Il ministro Giorgetti già al lavoro.  
	Priorità sono la crisi energetica  
	e garantire la fiducia verso l’Italia

Il ministro Giorgetti già al lavoro. Priorità sono la crisi energetica e garantire la fiducia verso l’Italia

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di Federico Fubini Sui ritardi non saremo benevoli L’imperativo è spendere gli oltre 40 miliardi del Pnrr per il 2023. Pensioni e fisco: l’aumento dei tassi della Bce impone prudenza sugli impegni in deficit Se esiste una chiave della tenuta di politica economica del governo che ha giurato ieri, è in un numero inserito nell’ultimo aggiornamento dal governo dimissionario. Pagina otto della Nadef (il documento di economia e finanza di autunno), riga uno, colonna tre: 40,9 miliardi, quelli che vanno spesi l’anno prossimo del Piano di rilancio. Sono oltre due punti di reddito nazionale in investimenti straordinari. Fossero realizzati, sosterrebbero un’economia che nel 2023 il Tesoro vede in crescita minima dello 0,6% e il Fondo monetario internazionale in caduta dello 0,2%. Dall’esecuzione del Recovery nei prossimi mesi dunque passa la differenza fra un Paese in equilibrio o in una recessione corrosiva; fra un debito pubblico più o meno stabile o in pericoloso aumento rispetto al prodotto lordo (Pil); fra la tenuta sociale e una disoccupazione che torna a crescere. Non a caso ieri alla festa del Foglio Paolo Gentiloni, commissario dell’Unione europea all’Economia, ha invitato il nuovo governo ad «andare a tavoletta, a testa bassa, altrimenti c’è il rischio di ritardi e sui ritardi non saremo benevoli dato che non sono nell’interesse comune». Probabile dunque che il negoziato con Bruxelles sulla revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sarà succinto, perché Giancarlo Giorgetti parte sapendo di avere margini ristretti. Sono quelli che al nuovo ministro dell’Economia lascia il quadro europeo attuale. Con l’inflazione al 10% nell’area euro, giovedì la Banca centrale europea varerà il secondo maxi-aumento consecutivo dei tassi d’interesse da 0,75%. Probabile che a dicembre ne produca uno di più e l’anno prossimo, forse in giugno, smetterà di rinnovare alla scadenza i titoli di Stato miliardi di euro acquistati fra il 2015 e il 2021 per 3.200 miliardi. Per la Bce ora la priorità è riprendere controllo sulla dinamica dei prezzi, anche a costo di generare una recessione europea. Per il governo entrante tutto ciò ha conseguenze evidenti. Il rendimento dei titoli di Stato a dieci anni sta salendo verso il 5% e forse, con i prossimi aumenti dei tassi, supererà quella quota. È la soglia che gran parte degli investitori considera la frontiera di sostenibilità del debito alla lunga, data la bassa crescita del Paese. Intanto i mancati riacquisti di titoli da parte della Bce faranno sì che l’anno prossimo il Tesoro debba trovare nuovi compratori netti per il suo debito per almeno 12 miliardi in più, che si sommano agli 80 circa del deficit già previsto e alle decine di miliardi prevedibili a causa dei nuovi sostegni a imprese e famiglie per il caro-energia. Per la prima volta da anni, l’Italia deve attrarre nuovi compratori netti di debito del Tesoro per oltre cento miliardi di euro. Con molto meno aiuto del solito da parte della Bce. Giorgetti entra dunque nel Palazzo di Via XX Settembre stamattina con due imperativi sulle spalle. Il primo è non lasciare sole imprese e famiglie schiacciate dalla crisi energetica, che non sparirà presto malgrado l’accordo europeo sul «corridoio» dei prezzi del gas e il recente calo dei prezzi. Ma la seconda priorità di Giancarlo Giorgetti è non far niente che possa scuotere la fiducia dei creditori, nazionali ed esteri, dalla quale l’Italia dipende. Il ministro non ne parla con nessuno, per ora. Ma sembra molto probabile che la tenaglia di questi due imperativi — emergenza energia e fiducia da preservare nell’Italia — tolga spazio, per ora, a qualunque altra priorità. Poco importa se esse si chiamano revisione dell’età di pensionamento o «flat tax». Anche in queste settimane il nuovo ministro dell’Economia è stato senz’altro in contatto con il suo predecessore, Daniele Franco , che nella sua recente intervista al Corriere ha tratto un messaggio dagli choc di mercato provocati dalle misure in deficit del governo di Londra: «Bisogna essere prudenti riguardo alle aspettative che si creano». Lo stesso Gentiloni ieri ha richiamato la lezione inglese: «Prendere decisioni avventate è molto pericoloso», ha ricordato. Giancarlo Giorgetti lo sa, ma resta da vedere quale sarà la messa in musica nella maggioranza. Il ministro ha pochi giorni, se non ore, per scrivere una legge di bilancio. Daniele Franco ha già avviato l’istruttoria della Ragioneria sulle richieste dei ministeri e sulle spese incomprimibili. Ha anche fatto prorogare fino al 18 novembre il taglio delle accise sui carburanti, che scadeva a fine ottobre e costa un miliardo al mese. Poi però verranno al pettine i nodi veri, anche quella della crisi energetica. Oggi le misure provvisorie di sostegno costano a regime 40 miliardi all’anno, oltre 2% di deficit in più in rapporto al Pil, ma scadono ogni pochi mesi dunque non sono già computate nelle attese di disavanzo dell’anno prossimo. Fosse rimasto il governo di Mario Draghi, avrebbe ridotto l’aiuto sui carburanti perché la benzina è già scesa in media del 23% dai picchi di marzo. Ma può il nuovo governo esordire riducendo un sussidio e provocando un aumento così percepibile? Lo stesso dilemma si presenta poi sugli altri sussidi energetici, per i quali servirebbero scostamenti. Poi naturalmente sulle pensioni qualcosa andrà deciso, prima che torni il regime pieno di ritiro a 67 anni da gennaio. Sempre sapendo, ovviamente, che i margini di errore sono sottili come la lama di un rasoio. 22 ottobre 2022 (modifica il 22 ottobre 2022 | 22:50) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-10-22 20:12:00, Sui ritardi non saremo benevoli L’imperativo è spendere gli oltre 40 miliardi del Pnrr per il 2023. Pensioni e fisco: l’aumento dei tassi della Bce impone prudenza sugli impegni in deficit, Federico Fubini

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