Mancini e Vialli raccontano la loro amicizia: Lui era quello bello. Una volta mi chiamò per cognome e fu il nostro unico litigio

Mancini e Vialli raccontano la loro amicizia: Lui era quello bello. Una volta mi chiamò per cognome e fu il nostro unico litigio

Spread the love

di Marco Ponti

Il 16 ottobre 2022 i due amici hanno conversato su la Lettura delle ragazze e dei ragazzi: dalla Sampdoria all’Europeo vinto nel 2021

Venerd 6 gennaio 2023 Gianluca Vialli morto. Da tempo era in cura per un tumore al pancreas. Qui sotto il dialogo con l’amico fraterno Roberto Mancini, uscito su la Lettura delle ragazze e dei ragazzi del 16 ottobre 2022.

Li incontriamo a Genova, dove successo tutto: dove un gruppo di ragazzi, e di amici, guidati da un allenatore leggendario e da un presidente con un piano preciso, riusc a vincere l’ultimo campionato di calcio di provincia. Sono stati a cena con gli altri compagni, con Vierchowod, Lombardo, Pagliuca, Bonetti, Invernizzi, Pari e Mannini, persino Toninho Cerezo, il calciatore senza et venuto dal Brasile, e che a Genova ha tenuto casa. Ma loro due, Luca e Roberto, sono un po’ pi che amici: sono fratelli. Con caratteri diversi, ma la stessa filosofia di vita.

E non siete cambiati?
GIANLUCA VIALLI —
Siamo maturati, ci sono successe grandi cose umane e professionali, e devo dire che quando vedo lavorare Roberto in nazionale una gioia. Pensa che fino a qualche tempo fa ero convinto di essere io il pi sveglio tra i due. E invece… (Roberto Mancini ride)

Ma non avete mai litigato?
ROBERTO MANCINI —
Una volta. Ricordi?
GIANLUCA VIALLI —
Come no. Siamo in campo, probabilmente tu avevi litigato con la fidanzata, o io con la mia, non lo so pi. Fatto sta che eravamo nervosi quel giorno. A un certo punto io sbaglio un passaggio, e lui si arrabbia, e va bene, per poi mi chiama per cognome oh, Vialli, una roba del genere. Vialli? Ma come? Perch mi devi chiamare Vialli, cos’, non ci conosciamo? Gli dissi: Mancini, stai attento che ti do un cazzotto. E lui se l’ presa moltissimo. un pochino permaloso.
ROBERTO MANCINI —
Fu una stupidaggine, per siamo stati una settimana senza parlarci.
GIANLUCA VIALLI —
Ci siamo rivisti in nazionale, i compagni ci hanno obbligati a parlarci, ed stato velocissimo: ci siamo guardati negli occhi, ci siamo fatti una risata e tutto tornato come prima. stata l’unica volta.

E in che cosa eravate diversi?
GIANLUCA VIALLI —
Lui era quello bello, io quello simpatico. Lo mandavo avanti a fare il lavoro sporco. Lui aveva il talento e io la perseveranza. Scartavo tre difensori, mi prendevo i calci di tutti, gli passavo la palla e il giorno dopo sui giornali c’era: grandissimo gol di Mancini!
ROBERTO MANCINI —
Abbastanza vero, ma avevi anche un gran talento.

vero che in campo potevate scambiarvi di posto?
GIANLUCA VIALLI —
Roberto inizia da centravanti e diventa il numero 10, io ho iniziato come ala e sono diventato centravanti. Eravamo complementari: a lui piaceva stare qualche metro pi indietro e fare assist, a me piaceva buttarla dentro, ma potevamo cambiarci ruolo e confondere i difensori.

Era un calcio diverso?
GIANLUCA VIALLI —
Di certo si vedevano meno partite in televisione, quindi c’era pi attesa. La partita era un rito. Da parte nostra credo ci fosse pi senso di appartenenza. Una volta indossavi la maglia e avevi una missione, i giocatori erano attaccati alle societ, ai presidenti, ai compagni. Oggi i giocatori sono un po’ piccole aziende, hanno un loro brand da sviluppare…
ROBERTO MANCINI —
Posso dire due cose. Una da tifoso: da bambino ero tifosissimo della Juve e andavo con mio pap in giro per l’Italia a vedere le partite; l’emozione che avevo quando entravano i giocatori era tale che iniziavo a battere i denti. L’altra da giocatore: era fortissimo il pensiero di arrivare alla partita, non vedevi l’ora di giocare, la notte prima pensavi a cosa poteva accadere, a cosa fare per vincere. Quell’emozione del sabato notte non so se c’ ancora.

