Nell’omaggio a Carmelo Bene la missione del servizio pubblico

Nell’omaggio a Carmelo Bene la missione del servizio pubblico

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di Aldo Grasso

A 20 anni dalla scomparsa un lungo viaggio nella vita e nei lavori del regista, interprete e drammaturgo

A 20 anni dalla scomparsa di Carmelo Bene, Rai Cultura ha reso omaggio al grande interprete, regista e drammaturgo con una programmazione di quasi 20 ore su Rai 5: un lungo viaggio, curato da Felice Cappa, che ha attraversato poesia, letteratura, filosofia, musica e non poche polemiche. L’omaggio a Bene è uno di quei rari momenti che in cui la Rai ritrova una sua missione di servizio pubblico che meriterebbe almeno la gratitudine della cosiddetta comunità scientifica.

Lasciamo perdere i segni del tempo (nei discorsi dell’epoca si sente l’influenza dei Deleuze, dei Klossowski, dei Derrida che oggi riverberano una eco lontana), lasciamo perdere la straordinaria qualità istrionica di Bene sia nell’esporre le sue teorie sia nel leggere pagine di Giorgio Colli della «Filosofia dell’espressione» (pagine, che a differenza di quelle dei francesi, reggono benissimo), i problemi principali che emergono dalla maratona sembrano essere due.

Il primo è la contrapposizione che Bene pone fra testo (tutti i testi drammaturgici dei grandi autori, da Shakespeare a Collodi, da Campana a Laforgue) e «scrittura di scena», cioè la modalità con cui lo stesso Bene «agisce» sulla scena la parola: ogni volta un gesto irripetibile. Questo però significa che il teatro di Bene non è «eternabile»: possiamo solo rivedere ciò che i media ci hanno lasciato. A proposito di media – è il secondo punto – di Bene rimangono soprattutto le liti: al «Maurizio Costanzo Show», al «Processo del lunedì» di Aldo Biscardi, al «Mixer Cultura» di Arnaldo Bagnasco.

Nel contesto di quelle trasmissioni, Bene s’accapiglia, litiga, insulta, cita «persino il “significante” e il “significato”, spaventando il povero Maurizio Mosca» (Beniamino Placido). Il lascito della tv generalista è una grande spoliazione di senso, dove però un talk risulta più decisivo di un «Macbeth Horror Suite», dove l’erratica densità stinge volentieri nel languore passionale.

17 marzo 2022 (modifica il 17 marzo 2022 | 19:58)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-03-17 19:00:00, ,

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