Un miraggio statalista abbaglia l’Occidente. Il nuovo libro di Rampini

di DANILO TAINO

«Il lungo inverno» (Mondadori) di Federico Rampini critica il catastrofismo e difende le ragioni del mercato. Di fronte alla crisi sarebbe un errore pensare di imitare la Cina

Per frenare l’aggressività economica e politica cinese, l’Occidente deve diventare esso stesso più cinese? Accettare il terreno sul quale Pechino porta la sfida, cioè un capitalismo guidato dallo Stato (dal Partito comunista nel suo caso) e un sistema politico meno liberale? Nessuno dei governi democratici e a economia di mercato di America, Europa e Asia risponderà di sì esplicitamente. Ma i segni che la propensione a dare risposte centralistiche alla forte pressione del colosso autoritario asiatico sono ormai troppi per non legittimare il sospetto che la tendenza stia conquistando politici, intellettuali e parti di opinioni pubbliche.

Certo, negli ultimi anni la geopolitica ha preso il sopravvento sulle forze economiche, tecnologiche e culturali che hanno sostenuto la globalizzazione degli scorsi trenta-quaranta anni. E i sistemi aperti devono difendersi dagli attacchi dei sistemi autoritari, che vengano dalla Russia, dalla Cina, dall’Iran o da dittature minori. Ma mettere in discussione e offuscare i propri punti di forza — il libero mercato, la concorrenza, le garanzie contro le prevaricazioni della politica — non sarà la scelta vincente dell’Occidente in questo passaggio storico nel quale si decide molto del futuro del mondo. Al gioco del dirigismo vincono i dirigisti, non le società libere. Copiare politiche e metodi della Cina di Xi Jinping è in partenza una dichiarazione di sconfitta.

Nel suo nuovo scritto in libreria da martedì 8 novembre — Il lungo inverno. False apocalissi, vere crisi ma non ci salverà lo Stato, edito da Mondadori — Federico Rampini nota che, di fronte al disorientamento di questi nostri tempi, «alcuni di noi cercano un rifugio simile a quello offerto dai regimi autoritari: sempre più Stato, la protezione di una mano forte. Uno scivolamento verso modelli orientali, associato alla rivalutazione del dirigismo pubblico, è una risposta possibile: in parte già in atto. Sarà una soluzione peggiore del male?».

In effetti, il sottosopra nel mondo dell’energia di questi mesi ha spinto per esempio i governi di Germania e Francia a nazionalizzare imprese colpite dalla crisi: forse era necessario per non farle fallire. Ma la spinta verso un maggiore interventismo dello Stato nell’economia precede la guerra di Putin in Ucraina. Le politiche della concorrenza in Europa sono indebolite da tempo, su spinta di Berlino e Parigi, con la scusa di contrastare le imprese cinesi. Negli Stati Uniti, l’interventismo di Washington nel favorire alcuni settori economici rispetto ad altri non è lontano dalla pretesa dei burocrati di Pechino di sapere quale sarà il futuro della scienza e dell’innovazione.

Sono solo esempi ma il ritorno dello Stato al centro dell’economia è visibile ovunque. In parte motivato dalla necessità di dare risposte alla crisi da coronavirus e in parte costretto dall’invasione dell’Ucraina. Rampini, però, va oltre a questi eventi recenti e individua nel disorientamento in cui l’Occidente si dibatte le ragioni di questa ricerca di protezione da parte dello Stato. Ci sono crisi vere, indiscutibili — dice. Ma ci sono anche «false apocalissi, annunciate da profeti interessati a seminare paure». Il rischio è che questo caos politico e mentale ci porti in un «lungo inverno». E non è affatto solo di economia che Rampini tratta nel libro. C’è un triangolo al quale occorre guardare per capire le rotture storiche e i passaggi d’epoca, dice: energia, moneta, armi. Tre campi nei quali noi europei siamo in un ritardo straordinario: il che potrebbe rendere il nostro inverno ancora più buio.

L’autore è estremamente lucido nell’individuare e nell’analizzare le minacce che incombono sulle società aperte e la confusione psicologica e intellettuale nella quale si dibattono. Approfondisce la crisi energetica: nelle sue ragioni e nelle responsabilità di chi l’ha favorita. Entra in quel mondo contraddittorio e mai diventato Occidente che è la Russia. Studia l’inflazione che è tornata a impoverirci dopo decenni di prezzi stabili. Parla della Cina, dove ha vissuto da corrispondente, del suo miracolo economico ma anche delle sue notevoli debolezze interne ed esterne. Legge le guerre. Sempre con un approccio che rifiuta di adattarsi alle argomentazioni mainstream, fondate in genere sulle supposte responsabilità dell’Occidente e del capitalismo per i mali del mondo.

A proposito di apocalissi, per esempio, il capitolo dedicato ad «Alimenti e clima» nota che, cinquant’anni dopo il movimento che teorizzava i «limiti dello sviluppo», nessuno di chi lo ha sostenuto si è seriamente corretto e ha fatto autocritica nonostante le sue previsioni siano state smentite dalla realtà. E che «il fatto che non si siano avverate non ci ha guariti dal catastrofismo. Anzi». L’agricoltura, per dire, è in grado di sfamare l’umanità, a differenza di quanto si sostenne allora: i limiti non sono dati dalla capacità produttiva, ma semmai dai prezzi o da sciocchezze ideologiche. Tra i molti altri casi, Rampini ricorda anche quello dello Sri Lanka, isola finita in una crisi alimentare gravissima perché nel 2021 il governo vietò l’importazione di fertilizzanti chimici su spinta di consiglieri ultra-ambientalisti.

Rampini non è però disperatamente pessimista. Il modello dell’Occidente ha superato nei decenni crisi economiche, guerre, rivoluzioni: ne è sempre uscito più forte, ha creato sempre più benessere, ha prodotto libertà. Avrà la meglio «se non ammirerà chi lo odia».

L’analisi

S’intitola Il lungo inverno (Mondadori, pagine 240, euro 19) il nuovo saggio di Federico Rampini, che analizza i rischi a cui va incontro l’Occidente in una fase caratterizzata da molteplici crisi, alcune reali e altre gonfiate dagli annunciatori di catastrofi. Federico Rampini, nato a Genova nel 1956, è editorialista del «Corriere della Sera». In precedenza è stato vicedirettore del «Sole 24 Ore», editorialista, inviato e corrispondente de «la Repubblica». Ha insegnato alle Università di Berkeley, Shanghai, e alla Sda Bocconi. Tra i libri di Federico Rampini, tradotti in varie lingue: America (Solferino, 2022); Suicidio occidentale (Mondadori, 2022); L’impero di Cindia (Mondadori, 2006); Il secolo cinese (Mondadori, 2005)

8 novembre 2022 (modifica il 8 novembre 2022 | 20:23)

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, 2022-11-08 19:39:00, «Il lungo inverno» (Mondadori) di Federico Rampini critica il catastrofismo e difende le ragioni del mercato. Di fronte alla crisi sarebbe un errore pensare di imitare la Cina, DANILO TAINO

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