Ma vero che ai tempi di quella Samp la formazione la facevate voi due?
ROBERTO MANCINI —
No, una battuta. Noi la formazione non l’abbiamo mai fatta. Pensavamo di farla, per. Vujadin Boškov ce lo chiedeva, ascoltava, poi faceva sempre il contrario.
GIANLUCA VIALLI —
Devo dire che Roberto ha imparato perfettamente da Boškov, perch in nazionale facciamo riunioni in cui ci chiede la nostra opinione, tutto molto democratico… poi decide da solo com’ giusto che sia.

Siete ancora la coppia pi bella del mondo?
GIANLUCA VIALLI —
Pi bella, non so. Esteticamente probabilmente per merito suo… diciamo che siamo una coppia che funziona, dai.
ROBERTO MANCINI —
Il fatto che siamo ancora qua, e i sentimenti sono sempre gli stessi e non solo tra noi due, con il resto della squadra dei vecchi tempi, credo sia la cosa pi bella e che possa essere d’esempio per molti ragazzi che iniziano oggi e che sperano di avere un futuro, non solo nel calcio, perch poi magari nella vita devi trovare amici che lo siano veramente, fino alla fine, per molti anni.

Quindi qual la cosa pi importante?
ROBERTO MANCINI —
La fiducia. Riuscire a fare sentire l’altro tranquillo e dirgli: Io so che tu farai il possibile per raggiungere questo obiettivo. Boškov stato un grande maestro perch ci ha insegnato a credere che in una partita tutto pu accadere, anche quando incontri una squadra molto pi forte. Noi eravamo la Sampdoria, e Sampdoria Sampdoria lui diceva, per dire che potevamo battere chiunque.
GIANLUCA VIALLI —
L’errore spesso chiedere agli altri di avere fiducia in te, dimenticandosi che la prima cosa da fare, come dice Roberto, di mostrare di avere fiducia negli altri.
ROBERTO MANCINI —
E poi serve la volont di ritrovarsi per fare casino e cazzeggiare.

Anche quando le cose si fanno difficili?
GIANLUCA VIALLI —
Io ho imparato a riconoscere la mia vulnerabilit. Non mi piace usare il termine fragilit: noi siamo forti, tutti, ma vulnerabili. Ecco: aprirsi ai sentimenti e abbracciare l’ironia. Non tutto, ma aiuta.

E adesso c’ un film sulla vostra avventura, da quando eravate ragazzi a oggi, passando per quel sogno perfetto che fu il campionato 1990-1991. Per chi l’avete fatto?
ROBERTO MANCINI —
Mi piace pensare ai bambini. Io credo che un bambino vedr tante cose positive che possono servire a crescere bene, perch una storia vera di amicizia, di persone che si sono volute bene e con l’amicizia hanno raggiunto obiettivi incredibili, con l’impegno, con la perseveranza, con l’essere sempre persone per bene, sinceri. Credo possa anche servire a capire che si pu perdere e nella sconfitta puoi capire, solo l puoi capire veramente che la cosa importante non abbattersi, trovare la forza di ripartire. Perch comunque da l che si mettono le basi delle grandi vittorie.

