Napoleone, il 5 maggio e la statua del «suo» santo in Duomo: la leggenda sull’imperatore che voleva Milano capitale

Napoleone, il 5 maggio e la statua del «suo» santo in Duomo: la leggenda sull’imperatore che voleva Milano capitale

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di Rossella Burattino

L’imperatore, morto il 5 maggio del 1821, si incoronò re d’Italia in Duomo nel 1805. Teneva tanto alla protezione della Madonnina e così, tra le sculture della Cattedrale, comparve quella di san Napoleone, santo inventato per rendergli «omaggio»

L’invenzione di un santo che non esiste. In «omaggio» a Napoleone Bonaparte. È un pò come giocare a «trova l’intruso», ma tra le statue del Duomo di Milano ce ne è una che è strettamente legata al «piccolo còrso» (così lo chiamavano scherzosamente i milanesi) che nel 1805 si incoronò «re d’Italia» davanti alla Cattedrale pronunciando la celebre frase: «Dio me l’ha data, guai a chi me la toglie!». Ma dove si trova la statua? Sul lato che dà verso Palazzo Reale, sul terzo contrafforte partendo dalla facciata principale. È ben visibile anche da terra. Raffigura un ragazzo vestito all’antica, con ai piedi le catene della prigione ma con le braccia conserte in aria di sfida. È san Napoleone. Un santo di fantasia, moderno, apparso nella stagione in cui Milano fu retta da Bonaparte.

La leggenda e l’onomastico

Si racconta che la storia sia stata inventata a tavolino per rendere omaggio all’imperatore anche nel Duomo di Milano. Lui ci teneva ad avere l’approvazione della Chiesa e soprattutto la protezione della Madonnina. Così, l’allora cardinale Caprara riuscì a «rintracciare» un misterioso San Neapolis , martire cristiano del IV° secolo, che per assonanza fu collegato a Bonaparte. Inoltre, poiché Napoleone non aveva un onomastico, come ultimo omaggio il santo fu inserito nel calendario il 15 agosto, giorno di nascita dell’imperatore, scalzando la festa dell’Assunzione della Madonna alla quale è dedicato il Duomo e che tornò a essere celebrata soltanto dopo la caduta dei francesi.

La storia

Il 15 maggio 1796 l’esercito francese comandato dal generale Napoleone entrò in Milano. Anche per l’Italia era arrivato il momento di far parte del processo storico che, germinato dalla Rivoluzione francese, coinvolgeva tutta l’Europa, scardinando l’assetto politico e sociale dell’antico regime. Nove anni dopo, il 26 maggio del 1805, Napoleone si incoronò re d’Italia in Duomo. La città era solennemente parata a festa e addobbata con archi trionfali. Le campane suonavano a distesa e le artiglierie sparavano a salve. La cerimonia durò tre ore, al mattino, sotto un sole sfolgorante, in una piazza Duomo gremita di folla. Si mise sulla testa la corona ferrea usata fin dal Medioevo per l’incoronazione del re d’Italia e che, secondo alcune cronache, gli andava un pochino stretta.

Milano una delle tre capitali d’Europa

Napoleone considerava importantissima la città di Milano: doveva essere una delle tre capitali d’Europa, assieme a Parigi e Francoforte. Roma non gli piaceva, anche perché lì c’era il Papa. Per Milano aveva commissionato un ambizioso progetto architettonico e urbanistico: intorno al Castello Sforzesco dovevano essere costruiti 14 edifici (terme, dogana, borsa, teatro, museo, pantheon e otto sale per le assemblee del popolo), tutti collegati mediante colonnati con i magazzini del piano terra, le botteghe e le abitazioni dei negozianti. Un portico continuo sarebbe servito da passaggio coperto e un canale navigabile unito ai navigli verso Porta Vercellina avrebbe circondato all’interno la piazza parallelamente ai portici, permettendo il passaggio delle barche con le merci dalla dogana ai magazzini. L’ingresso alla piazza dall’esterno della città, al termine della grande strada verso la Francia (oggi corso Sempione) sarebbe stato presidiato da due caselli daziari, dalle statue di Castore e Polluce e da due colonne miliari. Il progetto (di Giovanni Antonio Antolini), pur approvato dalla Repubblica cisalpina e battezzato dalla posa della prima pietra il 30 luglio 1801 nel corso di una solenne cerimonia per i festeggiamenti della pace di Lunéville, non sarà mai completato. Sostituito dal più modesto (e meno dispendioso) progetto di Luigi Canonica, il nuovo piano si svilupperà da una parte verso la strada del Sempione, quella che portava in Francia, con l’Arco della Pace; dall’altra, verso Venezia e la villa di Monza, con la trasformazione di corso Venezia nell’arteria principale della città, costeggiata da palazzi monumentali e destinazione ideale per il passeggio di pedoni e carrozze.

Il paradiso dei «pagnottanti»

Il progetto del Foro è emblematico dell’impegno per trasformare Milano in capitale attraverso progetti edilizi e urbanistici. Benché molti di questi progetti siano rimasti tali, avevano tutti l’intento di mettere al centro della città moderna la riorganizzazione dello spazio pubblico e dei servizi collettivi. Del resto, la popolazione aumentava e, a fianco dell’aristocrazia, emergeva l’alta borghesia e si moltiplicava il numero dei funzionari governativi. A Milano affluirono anche avventurieri in cerca di fortuna, erano i cosiddetti «pagnottanti», uomini che speravano di guadagnarsi la «pagnotta» nella grande città.

Gli adorati platani

Napoleone teneva molto all’Accademia di Brera. Voleva farne una specie di Louvre e per questo la riempì di opere sottratte ad altri musei. Inoltre, fece risistemare e riarredare il Palazzo Reale, dove dedicò un appartamento alle occasioni ufficiali e un altro alla vita privata. A corte aveva chiamato tutta la sua famiglia: le sorelle Elisa e Paolina, la «Signora Madre», la moglie Giuseppina (che a palazzo Serbelloni si era fatta raggiungere da un suo amante) e il figlio di lei Eugène Beauharnais (che, diventato viceré, aveva scelto come residenza la Villa di via Palestro). Per Giuseppina Milano era provinciale, ma Napoleone ne era estasiato pur preferendo Monza o Mombello quando d’estate faceva troppo caldo. Infatti, la grande presenza di platani a Milano è dovuta proprio a lui: adorava questi alberi e pensava che fossero ideali come riparo dall’afa meneghina.

Alessandro Manzoni e il 5 maggio

Il 5 maggio 1821, durante il suo esilio sull’isola di Sant’Elena, Napoleone Bonaparte morì. Il fatto scosse l’opinione pubblica offrendo un motivo di riflessione. Alessandro Manzoni compose l’ode «Il cinque maggio» di getto, nell’arco di tre giorni. Il componimento, nonostante l’ostacolo posto dalla censura austriaca, circolò largamente ed ebbe un grandissimo successo finché non fu finalmente pubblicato da un editore torinese e tradotto in varie lingue.

rburattino@corriere.it

Ig: @rossella_burattino

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5 maggio 2022 (modifica il 5 maggio 2022 | 13:41)

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, 2022-05-05 11:41:00, L’imperatore, morto il 5 maggio del 1821, si incoronò re d’Italia in Duomo nel 1805. Teneva tanto alla protezione della Madonnina e così, tra le sculture della Cattedrale, comparve quella di san Napoleone, santo inventato per rendergli «omaggio», Rossella Burattino

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