Per il mondo della scuola, quello che sta per concludersi con le vacanze di Natale, è stato un autunno decisamente turbolento. Soprattutto sul fronte delle proteste studentesche. A segnalarlo un’indagine condotta nelle scorse settimane dal portale Skuola.net, intervistando 5.000 alunni delle superiori.
Ben 3 studenti su 10, infatti, raccontano che da settembre ad oggi nel proprio istituto c’è stata qualche forma di azione organizzata (occupazione, autogestione, ecc.). Molte delle quali – circa un terzo – andate in scena proprio in quest’ultima parte dell’anno, nel mese di dicembre.
Inoltre, anche laddove non si è arrivati allo scontro aperto, in 1 caso su 2 è stato imbastito perlomeno un dissenso “morbido” (lettere, assemblee e quant’altro).
Tornando alle proteste vere e proprie, la scena è stata più o meno equamente divisa tra le varie modalità. Le più diffuse, di poco, sono state le occupazioni (37%). Seguite da co-gestioni (33%) e autogestioni (30%). Con una partecipazione che è stata davvero consistente: a prendere attivamente parte alle proteste sono stati circa 7 studenti su 10. Anche se poi, scavando a fondo, solo una minoranza (39%) lo ha fatto per una precisa volontà di far sentire la propria voce. La platea più consistente lo ha fatto per condividere l’esperienza con i propri compagni (48%) o per prendere parte a qualcosa di nuovo, di diverso (13%).
E chi si è astenuto? La maggior parte (23%) pensa che cose del genere siano una perdita di tempo, tanti altri (20%) ne hanno però approfittato per recuperare con lo studio; a 1 su 5 è stato impedito dai genitori, 1 su 10 ha avuto paura della reazione dei professori. Perché la “risposta” della scuola, molto spesso, non è stata proprio morbida: in 1 caso su 4 sono state addirittura
paventate delle conseguenze dal punto di vista didattico o disciplinare.
Ma, alla fine, per quale motivo si è passati alle maniere forti? Soprattutto per gli annosi problemi strutturali dei vari istituti: il 45% dei ragazzi dice che il focus della protesta sono stati gli edifici fatiscenti in cui sono costretti a fare lezione. E, più in generale, in quasi 8 casi su 10 la voce è stata alzata per segnalare in primis questioni interne alla scuola; solamente il 22% riporta invece che l’obiettivo sono state le politiche del Governo, sulla scuola ma anche su altre questioni d’interesse
per i giovani. Proteste che, secondo il parere di 1 studente su 3, possono dirsi andate a buon fine, visto che dopo qualcosa è cambiato o perlomeno è stato promesso che avverrà.