe reazioni quello di un rito iniziatico. Un passaggio verso la vita adulta. Il battesimo a un’idea di responsabilit collettiva, di servizio alla comunit. una delle ragioni per cui ogni tanto in qualche paese occidentale si sente rimpiangere l’abolizione della leva, e qualcuno affaccia la proposta di reintrodurre un surrogato, magari sotto forma di servizio civile obbligatorio con finalit umanitarie o ambientaliste.
12 dicembre 2022 (modifica il 12 dicembre 2022 | 14:07)
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, 2022-12-12 15:35:00, Il breve addestramento volontario proposto da Ignazio La Russa in cinese si chiama Junxun ed è obbligatorio per le «matricole» all’università, Federico Rampini