E con un pizzico di fortuna, magari?
GIANLUCA VIALLI —
No, io non credo nella fortuna. Anzi, credo che la parola svilisca un po’ il mazzo che ci facciamo. Per raggiungere certi obiettivi chiaro che le stelle devono allinearsi perch ci sono cose che non puoi controllare, per alla fine questione di pratica, di dedizione, di allenamento. Io credo moltissimo nella pratica, pi che nel talento. Credo che il talento sia un dono che sta non all’inizio, ma alla fine di un percorso di apprendimento. Quindi si fa pratica, si fanno errori, ci si allena con impegno. A quello poi si aggiunger il talento, ma ci sono tantissime cose che ti permettono di diventare un professionista che non hanno bisogno di nessun talento, come essere allenabili, essere puntuali, metterci il cuore, non mollare mai, essere altruisti e coraggiosi. Ho visto tanti ragazzi che avevano talento, ma non questo spirito, e non ce l’hanno fatta; e altri che avevano meno talento, ma la voglia e la passione per migliorarsi ogni giorno, e sono riusciti a diventare professionisti.
ROBERTO MANCINI —
In quegli anni c’erano tante squadre con giocatori fortissimi. L’Inter dei tedeschi campioni del mondo, il Milan degli olandesi, il Napoli campione d’Italia di Maradona, la Juve di Baggio e Schillaci. Anche il Genoa era forte. Ma credo che gli altri non avessero quello che avevamo noi, il bene che ci volevamo e che sentivamo. Era una cosa speciale e tutto questo dovuto a una persona come Paolo Mantovani, il nostro presidente.

Cosa direste a un ragazzino che vuole fare il calciatore?
GIANLUCA VIALLI —
Che dipende da te, devi fare le cose che fai quando sei con la squadra o al lavoro, ma poi devi farne altre a casa, leggere, aggiornarti, guardare la tv, pensare, riflettere, tirare la palla contro il garage… destro, sinistro.
ROBERTO MANCINI —
Io ho avuto la fortuna di nascere attaccato all’oratorio, scendevo e ce l’avevo a dieci metri. Mia mamma sapeva dov’ero e non si preoccupava. Finivo la scuola, mangiavo e subito andavo a giocare a pallone con i miei compagni. Oggi ci sono troppe cose che portano via tempo, i ragazzi che giocano per strada o all’oratorio sono pochi. Noi non avevamo tanto ma avevamo quello che ci bastava, un pallone e un pezzo di strada e tu l imparavi com’era la vita. Mi verrebbe da dare un consiglio ai genitori, cio di lasciare tranquilli i ragazzi, lasciare che si divertano, non mettere troppa pressione, non creare troppe aspettative. Devono divertirsi, imparare, sbagliare, e poi quello che succede succede… C’ una bellissima frase, credo sopra la porta dell’ingresso del settore giovanile dell’Empoli, che dice: Se siete convinti che vostro figlio sia un campione per favore portatelo da un’altra parte.

E ora tutti pensano al mondiale di calcio, al quale faremo da spettatori…
GIANLUCA VIALLI —
I grandi successi nascono e si costruiscono grazie alle grandi delusioni. Se tu sai affrontare i momenti in cui sei triste e poco soddisfatto, e ti fai le domande giuste, quelle crude, oneste, e smetti di crearti alibi nella testa, allora quello il modo migliore di recuperare e migliorare ed essere pronto per la prossima sfida.
ROBERTO MANCINI —
Bisogna sapere accettare anche questo. I bambini lo devono capire: le sconfitte, anche quelle che fanno pi male, aiutano a crescere. Questo importante soprattutto nella vita, perch non sempre tutto bello, ci sono molte volte in cui bisogna essere forti, bisogna ripartire anche da momenti pi difficili e dolorosi che non sono sportivi, perch quelli sportivi poi passano. Ma lo sport fatto bene ti aiuta anche nella vita a essere pi forte.
GIANLUCA VIALLI —
Il mio scopo nella vita, oggi, con tutto quello che ho passato dal punto di vista umano e professionale, quello di trovare uno scopo nella vita. Ecco, adesso con questo lavoro per la nazionale il mio scopo l’ho trovato: posso essere utile a tanti ragazzi. Cerco di ispirarli, lavoro per metterli nelle condizioni mentali migliori e far loro capire che cosa significa indossare la maglia azzurra, le responsabilit, il peso, ma anche la parte pi divertente.

Federico Chiesa ha detto che averti in nazionale come avere Albus Silente, il maestro di Harry Potter.
GIANLUCA VIALLI —
Dice cos? (ride). Mi sembra molto bello. Ho sempre fatto le cose seriamente. Soltanto cos riesco a divertirmi.
Possiamo allora dire che la vostra stata davvero una bella stagione?
ROBERTO MANCINI
— Lo ancora.
GIANLUCA VIALLI —
Davvero una lunga, bella stagione.

6 gennaio 2023 (modifica il 6 gennaio 2023 | 12:54)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.