Ministri del governo, per Meloni sulla Giustizia il nome resta Nordio ma Berlusconi insiste

Ministri del governo, per Meloni sulla Giustizia il nome resta Nordio ma Berlusconi insiste

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di Marco Cremonesi e Paola Di Caro

L’incontro tra Berlusconi e Meloni nella sede di Fratelli d’Italia. La presidente di FdI: «Passato superato». E non chiude alle richieste. Ma spiega che se sposta una casella rischia di ripartire daccapo

A metà colloquio, quando si è arrivati al nodo principale, Giorgia Meloni non ha voluto essere tranciante. Non ha detto un no categorico ma ha fatto balenare un rischio tutt’altro che banale. Un ragionamento del seguente tenore: «Se per voi la Giustizia è fondamentale, parliamone. Non ci sono preclusioni. Però a quel punto è tutto l’impianto del governo così come lo abbiamo delineato a dover essere rivisto, perché tutto si tiene». La narrazione parla di «centrodestra ritrovato». E alla fine, con ogni probabilità, sarà così. Ma il summit di ieri tra Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi è servito sì a siglare la pace, ma non a mettere definitivamente a posto tutte le caselle che restano aperte nel cantiere del governo.

Il faccia a faccia tra i due leader ha pragmaticamente lasciato alle spalle i sovracuti degli ultimi giorni — dal biglietto di pugno del presidente azzurro che enumera in modo poco lusinghiero le caratteristiche della leader FdI all’abrasiva risposta della futura premier («non sono ricattabile») — per concentrasi sul lavoro ancora da fare. Con un leghista che, da osservatore, esprime i suoi dubbi: «Difficile che due personalità come quelle dimentichino».

Lo hanno detto entrambi alla fine: «Superiamo questa fase, lasciamoci alle spalle i dissapori». E Berlusconi ha smussato le asprezze dei giorni scorsi: «Il mio atteggiamento è stato dettato soltanto dal voler andare incontro al mio partito in sofferenza. Ma ora dobbiamo dare ascolto con urgenza alla sofferenza del Paese che si trova di fronte prospettive difficili».

L’ex premier ha anche sottolineato con energia il fatto di aver votato per La Russa alla presidenza del Senato: «È un amico da tanti anni, mai avrei potuto non dargli il mio voto». Berlusconi è stato anche fermo, quasi appassionato sulla richiesta di «pari dignità» tra Forza Italia e Lega. Che, sia pure nell’incertezza che resterà fino al momento del giuramento dei nuovi ministri, pare aver conquistato un buon numero di caselle importanti.

Giorgia Meloni non ha chiuso alcuna possibilità: «Noi siamo disponibili a discutere tutto. Ferma restando l’urgenza di metterci tutti al lavoro per questo Paese». Anche se un’eccezione c’è: a questo punto, dopo le polemiche vibranti delle ultime settimane, Licia Ronzulli — da anni braccio destro di Berlusconi — non potrà far parte della squadra di governo. Meloni non ha voluto escludere per la senatrice la possibilità di altri incarichi. Ma nel governo, no. La polarizzazione sul suo nome avrebbe potuto diventare un vulnus all’immagine della premier in pectore, un’imposizione che lei non può in nessun caso accettare.

Il risultato dell’appello berlusconiano alla «pari dignità» resta ora da sottoporre alla prova delle prossime ore. Un punto importante è il via libera di Meloni ai vicepremier: Matteo Salvini per la Lega, Antonio Tajani per Forza Italia. Ma un nodo intricato resta aperto. Il fatto è che in Forza Italia si è ormai convinti di aver spuntato il nome della ex presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, per il fondamentale incarico di ministro alla Giustizia. In Fratelli d’Italia no perché hanno un candidato che considerano il più adeguato possibile a fare il Guardasigilli: l’ex procuratore Carlo Nordio. E questo Meloni a Berlusconi lo avrebbe detto: «È stato eletto con noi ma ha una fisionomia assolutamente autonoma e meno politica di quella di Casellati». E questo porterebbe l’ex presidente del Senato al ministero per le Riforme. Eventualità che non convince la Lega.

Matteo Salvini la dice così: «Mi piacerebbe se ci fosse un ministero per tutte le grandi riforme, non solo dell’Autonomia». Il punto è che Roberto Calderoli è destinato al ministero degli Affari regionali con un mandato fortissimo per procedere verso le autonomie: «È vero — dice un leghista di primo rango — che Casellati è veneta e dunque dovrebbe essere sensibile al tema. Però: non facciamo scherzi. Le autonomie, che non hanno rango costituzionale, sono pronte. Il presidenzialismo non lo è». Il tema è importante anche in vista delle Regionali 2023 in Lombardia.

18 ottobre 2022 (modifica il 18 ottobre 2022 | 07:07)

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, 2022-10-18 05:32:00, L’incontro tra Berlusconi e Meloni nella sede di Fratelli d’Italia. La presidente di FdI: «Passato superato». E non chiude alle richieste. Ma spiega che se sposta una casella rischia di ripartire daccapo, Marco Cremonesi e Paola Di Caro

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