di Etgar Keret
Lei non volva essere definita una superstite della Shoah. Una volta sola mi parl di questa storia che condivido con voi nella quale sua mamma le aveva detto: Devi correre pi veloce che puoi e saltare pi lontano che puoi. Non aver paura, ce la farai
La mia cara mamma non amava essere considerata una superstite della Shoah. Aveva passato la Seconda guerra mondiale in Polonia, da bambina, e perso tutta la famiglia nel ghetto, eppure non si sentiva a suo agio nell’espressione “superstite della Shoah”. Ogni volta che qualcuno la definiva cos vedevo il suo corpo irrigidirsi, come un cavallo brado si ribella alla marchiatura a fuoco. Rifiutava di narrare le storie della sua infanzia nel tono riservato alle cerimonie commemorative, preferiva raccontarle come le scene di un film d’epoca violento e terribile in cui recitava da protagonista. Nella mostra Inside Out, presentata in questi giorni al Museo Ebraico di Berlino, ho cercato di riportare i racconti di guerra di mia madre nel tono in cui li ho sentiti da lei quand’ero piccolo: non come frammenti di Storia ma come favole per bambini, piene di terrore ma anche di consolazione. In occasione del Giorno internazionale della Memoria ne vorrei condividere uno con voi.
Questo racconto l’ho sentito una volta soltanto. I miei genitori erano appena rientrati da un matrimonio e mia madre era completamente ubriaca. Se quella sera avesse bevuto un bicchierino di meno, non potrei condividerlo con voi oggi. Me lo immagino un po’ sfocato. Nella storia, la mamma di mia mamma tiene la mano di mia mamma bambina e con l’altro braccio si stringe al petto il neonato, fratellino della mamma, mentre salgono delle scale. La mamma sente alle spalle il suono dei passi delle persone che le inseguono. Quando arrivano al tetto, la sua mamma le chiede di correre con tutte le forze e poi di saltare gi sul tetto vicino, leggermente pi basso. Non aver paura le dice ce la farai. La mamma aspetta un momento, in attesa che la sua mamma le dica io salter subito dopo di te, ma lei ansimante dopo la corsa non aggiunge parola. Quando ti rivedr?, chiede mia mamma e la sua si china, i loro volti vicinissimi, e dice: Devi correre pi veloce che puoi e saltare pi lontano che puoi, e dopo che sarai atterrata continua a correre con tutte le tue forze, non ti fermare finch non arriverai dal pap. Dopo crescerai e diventerai una donna, incontrerai un uomo, vi innamorerete e avrete una famiglia, e alla fine sarai vecchia e morirai. Appena sarai morta, presentati dal primo angelo che vedi e digli, ‘sto andando a incontrare mia mamma,’ e lui sapr, perch gli avr gi parlato io, lui sapr e ti accompagner da me.
La storia non finisce qui. Dopo essere saltata sull’altro tetto, mia mamma non ha continuato a correre con tutte le sue forze come le aveva raccomandato sua mamma, ma si nascosta e ha visto come i soldati nazisti uccidevano sua madre e fracassavano la testa del fratellino contro un muro di mattoni. Mentre me lo raccontava ho avvertito il pesante senso di colpa che la schiacciava, ma anche la fierezza per sua madre, che persino negli ultimi istanti della sua vita aveva rifiutato di mentirle. Quarantasette anni dopo la notte in cui me l’ha raccontato, mia madre morta. L’ultima frase che mi ha detto prima di andarsene stata sto per incontrare mia mamma. (Traduzione di Raffaella Scardi)
27 gennaio 2023 (modifica il 27 gennaio 2023 | 10:11)
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