Morbillo, senza vaccino fuori da esercito, società sportive ed Erasmus

Morbillo, senza vaccino fuori da esercito, società sportive ed Erasmus

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di Barbara Gobbi

Vaccinazione contro morbillo e rosolia a tappeto per tutti i nati dopo il 1975

Nel complesso, oltre 2 milioni e mezzo di persone interessate (per la precisione 2.512.081), a cui andranno somministrate due dosi, ipotizzando una copertura al 100%. L’obiettivo del Piano nazionale per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita 2019-2023, inviato dal ministero della Salute alle Regioni per l’intesa che lo renderà operativo, è far uscire l’Italia dalla posizione di Paese endemico, tra gli otto segnalati dall’ufficio europeo dell’Organizzazione mondiale della Sanità.

La legge Lorenzin che ha ripristinato l’obbligo a scuola nel luglio 2017 ha prodotto – per ammissione del ministero M5S guidato da Giulia Grillo, fermamente contraria all’imposizione della profilassi – un balzo in avanti delle coperture decisivo, ma non sufficiente. E soprattutto limitato alle coorti dal 2001 in poi (quelle raggiunte dall’obbligo a scuola), mentre ancora oggi resta scoperta un’ampia fascia di adolescenti e adulti – l’età media dei contagi è sui 27 anni – che il nuovo Piano si ripromette di intercettare con un’azione a tutto campo.

Lo strumento è la promozione attiva delle vaccinazioni sia ad ogni occasione di contatto con il Ssn sia a scuola – al di là degli anni dell’obbligo – nelle strutture sportive e all’università. Dove al momento dell’iscrizione al primo anno si verifica lo stato vaccinale per proporre la profilassi ai suscettibili, ripetendo l’offerta finché lo studente non provvede. Una strategia indicata anche per le fasce di popolazione più sensibili, come le donne in gravidanza o le puerpere, o più potenzialmente “untrici”, come gli operatori sanitari. Nel 2017 ci sono stati ben 334 casi tra medici, infermieri e altro personale, visitatori e pazienti ricoverati per altri motivi. E allora la copertura immunitaria diventa, con il Piano, un indicatore specifico nella griglia di valutazione dei direttori generali di Asl e ospedali (le due associazioni Federsanità e Fiaso sono chiamate a collaborare) e un requisito nel sistema regionale di accreditamento delle strutture da parte dei servizi sanitari regionali.

Non essere vaccinati contro il morbillo diventerà criterio di esclusione dalle forze dell’ordine e dal corpo dei Vigili del fuoco, dalla partecipazione al programma di formazione universitaria all’estero Erasmus e dalle associazioni sportive. Una cura da cavallo a cui si stava pensando da anni, e che andrà “messa a terra” attraverso protocolli con ben dieci istituzioni, tra ministeri, protezione civile, conferenza dei rettori, Ufficio per lo sport e Federazione per lo sport. Accanto alla proposta attiva dell’anti-morbillo in ogni occasione di contatto con strutture pubbliche, il rilancio di campagne di comunicazione e formazione di medici, pediatri e insegnanti, con i sanitari chiamati a segnalare entro 12 ore i casi sospetti alla Asl (medici di base e pediatri di libera scelta) o a isolare immediatamente il paziente a rischio che arriva in ospedale. Le scuole dovranno tenere l’elenco aggiornato dei bambini non in regola con l’obbligo vaccinale, così da individuare – e vaccinare subito – gli eventuali casi di morbillo.

La Vaccinologia entra in tutti i corsi di laurea di Area sanitaria, mentre con le Regioni nascerà l’Alleanza italiana per l’eliminazione del morbillo e della rosolia congenita, accompagnata da massicce campagne di comunicazione, che quando indirizzata ai giovani dovrà privilegiare i social e il web. Prevista anche la vaccinazione di tutte le donne immigrate.

I dati e lo stato dell’arte. L’eliminazione di morbillo e rosolia entro il 2020 è un obiettivo dell’Organizzazione mondiale della sanità e per raggiungerlo – si legge nel Piano – va mantenuta una copertura vaccinale superiore al 95% e garantita un’adeguata sorveglianza delle malattie. Con la legge che ha reintrodotto l’obbligo a scuola, in Italia le coperture sono salite dall’87,2% del 2016 al 90%, recuperando un +4,42% per la prima dose di vaccino Mpr (morbillo, parotite e rosolia) e un +3,57% per la seconda dose. Nel 2017 l’epidemia ha comportato 5.393 casi (quattro morti), più che dimezzati a 2.526 casi del 2018. Non basta: resta il problema dell’accumulo delle coorti suscettibili (prima del 2001) e del virus che continua a circolare tra i non vaccinati.

L’Italia è al secondo posto nell’area europea dell’Oms per numero di casi segnalati, con l’88% concentrato in sette Regioni: il Lazio, l’unica ad aver raggiunto la copertura del 95%, la Lombardia, il Piemonte, la Sicilia, la Toscana, il Veneto e l’Abruzzo. Le complicanze riguardano oltre un caso su tre e vanno dalla diarrea alla polmonite a casi (due nel 2017) di encefalite. Nel 2018 la maggiore incidenza è stata registrata in Sicilia e in Calabria e dei ben otto morti di morbillo, 7 erano adulti. Ce n’è abbastanza per chiamare a raccolta le Regioni, che per altro registrano un’ampia forbice tra coperture – dal 71,86% di Bolzano al 95,34% del Lazio per il morbillo, mentre cinque sono ancora sotto il 90% – e nell’avvio e gestione delle anagrafi informatizzate. Resta l’interrogativo sui costi: che saranno in buona parte a carico delle amministrazioni locali. Chi paga?

da Il Sole 24 Ore

Pietro Guerra

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